E' proprio incredibile. Soffro di disturbi alimentari. E ieri, l’altro ieri, quello prima e quello
prima ancora mi sono abbuffata. Una volta, anche solo un mese fa, mi sarei
messa le mani nei capelli, avrei pianto disperatamente, mi sarei odiata, mi
sarei sentita ragionevolmente una fallita. Avrei sperato nel domani, avrei
pianto, avrei scritto deliri e preghiere.
Oggi non voglio farlo.
Sto crescendo il doppio
insieme al mio disturbo alimentare, lo sto imparando a conoscere e sto tentando
di capire perché sia qui con me, perché sia entrato a far parte della mia vita
e perché, nonostante i miei sforzi, non abbia intenzione di uscirne. Ho deciso che non mi arrendo più. Voglio combattere perché sto iniziando a
capire, anche se non capirò mai, ma ce la voglio mettere tutta, chi siamo io e
il mio vizio.
Perché? Perché un
malato non ha niente da rimproverare a se stesso. Ed io sono malata.
Oggi lo so.
IO SONO MALATA. MALATA.
E BASTA! Perché non è
colpa mia, non lo è! Sono malata. Oggi voglio avere pietà di me: anche se il
mondo non conosce e non comprende questo non vuol dire che la mia malattia non
esista! E non ho mai cercato di capirlo, non mi sono mai data una possibilità.
Sono malata.
Ho
percorso un cammino per quattro anni e mi sono accorta che è appena iniziato,
oggi, perché oggi ho finalmente realizzato che sono malata, non stupida.
Malata, non fissata. Malata, non fallita. Ed è proprio il pezzo forte della mia
malattia, farmi credere di essere colpevole mentre è solo lei che si impossessa
di me. Oggi non guarisco: oggi accetto. Accetto che il conteggio della
calorie, il diario alimentare, le abbuffate, le briciole di un sacchetto di
biscotti o di un minestrone di verdure mangiato in un giorno intero, da solo,
senza nemmeno una mollica di pane, sono parte della malattia.
Che colpa ne ho? L’unica
differenza con un tumore è che nessuno mi compatisce. In realtà, precisamente,
a nessuno importa. Perché è un capriccio, una fissazione, un circolo vizioso
creato da me. Non esiste nessuna malattia, ho letto da qualche parte. Sono solo
ragazzine capricciose, viziate ed insoddisfatte.
E invece sotto c’è
un’infinità di disperazione e voglia di vivere, di piangere, di urlare, di
essere ascoltate … perché mi sono accorta che ogni volta che mi sento sola, che
SO PER CERTO di essere sola, ma non sola a casa, sola in camera, bensì sola nel
mondo, sola con la mia malattia che nessuno conosce, nessuno capisce, io mi
abbuffo. So benissimo cosa proverò dopo, quanto starò male, ma so anche che lo
farò perché è una naturale conseguenza della mia incapacità di gestire la mia
malattia, so che lo farò perché è l’unica cosa da fare, perché non posso
parlarne con nessuno, perché in quel
momento ho un vuoto indefinibile che niente e nessuno potrebbe immaginare, né
colmare.
Perché il vuoto che crea
la mia malattia non è un languorino, uno spazietto dopo cena per un pezzetto di
torta; il mio vuoto diventa una fame assurda, ingestibile, una fame di tutto,
del mondo, un vuoto che riempirei con tutto e allora non prendo uno stuzzichino
come una persona normale, un pacchetto di cipster come una persona golosa, una
caramella o un quadratino di cioccolata come una persona grassa. Io prendo il
mondo. Una panella intera con un intero barattolo di nutella bianca,
marmellata, una torta, un pandoro, un pacco di toast con una confezione di
prosciutto e una di Philadelphia, una scatola, non un sacchettino, una scatola
intera di crackers, venti caramelle, un pacco di grissini con il miele,
un’altra panella con olio e sale, formaggi, creme spalmabili e non è nemmeno
detto che finite tutte queste cose, questa INFINITà di cose, io sia piena fino
a scoppiare: potrei avere ancora fame e ricominciare mangiando per la seconda
volta le stesse identiche cose oppure, nei giorni migliori, fermarmi qui:
sdraiarmi sul letto con la bocca insensibile, la lingua addormentata e lo
stomaco che tira, tira spaventosamente, ma sarebbero le conseguenze migliori.
Per le meno fortunate come me che soffrono di reflusso gastroesofageo sono
assicurate fitte al petto che sembrano piccoli infarti, che bloccano
completamente la respirazione, che affannano; un rigetto di succhi gastrici
nella bocca che corrodono la gola, che ti fanno venire voglia di vomitare ma
che te lo impediscono perché troppo dolorosi. Ma anche queste sono le
conseguenze minori. Insignificanti. I dolori alle gambe che non ti fanno
camminare per i due giorni successivi, alle braccia, ai denti; la bocca
anestetizzata che non ti permette di mangiare niente, ed anche questi sono i
danni trascurabili.
La testa. Il cervello. Le
voci dentro che si affollano e ti urlano “Maiala. Stupida. Fallita.” E tu pensi
“Sono esattamente questo. Una maiala stupida fallita. Fallita.” Il pianto. Che
non serve, non basta, non cura, non aiuta, non fa tornare indietro il tempo.
Non avresti dovuto farlo. E questo lo pensi la prima volta. Lo pensano tutte.
Il primo anno pensi questo. “Non avrei dovuto farlo.” Il secondo anno non
piangi più. Non ti odi più. E pensi : “Perché continuo a farlo?”
Sono in questo anno. Mi
sto iniziando a chiedere perché e mi sto rispondendo, a poco a poco, tra
incomprensioni e sillenzi perché ho imparato a non aspettarmi che la gente
capisca. Nessuno lo sa, e non voglio che lo sappia. So benissimo che devo
guarire da sola. So che sarà lunga. Anni, forse decenni. Forse non guarirò mai.
Silenzio.
Ma sono sicura che una
frase accomuni tutte le bulimiche di questo mondo. Al primo, al secondo, al
terzo, al decimo, al trentesimo anno. Anche per tutta la vita. Ed è la frase
che tutte temono di più perché riempie di speranza, e lascia sempre deluse.
DA DOMANI.
Ciao sono passata anch'io dal tuo blog, e proprio bello questo post, bello perché in qualche modo non m ha fatta sentire sola... Volevo però chiederti anch io quanto pesi.. Sempre se tu voglia dirlo.. Tanto qua siamo tutte uguali , o per lo meno tutti con la stessa malattia. Io ho imparato che non bisogna avere 30kg per essere anoressica
RispondiEliminaCerto che ho voglia di dirlo, peso sui 56-57 kg anche se è un po' che non mi peso.. E sono alta un metro e sessanta...
RispondiEliminaDA DOMANI... Cazzo, lo dico ogni giorno e si sa, non è mai il domani giusto....quando verrà?
RispondiEliminaCiao! Ho sbirciato i tuoi D.A.! Inizierò a postare i miei, ma comunque tengo un diario alimentare cartaceo e in molte cose siamo simili! Non so quando verrà quel domani. Quello di cui sono certa è che anche quando mi sembrerà quello giusto, manderò tutto a puttane, sempre. Da diventare pazzi.. lottare per qualcosa che si è certi essere impossibile da raggiungere.
RispondiEliminaCiao Sybil, questo post è struggente... Mi rileggo in ogni singola parola e sensazione. Quanti anni sono, non lo so più neanche io! Però è vero anche che non siamo sole. Facciamoci forza e lottiamo. Ti abbraccio!
RispondiEliminaCiao! Conosco la sensazione di perdita della cognizione del tempo.. Spero tanto di non essere sola almeno qui, perché fuori, dove c'è il sole e la gente vive bene con se stessa, nessuno potrebbe capire. A volte mi sembra di vivere in un altro mondo tutto mio, e a lungo andare diventa estenuante. Un abbraccio anche a te!
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