giovedì 28 gennaio 2016

La mia fame mi precede. SEMPRE

Apro blogger, questo rituale marcissimo, questa abitudine insana di scrivere.
Mi ero promessa di stare lontana dal blog, stare lontana da tutto questo finché non fossi stata(attenzione, fossi, perché io sono un peso) almeno 60 chili.
Mi vergogno a dirlo (scriverlo??) ad alta voce, ma sì, il mio obiettivo è un lontanissimo e schifosissimo 60.
Invece eccomi qui.

Mi vergogno a dirlo (scriverlo??) ad alta voce: ho perso 4 kg.
Uao!! Che figo!! Brava!!
Sì, infatti.
Chi legge il mio blog lo saprà, chi non lo legge lo scoprirà adesso, mesi fa avevo raggiunto un meraviglioso 66 (che peso basso per un metro e sessanta di altezza! una spilungona!!), quindi giustamente, vi direte voi,
66-4= 62
oddio, se ha perso 4 kg vuol dire che... ha quasi raggiunto i 60 chili!!!

Sì infatti.
Nel senso che sarebbe così se io non mi fossi abbuffata SEMPRE fino all'11 gennaio arrivando a 70.2 chilogrammi.

70.2
(Che figo, ho ingrandito il numero, così si legge meglio.)

La prima cosa che mi direte sarà: "Allora cambia la frase di presentazione del blog, no?? C'è ancora scritto con un tono depresso e sconfortato 57 chili, cambialo, è sbagliato!!"
E avreste assolutamente ragione.
Infatti poi lo cambio. Magari ci metto una faccina sorridente.

Ebbene dicevamo, essendo arrivata a pesare 70 chili maledetti e stramaledetti, ho cominciato ad andare a correre l'11 gennaio precisamente, perdendo fino ad oggi 4 chili, ovvero gli stessi di otto mesi fa, gli stessi di tremila miliardi di giorni fa, gli stessi gli stessi gli stessi
S-T-E-S-S-I.
Infatti peso 66 chili ora come allora.

Però ballo e canto e yuppi yeah, ho perso 4 chili, evvai!
Mi faccio ridere da sola.

In compenso, e lo scrivo perché DEVO scriverlo, perché a puttane tutto il resto, a puttane l'autoconvincimento di merda, a puttane le giornate con il pollice su, a puttane i messaggi, a puttane le mie parlate senza senso, le mie autoprofezie a puttane TUTTO A PUTTANE: ho voglia di abbuffarmi.
Lo scrivo chiaro e tondo, grasso e grosso, lo scrivo perché lo penso io, cervello mente ciccia e cuoricino, lo pensiamo tutti qui dentro al mio corpo.
Se i miei organi potessero rispondere, anche quelli destinati ad altre funzioni che non siano digerire - vomitare - pensare al cibo 24/24, urlerebbero in coro "Siiiii, vogliamo abbuffarci tutti!!"

Oggi sono andata a correre, ieri sono andata a correre, ogni giorno santissimo sono andata a correre guardando il lago la mattina, con il prato e quelle puttanate idilliache da Bucoliche, insomma mi sono sentita in sintonia con la natura, mi sono sentita un'asceta, oh mio Dio, un'asceta!, avrei rinunciato a tutto, povertà castità fame, ero pronta ragazze!
Poi la voce, la stessa voce "abbuffati."
No, le ho risposto gentilmente (sono gentile.).
"Abbuffati, dai!"
No, ho ripetuto, e state tranquille, non mi sono abbuffata.

Oggi dopo pranzo (coniglio e verdura, mica da fame, mi tratto egregiamente!) volevo abbuffarmi così tanto che su internet ho scritto "Mangiare una torta intera" ed ho letto di gente che si era ingozzata e descriveva le porcherie che aveva ingurgitato.
Come un quarantenne frustrato che si guarda un porno.
UGUALE.
Ho letto e sbavato di quelle porcherie che io non potevo mangiare, e che non avrei mai mangiato, che non ho mangiato; però avevo bisogno che qualcun altro lo avesse fatto.
Sono rimasta a leggere per un'ora quelle minchiate, gente che raccontava di essersi divorata tavoli e armadi, ed io che dentro di me provavo una strana gioia:
-per non essermi abbuffata
-per volermi abbuffare TANTISSIMO
-per essere stata più brava di qualche sfigato che narrava le sue disavventure con cibo congelato e caduto per terra - e per non essere quello sfigato.

Brava, brava, brava.
Mi sono fatta una tisana rilassante, che avesse un sapore.
Ho fatto merenda con una barretta, una spremuta e tre mandorle ed ora si potrebbe dire che io sia il modello di sportiva sana da seguire.
Eppure mi sento sporca, peggio che se mi fossi abbuffata.
Perché lo desidero.
Desidero la torta al limone quella piena di calorie e crema, desidero un maxi toast con prosciutto, sottiletta filante, desidero una piadina porcosa, una pizza al gorgonzola e no, ragazze, non desidero questo perché faccio la fame, ieri sera ho cenato dal mio ragazzo con i tortelli ripieni, la carne impanata, i peperoni, la torta di mele, i taralli, una mela.
E così da diversi giorni per varie occasioni irrinunciabili.
Eppure desidero abbuffarmi di santa ragione, ma non lo faccio.

E' ridicolo: ho mollato la psicologa per 35 euro ed ora sarei pronta a spendere i 150 euro racimolati a Natale in un minuto per CIBO.
Per cibo farei tutto, darei tutto.

Ho quasi finito questo post inutile, passo brevemente alla parte scomoda.

Questa ironica e stronza mangiatrice immaginaria.... ha bisogno di amore!!!
L'avreste mai detto?

Sì.
L'ho scoperto oggi pomeriggio (wow, dopo 6 anni è un bel passo avanti!!).
Io mi sono sempre rifiutata di entrare nello stereotipo anoressica=fame d'amore ohi ohi povera me sono quella che si fa in quattro per tutti ma nessuno la caga oh come sono povera e triste e sola mi sfondo per gli altri e nessuno mi pensa :((((
eppure eccomici dentro fino al collo.

No, vi risparmio la storia ridicola che mi faccio in quattro per gli altri e loro non fanno nulla per me perché è pura ipocrisia, sono convinta che l'animale uomo sia un egocentrico egoista individuo, almeno oggi la penso così, e poi questo discorso del farsi in quattro lo fa sempre mia madre e se ce le avessi ne avrei le PALLE PIENE.
No, io non mi sbatto per nessuno. Sono egoista, egocentrica, se faccio le cose è esclusivamente perché non so dire di no o per sentirmi meglio io, nessuno spirito di misericordia puro.
Punto.
Però ho bisogno di amore, sospetto. E rifiuto questa consapevolezza.

Oggi ho abbracciato il mio ragazzo piangendo e gli ho detto che avevo bisogno di attenzioni e coccole.
Così mi ha abbracciata per quindici minuti prima di tornare a studiare, è stato comunque un tesoro, ma sentivo che non mi sarebbe bastato un intero pomeriggio, quindi mi sono accontentata senza rancore.
E mi è venuta voglia di mangiare.
Fino a scoppiare.

Ebbene sì, signori e signore!!!
Nel cibo cerco l'amore, l'affetto, la dolcezza, le coccole, la premura, le attenzioni che nessuno mi da; correggiamo: di cui non mi accontenterei mai, anche se tutti me le dessero.

Non so da cosa derivi questo bisogno di amore ma è incolmabile.
Il cibo non è ovviamente solo questo: è distrazione, rifugio, anestetico come dice Kore nel suo ultimo bellissimo post.
Però oggi pomeriggio era amore.
Mi sono consolata con tre mandorle, ora vedremo di consolare questa povera bambina trascurata con un 55 sulla bilancia per Giugno.



lunedì 4 gennaio 2016

Cibo, soldi e sesso.

Buongiorno a tutte.
L'ultimo post era sconclusionato e inutile, e me ne scuso.
Emil Cioran diceva che il più grande errore che una persona che scrive possa fare consiste nello scrivere per qualcun altro che legge.

Allora ho deciso di scrivere questo post ancora più inutile del precedente per mettere nero su bianco una riflessione che si è diffusa nella mia testa in modo confuso, nebuloso; ovviamente lo scrivo qui e non nelle mie cartelle su word perché adoro i vostri commenti, mi danno un sacco di spunti di riflessione e mi permettono di confrontarmi con persone intelligenti come mi capita di rado nella mia vita (l'altra, quella fuori di qui..).

Questa riflessione è sempre stata sotterrata in me, perché sono sicura di averla già pensata qualche volta, di sfuggita.
Ha cominciato a prendere forma quando ho letto La noia, di Alberto Moravia.
Poi vari tasselli si sono uniti: in quel libro sono centrali il sesso e il denaro; io ci ho collegato il cibo ed ho completato un puzzle che potrebbe rappresentare la mia vuota e misera vita.
Questo post sarà volutamente molto intimo, poi mi pento quasi sempre di scrivere cose tanto personali su una piattaforma online, ma prima di morire vorrei tanto aver detto quello che penso senza preoccuparmene.

E' un post molto complicato da scrivere perché vorrei che venisse perfetto, e riordinare le idee di anni è un affare che non mi compete granché; così sono quasi certa verrà una schifezza, e mi consolo sapendo di poter contare sul vostro, di cervello, perché so che capirete cosa avrei tanto voluto esprimere.

Non ho le competenze per discutere di questo, voglio soltanto considerare questi aspetti relativamente alla MIA esperienza, alla MIA vita, alla mia superficiale e inaffidabile opinione.

Dunque, dopo aver messo le mani avanti, essermi parata il culo, essermi auto insultata, potete dirmi "poverina, che tenera" e io posso cominciare a scrivere il post.

Kiki mi ha dato lo spunto dell'elenco puntato, per cui Kiki te lo rubo :)

  • Il mio rapporto con i soldi.
Per iniziare a descrivere brevemente (giuro!) il mio rapporto particolare con i soldi, devo altrettanto brevemente (giuro!) descrivere quello che ha mio padre con i soldi.
Mio padre ha tanti soldi.
E, in più, mio padre ha tante cose.
Lui non esiste nella mia vita, ed esiste troppo: lavora dalle 4 di mattina (perché viaggia per l'Italia a causa del suo lavoro) alle 20, così non lo vedo mai, perché appena arriva a casa, dopo cena, si sdraia sul divano e dorme.
La sua esistenza nella mia vita è pesantissima, e dopo aver trascorso anni ad accusare mia mamma dei miei problemi con il cibo ho finalmente cominciato ad affidare qualche responsabilità a lui, fino a giudicarlo irrimediabilmente il principale colpevole.
Ovviamente so di esagerare, e lo faccio volutamente; so benissimo che non è colpa sua, ma capite il post.
Se dovessi descrivere mio padre con tre parole lo chiamerei IL GRANDE ASSENTE, perché pur non essendoci mai c'è sempre, troppo, ci sono lui e i suoi soldi.
Mio padre è un infelice uomo mediocre che con un diploma è entrato a lavorare in banca a 19 anni e che ha cominciato a guadagnare e mettere da parte una barca di soldi che non usa per noi, di cui si vanta, che crede lo rendano una persona migliore delle altre.
Crede di poter comprare tutto: non è una cattiva persona, solo deve avere la casa più grande, la macchina più bella, il televisore da 65 pollici, i box nel centro città perfettamente inutili...
però è tirchio.
Sì, lo so, suona paradossale: una persona con tutte queste cose (cose cose cose oggetti cose), tirchia?
Ebbene sì.
Si è comprato una ferrari (ebbene sì, ragazze, mio padre ha una ferrari da 32 mila euro) che tiene chiusa in un garage che ha comprato nel centro della nostra città, e che non usa mai; ha comprato questi famosi due garage, così, tanto per; ha comprato tre fuoristrada che non ha mai usato, e finalmente poco tempo fa si è deciso a venderne uno; ha un camper; ha la macchina del lavoro; ha la casa di mia nonna; ha un conto in banca che non conosco ma deve essere molto sostanzioso.
In tutto questo lui non esiste. Esistono le sue cose, i soldi suoi da cui noi (io, mia madre e mia sorella) dipendiamo, esiste il suo potere esercitato in silenzio, in modo sottile, in un modo così profondo ed oscuro che vorrei tanto provare a spiegarlo.
In tutto questo, a me e mia sorella non dà mai un euro.
Se gli chiediamo 10 euro per fare un regalo lui sbuffa, si alza incazzato, apre il portafogli e puntualmente esclama "Papà esiste solo come autista e come bancomat", è la sua frase preferita, un segno distintivo.
Quando andiamo a fare la spesa con mia mamma e mia sorella e spendiamo 40 euro, tornate a casa lui ci guarda con disapprovazione, vuole gli scontrini, corre in camera e segna su un libro che ha da 30 anni la spesa, sottraendola dal suo conto.
Su quel libro ci sono milioni di numeri, di calcoli, di spese.
Così ogni volta che vogliamo fare un regalo, andare a mangiare una pizza, comprare del cibo, comprare dei vestiti sono litigi, ansia, sono dipendenza.
Mio padre urla raramente, personalmente in 19 anni non sono MAI stata sgridata da lui, non mi ha mai mai mai chiesto nulla né della scuola né è mai venuto ad una recita, mio padre è sempre stato denaro.
Per noi, ma soprattutto (e sottolineo SOPRATTUTTO) per lui.
E quando papà apre il portafogli bisogna ringraziarlo: papà non chiede che gli si dica grazie, ma si sa che glielo si deve dire.
Non so come, non so quando, non so perché, qualcuno ha silenziosamente convinto me e mia sorella di essere i soldi di nostro papà, a non essere niente senza quelli, a valere zero come persone perché non portiamo uno stipendio a casa.
Mia mamma invece guadagna 800 euro al mese se va bene, e lei è laureata, più colta; eppure mio papà non perde occasione per umiliarla a causa del suo mancato stipendio: così io sono convinta profondamente, anche se cerco ora che sono più grande di abbattere questa convinzione, che mia mamma non valga niente perché non ha i soldi di mio padre.
Per mio padre tutto ciò che non guadagna lui non ha valore, è zero: così anche le mie borse di studio del liceo che non mi ha mai dato (erano 300 euro scarsi), così quelle che mi ha dato creandomi appositamente un conto e approssimandole tutte per difetto di 20/30 euro.
Ho provato a lamentarmi dicendo che mi spettava di più, ma lui si è arrabbiato nel suo modo, sbuffando, in silenzio, e poi ha detto pacatamente "uno vale l'altro."
Per i miei soldi, uno vale l'altro.
Per le piccole borse di studio guadagnate da me solo con il mio cervello, una vale l'altra.
20 euro valgono come 5, quando si tratta dei miei soldi.
Perché non sono centomila come i suoi.

Così, ragazze, arriviamo a me: io sono schifata dai soldi.
Quest'anno ho preso altre due borse di studio, e non le ho ancora incassate. Mi ripugna l'idea, e quando ho detto ad un mio professore che appunto non le avevo ancora versate mi ha risposto sorpreso: "E cosa aspetti? Voi li cagate i soldi?"
O una cosa del genere... avrei voluto rispondere che sì, mio padre li caga, per cui questi duemila euro non valgono un cazzo.
Ed io non li voglio incassare.

Così cerco di non chiedere mai soldi a mio padre, non ho mai soldi dietro e quando ci sono soldi da mettere per vari regali io sono sempre quella che mette il minimo che si è deciso, così che sono certa che tutti se la ridano alle mie spalle e considerino me tirchia, visto la casa in cui ora vivo dopo il trasloco, il televisore da 1700 euro che mio padre ha comprato tre giorni fa, le migliaia di macchine parcheggiate ovunque.
Ed in giro, si fa sempre la figura dei pezzenti.

Così, oltre a disprezzare profondamente i soldi, li conto al centesimo ogni volta.
Se anticipo al mio fidanzato qualcosa e lui non me li restituisce io involontariamente mi incazzo, sono capace di piangerci su per una giornata, di litigare con lui; io sono sempre puntualissima con la restituzione del denaro perché per me ha un'importanza vitale che gli altri me lo restituiscano.
Invece mi guardo intorno e la gente ha il portafogli pieno, presta soldi e se non glieli ridanno se ne scordano; io segno tutto, chiedo i soldi per giorni finché non mi vengono restituiti e so perfettamente e tristemente che non è una questione di giustizia, di correttezza.

Lo so che cos'è nel profondo; ed è la stessa cosa che mi ha fatto interrompere le sedute di psicoterapia perché costavano 35 euro alla volta: la malattia di mio padre.

Mio padre è malato ed io sto diventando come lui,
con la differenza che io non spendo i miei soldi.
Con la differenza che io non spendo i miei soldi, se non in cibo.

Non vorrei ammetterlo. Visto che mio padre mi da 5 euro alle volte se pranzo in università, mi è capitato un sacco di volte di non pranzare, di accumulare quei soldi e di recarmi con il bottino al supermercato e spendere una ventina di euro di puttanate, e di abbuffarmi.
Sì, e qui rientra la questione

  • cibo.
Ecco che soldi e cibo si intrecciano indissolubilmente: per me niente ha valore, niente vale la pena di costare qualcosa, per nulla vale la pena spendere dei soldi, tranne che per il cibo.

L'unica cosa quasi altrettanto importante sono i libri, ma se devo scegliere capita che io scelga sempre il cibo.
Spendo tutto in cibo, e la causa principale sono proprio i soldi.
Succede soprattutto quando mio padre magari in una settimana mi da solo 5 euro (molto più spesso non mi da nulla): questo è il monologo che tengo con me stessa quando ho 5 euro in tasca dopo settimane:
"Mmm.. ho solo cinque euro. Cosa posso farci?
a) pranzare.
Ma pranzare fuori con cinque euro significa comprare un pezzo di pizza minuscolo, cosa che mi farebbe restare la fame; oppure comprare un panino, cosa che detesto.
b) comprare un bel libro.
Ma con 5 euro, ahimè, non posso comprare nessun libro! Costano tutti almeno 7 euro.
c) abbuffarmi.
Se raggiungo l'Auchan e vado nel discount, con cinque euro compro due pacchi di patatine scadenti, un pacco di brioches, un pezzo di pizza enorme incartato... andata!"

Così mi reco effettivamente al supermercato e con cinque euro faccio pranzo, cena, merenda, colazione e anche un pasto del giorno seguente.
3000 kcal a costo zero.

Ed ecco le mie giornate, solitamente.
Devo indagare ancora più a fondo nel rapporto soldi-cibo, ma ci sto lavorando.

  • sesso.
Arriviamo alla questione più scottante, più portatrice di sofferenza nella mia vita, molto legata al mio rapporto con il cibo e con i soldi.
Come per i soldi, anche per il sesso provo disprezzo.
La mia famiglia non è cattolica osservante, a frequentare l'oratorio sono solo io di mia spontanea volontà, quindi non ho avuto affatto un'educazione sotto questo aspetto rigorosa.
Semplicemente, a casa mia non si è mai parlato di sesso.
Mia mamma girava nuda per casa e so che è sempre stata una cosa che mi ha profondamente infastidita, turbata; in bagno stava con la porta aperta, ed io andavo a chiudergliela perché mi irritava. In casa mia non si parlava mai di sesso ma non si aveva un'intimità.
Ovviamente il sesso era un tabù, ma non per motivi religiosi, e nemmeno di privacy (come potete constatare); semplicemente era vergogna provare piacere.
Mia mamma infatti non ha mai sperimentato il dialogo, l'affetto, ma alzava solo le mani, le botte erano il suo modo di comunicare.
Su questo voglio dire una piccola cosa, non giudicatemi: molto spesso, quando litigo con il mio ragazzo, mi capita di alzargli le mani.
Ovviamente non gli faccio un tubo, ma quando realizzo che lo sto picchiando anche in faccia mi fermo, mi vergogno, mi scuso. Mi rendo conto che questa è l'educazione che ho ricevuto, le mani come forma di comunicazione, zero dialogo, e cerco di correggermi ma è difficilissimo.
Comunque dicevo, mi rendo conto di avere una mancanza profondissima di amore e di educazione sessuale.
Così mi capita sempre di cercare nel sesso l'amore del mio ragazzo.
Deve esserci sotto qualcosa certamente, perché il mio ragazzo fuori dal letto mi dimostra un amore sconfinato, mi fa piccoli regali, è stupendo e Kiki lo sa bene perché le racconto spesso delle pazzie che fa ed è incredibile.
Eppure (e via allo sputtanamento del mio ragazzo alèèèè) sotto quell'aspetto, del sesso dico, non è così.
Mi spiego: il mio ragazzo non ha problemi quando facciamo l'amore, non è "impotente", anzi; semplicemente non ha quasi mai voglia, ed ha pochissima fantasia.
E sempre, quando facciamo l'amore, lui non mi guarda nemmeno in faccia, mette la testa sul cuscino e non mi considera molto, sembra che debba svolgere un compito piacevole, certo, ma come se volesse, in quel momento, fare altro.
E' raro che lui proponga di fare l'amore, anzi (per sputtanare anche me e umiliarmi pubblicamente!) vi confido una cosa che ho confidato ieri soltanto ad una mia amica: ho chiesto io al mio ragazzo di fare l'amore la prima volta.
Stavamo insieme da un anno e mezzo ed io lo desideravo tantissimo, mentre lui non dava nessunissimo segno di voler fare niente, anzi, più apatico che mai; avrei tanto desiderato che fosse una cosa spontanea, sapete no?
Ci si bacia a lungo e poi così, senza nemmeno rendersene conto, si è distesi e lui sussurra all'orecchio che vuole fare l'amore.
Niente di tutto questo.
Niente baci.
Niente sussurri.
Un pezzo di legno.
Così ho dovuto fare come faccio sempre nella mia vita e come ODIO di fare e dover fare: ho insistito.
Esatto, come una bambina.
Al contrario di me, il mio ragazzo è di una famiglia molto osservante, rigidissima riguardo al sesso (suo fratello ha 27 anni e sta con una ragazza da 8, ed è vergine).
Io non lo giudico, sono scelte... ma tutto questo si ripercuote sul mio ragazzo.
E' molto diverso dalla sua famiglia, ma ne è interamente condizionato. Quando suo padre (che io non sopporto) mi insulta come fa di solito lui non mi difende, anzi dopo quando io piangendo glielo faccio notare lo difende dicendo che "scherzava":

Ma torniamo al sesso.
Vi dicevo che ho insistito: mi sono seduta un giorno, dopo settimane di frecciatine, dopo che per settimane gli ho cercato di sussurrare all'orecchio qualcosa che gli facesse capire che volevo fare l'amore con lui, mi sono seduta proprio a tavolino e gli ho detto contro ogni romantico sogno e desiderio:
"Voglio fare l'amore con te. Tu vuoi farlo?"

Sapete, ovunque ho letto che deve essere una cosa spontanea, che è più bella, e lo pensavo anche io, ho sempre giurato a me stessa che sarebbe stato così anche per me.
Ma poi immersa nella mia situazione ho fatto una cagata, una vera schifezza, ho disintegrato quella che sarebbe dovuta essere la più bella esperienza della mia vita (il cui titolo è infatti stato ceduto automaticamente a "pesare 42 chili", che tutt'ora ricopre il primo posto nella classifica delle esperienze più belle della mia vita).

Lui ha risposto come se gli avessi chiesto "Vuoi un panino con il prosciutto?":
ha detto "Si va bene" come se stesse pensando "Se ci fossero le melanzane sarebbe meglio, ma ormai ha comprato il prosciutto..."

Così, dopo altre settimane in cui nessuno aveva casa libera e nessuno voleva farlo in macchina, finalmente ci siamo ritrovati soli a casa sua.
Dovete sapere che casa sua è esclusa dai luoghi in cui si può andare oltre la stretta di mano, in quanto è un luogo sacro e i suoi genitori, al contrario dei miei che d'estate trasformano la nostra casa in un bordello a pagamento e organizzano orge di ogni tipo (-.-), si arrabbierebbero tantissimo.
Quel giorno però stranamente ci stavamo baciando (!!!) ed io speravo lui prendesse l'iniziativa e facesse IL passo.

L'aspetto dell'intimità tra me e il mio ragazzo non l'avevo mai trattato qui sul blog, perché non lo ritenevo determinante e poi mi sentivo un'egoista, il mio ragazzo vi ripeto è perfetto in tutto il resto. Ma ultimamente mi sto accorgendo di quanto invece sia determinante e importantissimo questo aspetto e capirete perché.

Eccoci come dicevo in camera, le mie labbra troppo vicine alle sue per il luogo di culto in cui ci troviamo, aspettando una sua mossa qualsiasi, qualsiasi, non so bene cosa stessi aspettando, che non arrivava. Qualsiasi cosa fosse, non arrivava. Così dopo un po' ho capito che sarebbe di nuovo toccato a me, e gli ho sussurrato "Facciamo l'amore?"

In quel momento lui mi ha guardata ed è stato come se non se lo aspettasse.
Come se gli avessi chiesto "Lo hai fatto il compito in classe per oggi?"
"Non ho comprato i preservativi", dice.

In quel momento ho capito quanto tenesse a questa esperienza, sicuramente quanto me, per non dire di più, tanto che dopo settimane che avevamo deciso a tavolino (tristissimamente, lo so) che entrambi lo volevamo, lui nemmeno si è disturbato a passare davanti ad una qualsiasi farmacia a comprare un pacchetto di preservativi.

Tanto per completare la mia stupidissima recita stupidissima ho cominciato stupidissimamente a piangere, ero furiosa, e stupida.
Abbiamo litigato, gli ho urlato che non gli interessava, e lui trovava scuse che mi hanno convinta per finta e mi hanno per finta calmata.

Passano i giorni. Niente.
Un giorno maledetto eravamo al parco, a passeggiare. Non so per quale stupidissimo motivo ho iniziato a girare il coltello nella mia stessa piaga chiedendogli per l'ennesima volta se gli andasse di fare l'amore per la prima volta con me.
Lui ha risposto di sì, certo, e l'errore più grande ed imperdonabile della mia vita, secondo soltanto all'aver iniziato ad abbuffarmi e vomitare,  è stato credergli.
Come fanno le donne che vengono picchiate quando il marito dice "non lo faccio più": gli credono.
E sappiamo tutti che fine fanno queste donne, così facilmente potete immaginare che fine abbia fatto io.
Abbiamo iniziato a discutere perché io continuavo ad insinuare che lui non volesse, come una stupida idiota cretina, finché lui non si è infuriato, il mio ragazzo infuriato, mi ha presa per mano, siamo andati in un punto isolato del parco, ed insomma, io che stavo zitta, lui arrabbiato e stanco, mi ha dato il mio contentino.
Come ad un cane, i croccantini per calmarlo.
Inutile dire che è stato orribile: all'orrore della prima volta come saprete con lui che viene subito e voi inesperte totali, si è aggiunto l'orrore della rabbia, della forzatura, del compitino svolto.
Non mi ricordo nemmeno la data, non ricordo niente di quel giorno.
Solo se mi chiedessero quando è stata la tua prima volta ed io dovessi rispondere sinceramente (come non ho mai fatto, mai) direi che non l'ho avuta, una prima volta.
Io e il mio ragazzo, dopo un anno e mezzo di distanza da quel giorno che non ho mai né scritto, né raccontato, né dimenticato, facciamo l'amore, qualche volta, ma io non ho mai avuto una prima volta.
Solitamente a questa domanda rispondo "A casa mia, è stato magico" e poi la chiudo lì.
Me ne vergogno e ci sono migliaia di motivi per cui me ne vergogno:
-perché l'ho obbligato io
-perché è stato di fretta al freddo e non ho sentito niente di niente
ma, soprattutto, perché gli ho creduto.
Quando abbiamo riparlato di quel giorno dopo un annetto gli ho chiesto se lo voleva, visto che non desidera mai farlo, e lui mi ha detto che non si sentiva pronto.
Fermo restando che un ragazzo che dopo un anno e mezzo non si senta pronto a fare la cosa che in teoria sogna da quando ha 5 anni non so bene che ragazzo sia, e concedendogli questa sua piccola debolezza, e volendola anche rispettare, viene naturale chiedersi:
Perché CAZZO NON ME LO HA DETTO?
Mi ha dato così, come un ceffone nel gelo, la crudele conferma di avermi letteralmente accontentata.
Ma la cosa più incredibile non è stata tanto questa sua confessione, ma il fatto che io LO SAPESSI e l'avessi sempre saputo!
Mi sono chiesta per molto tempo e me lo chiedo tutt'ora se non sono io il maschio della coppia, e qui ci sarebbe un discorso immenso da fare, perché io sarei tanto voluta nascere uomo e lo penso da quando ho questo maledetto dca.
Mi sono trovata a pensarmi ninfomane solo perché desideravo il mio ragazzo, mi sono abbuffata un sacco di volte, migliaia di volte, dopo un suo rifiuto in questi tre anni, rifiuti molto frequenti e frequenti tutt'ora, fino a comprendere che io non mi sento amata in quel senso.
Mi chiedo che bisogno c'è di fare l'amore: in fondo lui mi ama in tutti gli altri aspetti, mi fa regali, mi pensa sempre, studiamo tutti i giorni insieme, eppure io sono letteralmente ossessionata dal fatto che lui non abbia mai voglia di fare l'amore con me.

Ho pensato anche di essere io il problema, di non piacergli; ed ora è un'ossessione.

Dopo quel giorno maledetto, quella prima volta non prima volta, dopo quella specie di violenza richiesta da me, cercata da me, violenza da lui svolta mal volentieri, ho voluto credere che sarebbe cambiato.
Che era la prima volta, che era insicuro, che con il tempo lui lo avrebbe desiderato.
Mi dicevo "è un maschio, dannazione!"
Ma, come gli uomini violenti non cambiano, così lui non è cambiato.
Anzi: ultimamente non succede praticamente MAI che lui abbia voglia.
Io ogni volta che gli sono vicina impazzisco, ho sempre voglia di toccarlo, di stringerlo, di guardarlo, ma lui è inavvicinabile.
In tutto il resto è un tesoro, discutiamo, è intelligente, profondo, parliamo sempre, ma non desidera né me, né il sesso in sé.
Ne abbiamo discusso mille volte, abbiamo litigato, ho pianto e lui ogni volta si ritiene offeso, umiliato nella sua "Mascolinità"; addirittura una volta mi ha detto che la società impone un modello maschile virile e sempre eccitato che pensa sempre al sesso, mettendo in testa a noi ragazze questo stereotipo, mentre nella realtà non è così.
Non nel suo caso, ma nella realtà. Capite??
Io ho parlato con questa mia amica e nel suo caso non è affatto così, il suo ragazzo la desidera sempre e succede anche tutti i giorni!
Eppure il mio ragazzo non lo ammetterà mai.
Mi dice che almeno lui non pensa solo al sesso!
Non capisce che "pensare solo al sesso" è diverso da "desiderare la propria ragazza" ma lui non lo capisce.

Questo post non voleva essere un capo di accusa nei confronti del mio PERFETTO ragazzo, ma una riflessione su di me.
Cerco nel cibo quello che cerco nei soldi e quello che cerco nel sesso, e che non ho ancora capito cosa sia.
Voglio disperatamente sentirmi desiderata e mi sono accorta che è per questo che mi sono fissata con ragazzo senza nome, che in realtà si chiama Giacomo: perché in lui vorrei trovare l'approvazione che non ricevo dal mio ragazzo.
Mi rendo conto che è vitale questo, per me. Non a caso soffro incredibilmente questa mancanza del mio ragazzo, quanto quella dei miei genitori, del loro affetto, che continuo a cercare di colmare con il cibo ma che è tanto profonda da essere inguaribile.

Scusate il post infinito, avevo giurato che sarei stata breve, non so se lo leggerete mai; nel caso, voi, cosa ne pensate? Quanto vi ritrovate nella mia descrizione? Anche i vostri ragazzi sono così? Sopravvaluto l'uomo? Chiedo troppo?



venerdì 1 gennaio 2016

Tornata un po'


Mi tremano le mani.
Mi tremano fortissimo, e questo solo perché vorrei tanto scrivere ma so che non servirà a niente perché non dirò mai quello che voglio dire.
Eppure leggo i vostri post e mi dico “Ecco! Sì, esatto, questo avrei voluto dire anche io! Può darsi che anche io lo pensi, come lo esprime bene!”
Ed è talmente frustrante.
Sono sconclusionata: questo mese caratterizzato dalla psicologa, dalla inutilità delle sedute, dalle mie contraddizioni, dall’amore per la filosofia, dall’esame, dall’amarezza, dal cibo.
Una nullità di cose che spaventa.
Eppure vorrei dire altro, in questo momento. Non so cosa vorrei dire di preciso ma più scrivo più mi rendo conto che non è questo.
Non voglio raccontarvi della psicologa e del fatto che ho deciso di smettere di andarci (dopo 2 sedute, un record!), non voglio raccontarvi dei miei genitori sempre peggio, dei pianti, delle abbuffate, del peso che aumenta e che supero i 70 kg, sento che non voglio dirvi questo per prima cosa perché non può fregarvene niente, come è normale che sia, e poi perché no, non è questo che tra persone ci si deve dire. Di se stessi, del proprio enorme Ego, spaventoso ingombrante ego.
Io, io, io, io. Eppure ho aperto un blog per soddisfare e placare questo vergognoso bisogno di ME STESSA, e di me stessa che leggano gli altri.
Sto diventando pazza, non scrivo più niente, mi serve qualcosa attraverso cui esprimermi altrimenti sento che potrei implodere ma non trovo niente, nessun mezzo, nemmeno queste stupide parole.
Scrivo sempre peggio come potete vedere, mi sto perdendo, quasi non mi importa del cibo, mi abbuffo per inerzia, provo dolore ma non me ne occupo, guarire non ha alcun senso, i propositi non hanno alcun senso e sento che la filosofia sta facendo tanto, tantissimo, mi sta divorando piacevolmente.
Sono sempre più folle dietro questa materia, ho una specie di pazzo entusiasmo verso questa disciplina così profonda, immensa, abissale.
E mi sento sempre più piccola, minuscola, e nonostante io sia l’emblema della enormità mi sento infinitamente piccola.
Più studio follemente più mi accorgo di essere stupida, più mi rendo conto di giustificare in ogni modo questa mia stupidità con quelle scuse che usano gli altri “Mah sì, quanti problemi questi filosofi!”, “Un po’ di stupidità ci vuole, non fa mai male”
E mi vergogno di pensare queste cose per tappare quel foro profondissimo che è la mia ignoranza, la mia inconsapevolezza.
E più studio più mi rendo conto che non esiste giustificazione per l’ignoranza in chi si può informare, ed io sono tra questi – ignoranti che non si informano.
Più studio più mi rendo conto di quanto poco io usi il cervello, e guardo la mia vita e le cose materiali a cui mi aggrappo e mi ripeto che sono così sprecata, che è tutto così sprecato!
E lotto per non scadere nella presunzione – una dura battaglia.
Taccio e studio, e mi appassiono, e mi innamoro.
Cerco di essere critica, ma non riesco a non innamorarmi ogni giorno.
Sento con disprezzo di aver trovato la mia strada, il pane per i miei denti scadenti, e dico con disprezzo perché sono ancora tentata dal voler essere quella ragazza disperata che scrive “Oh, tutti trovano la propria strada ed io, povera me, non so cosa fare, non sono portata per niente, oh, povera me!”
Mi dispiace non poterlo fare.
Mi dispiace ammettere che sì, sono portata maledettamente per la filosofia non perché io sia più brava di altri, anzi; ma perché io la amo, me ne interesso, me ne curo.
Pure mi sono innamorata di Kant che odiavo che non l’ho mai capito, e che ora invece mi si apre davanti come un Essere Umano, come un ventaglio, come un uomo ricco davanti a cui inchinarmi … e giuro che più studio filosofia, più mi rendo conto di dove la mente umana può arrivare, più mi disgusta aprire Facebook e leggere frasi così stupide sotto foto talmente inappropriate, e più apro gli occhi e mi rendo conto che ci VOGLIONO ignoranti, che la filosofia è la cosa più inutile che esista al mondo ma che apre un mondo, un mondo diverso, un mondo in cui NON E’ CONCESSO ESSERE STUPIDI, non è un obbligo!
E spero di non venire fraintesa poiché non intendo affatto dire che sia meglio di altro, che sia più importante, che sia più degna, anzi, ma che ci sono persone come me, così conformi, così banali, così povere, così appiccicate all’apparenza che ne hanno bisogno per aprire gli occhi.
Mi rendo conto che quello che io sto iniziando a comprendere molti lo sanno anche senza studiare queste puttanate, ma sento che io sono portata per questo, è un dono immenso.
E non smetterei mai di parlarne come di un figlio appena nato, come di un fidanzato fedele e paziente, come di un amico, non smetterei mai di essere umana in modi diversi e non si tratta di essere triste.

Non so se era quello che volevo dire ma ho bisogno di capire ancora tante cose per poter dire qualcosa davvero.