mercoledì 27 aprile 2016

Il regalo più grande...

Oggi per la prima volta sono andata a trovare Riccardo al cimitero.
Sono passati quasi tre mesi, ed io, a trovarlo, ci vado solo oggi.

Lo penso tutti i giorni, ogni momento: l'altro pomeriggio facevo i karaoke dal pc e ad un certo punto compare così, senza che io lo chiedessi, il karaoke di una canzone che tanti anni fa, in prima media, Riccardo e la sua fidanzatina dell'epoca avevano scelto come "la loro canzone".
Probabilmente sono una delle poche a saperlo, perché quella estate eravamo un piccolo gruppetto di cui entrambi facevamo parte.

Comunque erano giorni che la sentivo alla radio, per caso, nei negozi... "il regalo più grande", di Tiziano Ferro, quella era.

Così quando ho visto il karaoke l'ho aperto, mi sono messa in ginocchio, in camera, e cercando di non piangere gliela ho cantata.

Oggi ho visto la sua foto sulla lapide e non so dire cosa ho provato.
Era così bello, ragazze... ma bello davvero.
Pensate che nell'ultimo periodo, durante la malattia e la chemio, lui continuava a crescere.
La mia professoressa mi ha detto che era diventato altissimo, ma così alto! E infatti come si riproducevano le cellule delle ossa per farlo crescere, così si moltiplicavano quelle tumorali.

Alla fine la massa tumorale era diventata così grande da essere visibile, sull'anca, così grossa da rompere la pelle e fare uscire il pus.

Ogni giorno che passa rileggo i suoi messaggi, guardo le nostre foto, ricordo quando eravamo vicini di banco ed io gli cantavo sempre Laura Pausini. Mi odiava così tanto, ma poi ogni volta mi chiedeva di cantare.
Continuo a scrivergli messaggi quasi ogni giorno.

Ma è come se stessi iniziando a soffrire solo adesso.

Oggi in realtà sarei dovuta andare a trovare la sua famiglia, dopo essere passata dal cimitero; stavo così male, ero così preoccupata di non riuscire a sopportare il carico emotivo che queste cose avrebbero comportato, che Richi se n'è accorto e sua mamma ha avuto un imprevisto.
Così la visita a casa loro è stata rimandata.

Ma oggi è stata una secchiata di acqua fredda stare immobile davanti alla lapide.

E' in alto, guarda in faccia alla collina. E' la lapide più alta che c'è. Prende tutto il sole possibile.
Sembra respirare.
E lui guarda lontano, in quella foto. Era un ragazzo bellissimo e non lo dico perché è morto, ma perché l'ho sempre pensato ed è sempre stato fuori dalla mia portata.

Credo sia stata la giornata più triste in assoluto.

Piano piano inizio ad accorgermi che è morto. Non risponde ai miei messaggi come faceva prima, ed io intanto penso al cibo, a quanto è stupido tutto questo, a quanto è secondario...

Non dirò molto altro qui, di lui, perché non vorrei mai imbarazzarlo; ma lui sa tante cose che so anche io e che mi riempiono di ricordi e di lacrime...

Oggi per la prima volta, dopo lezione, ho preso un caffè con quattro compagne di corso, tra cui la mia compagna del liceo.
E' stato bello, divertente... sono così intelligenti.
Probabilmente avevate ragione voi, magari posso iniziare a vivere la quotidianità... non pensavano al cibo, eppure non erano stupide.
Così poco banali, così divertenti, così appassionate, così... magre... ma che importa?
Loro non hanno guardato il mio corpo.

Comunque questa giornata finirà in lacrime; so che Riccardo tu non lo vorresti ma non ci riesco a non piangere.
Sto in camera da sola immobile davanti al libro aperto... E penso alle tue ali spezzate.
Sento un posto in cui tu sei ma non riesco a localizzarti.
E' un vuoto indescrivibile. Quando un ragazzino nasce nel tuo stesso anno, poi fate le scuole insieme fin da piccoli, è il bambino con cui giochi all'estate ragazzi... E' il ragazzo con cui inizi il liceo, con il cellulare nel portapenne... Nella sedia accanto a te...
E poi vai a trovarlo al cimitero e sulla lapide c'è scritto "6-12-1996  2-2-2016".
E quella scritta nessuno la cancella. E c'è la sua foto accanto.
L'unica cosa che ho pensato davanti alla sua lapide è stata: "Chissà se quando gli hanno scattato quella foto si immaginava che sarebbe stata la foto sulla sua lapide".
E certamente non se lo immaginava.

E' stato talmente triste vederlo lì, e poi è stato triste incontrare il fratello, di un anno più grande, che andava a trovarlo al cimitero.
Un ragazzino di 19 anni. Almeno altri dieci anni di vita.. almeno il tempo di innamorarsi... almeno il tempo di cominciare a vivere.

Nessuna parola renderebbe giustizia al suo dolore.

La canzone di Tiziano Ferro dice:

E se arrivasse ora la fine
Che sia in un burrone
Non per volermi odiare
Solo per voler volare
E se ti nega tutto quest'estrema agonia
E se ti nega anche la vita respira la mia


Per questo ho pensato. "Respiro la sua vita." Ed ho deciso di andare a trovare i suoi genitori, visto che è tanto tempo che me lo chiedono tramite la mia professoressa.

Respirare la sua vita.. quanto sarebbe bello riuscire a respirare la mia per lui, invece di disprezzarla.

venerdì 15 aprile 2016

Peso: 64.8

Dopo l'esonero di lunedì scorso mi sono messa più o meno in riga.
Questa settimana ho camminato tutti i giorni 45 minuti, ho fatto un'ora di cyclette qualche volta, ed ho mangiato.
Tranne ieri.
Ieri mi sono svegliata e pesavo 66,1.
Così ho pensato che, dopo una colazione con un muffin fatto da me e mia sorella e del latte di soia, avrei potuto saltare il pranzo e poi la cena.

La mattina così sono andata in università a farmi spiegare da un mio compagno alcune cose per l'esame e, ad un certo punto, senza che me lo aspettassi, lui mi ha chiesto di pranzare insieme.
"Io ho il pranzo da casa, ma andiamo a cercare qualcosa per te! Se  vuoi il kebab andiamo qua, se vuoi questo andiamo di là.."
Non vi dico la vergogna. Per lui sarebbe stato normalissimo se io mi fossi mangiata un kebab a pranzo davanti a lui, mentre a me sarebbe sembrata solo un'enorme porcata.
Così ho declinato gentilmente questa proposta e gli ho detto che conoscevo un posto dove solitamente pranzavo.
Abbiamo camminato un po' chiacchierando e poi siamo entrati nella Focacceria Ligure. Ho ordinato senza nemmeno pensarci una fettina di farinata, ho speso 1€, e lui è rimasto sconvolto. "Ma solo quello mangi?"
Ed io ho risposto le solite stronzate: che faceva caldo, che avevo poca fame, che ero tesa per l'esame di martedì.
Insomma, talvolta due estati fa saltavo il pranzo e restavo digiuna fino a cena; pensavo anche che dopo tante abbuffate sarebbe stato il minimo che avrei dovuto fare mangiare un pezzetto di farinata.
Per molte di voi forse sarà anche troppo!

Abbiamo poi continuato a studiare, e verso le 14 ho preso il treno per tornare a casa.
Sono andata a camminare un'ora, poi ho mangiato due kiwi e mezza mela.
A cena ho preso un po' di pane fatto in casa da mia nonna e un quarto di frittata.

Ragazze, non ci crederete: avevo i crampi della fame.

Mi ha spaventata questo: due estati fa digiunavo praticamente sempre! Mi sono veramente ridotta così? Eppure non ho digiunato, anzi!
Quella farinata era unta di olio, e nella frittata c'era l'uovo, per non parlare del pane!
Mi sono resa conto di essere cicciona: i ciccioni hanno fame, no?? Quelli con lo stomaco enorme, no?! Come si può avere così tanta FAME? La sera sono uscita per andare in Oratorio e mi sono contorta tutta la sera dal dolore allo stomaco: avevo i crampi fortissimi.
Li ho avuti fino a quando non mi sono messa a dormire.

Però... questa mattina la bilancia mi ha regalato un 64,8, e mi sono pesata dopo aver fatto colazione perché prima c'era mia madre in casa.
E' un peso stratosferico però è quasi quello che un mese fa ero riuscita a raggiungere (64.5).

Sono in fibrillazione da tutto il giorno.
Ho pranzato con un po' di pesce lesso, delle verdure, e mi sono anche concessa 36 grammi di crostata alle ciliegie.

Ci credete che questa settimana contavo di abbuffarmi? Ho fatto di tutto per evitarlo: ho guardato video su youtube, ho studiato ascoltando musica per distrarmi, sono andata a camminare... La cosa che mi ha aiutato di più (suggestione, verità, ognuna pensi cosa vuole) è stato leggere il Vangelo. Mi sono detta che se avessi avuto l'impulso di abbuffarmi avrei letto una pagina di Vangelo: e così ho fatto (sono arrivata a metà, pensate voi quante volte è successo...).
Ragazze, ho perso praticamente 1 kg! Ok, era un kg probabilmente di abbuffate, eppure io l'ho perso in pochi giorni!
Credevo che i kg recuperati con le abbuffate li avrei tenuti per altri mesi addosso!
E così mi sento benissimo, già mi immagino i prossimi 5, 6, 7, 15 kg... mi immagino magra, immagino di mangiare sempre meno, ho comprato il latte di mandorla che ha 25 kcal ogni 100 ml... quanto potrà durare tutto questo?

Sono felice di essere felice, oggi riesco a vedere il sole, riesco a godermi il pomeriggio di studio che mi aspetta, eppure dentro di me c'è qualcosa di molto doloroso, e sospetto sia la consapevolezza che a provocare tutto questo è stato un numero sulla bilancia.
La consapevolezza che è andata così un milione di volte: ed un milione di volte è finita nello stesso modo.
Fino a ieri ero depressa, sconsolata; un numero più basso, nuda, sulla bilancia, è riuscito a cambiare tutto.

Penso e ripenso al commento di Lux (quando l'ho letto mi sono commossa): questo grasso è un grasso che non se ne andrà mai perché è di un altro grasso che voglio sbarazzarmi; eppure mi illudo che quello che sto provando adesso potrebbe darmi davvero la felicità che cerco.

E con tutta la mia anima non desidero nient'altro.

lunedì 4 aprile 2016

Eppure è l'unica cosa che non faccio.

Oggi ho una fottuta voglia di spaccare tutto.
Ho voglia di tagliarmi, ma ho paura del sangue eppure ci sto pensando di continuo.
Tagliarmi le vene e vedere cosa succede.

In una settimana ho preparato un esame di 600 pagine, ieri ho fatto le 4 di mattina e alle 7 mi sono svegliata per andare a dare questo benedetto esonero.
600 pagine contate, gestite in 7 giorni.
Ho mangiato come un maiale, naturalmente, ma poi alla fine quelli che importano sono i risultati, giusto?

Ed oggi per farmi un po' del male ho iniziato a rivedere le foto del 2012, quando ero così magra porco schifo che ora che guardo le foto mi faccio paura e invidia, eppure non succede niente.
Non si dimagrisce guardando delle foto, nemmeno abbuffandosi, come qualcuna di voi mi aveva anche detto; eppure mi meraviglio che il mio peso non scenda nonostante tutto.
è come un diritto per me dimagrire, e dovrei averlo anche se non assolvo i miei doveri.
Non funzionava così?

Perché l'uomo sceglie quello che lo rende infelice?

L'ho studiato in parte per questo esame, ho letto il Saggio sull'intelletto umano di Locke.
Lui dice che l'uomo sceglie ciò che lo rende infelice per due motivi:
il primo è che è troppo impegnato a liberarsi dal disagio che lo opprime nel presente per preoccuparsi di inseguire la felicità vera e piena;
poi perché sottovaluta il male ed il bene futuri, e crede che non valga la pena di faticare per inseguire un piacere duraturo, rinunciando a quello momentaneo che sta provando, oppure pensa che il dolore di cui ora è impegnato a liberarsi sia il più alto grado di dolore possibile, e che in futuro non lo proverà mai più di così.
Naturalmente in questi calcoli si sbaglia, e così con l'infelicità futura paga i suoi errori.

E poi Locke spavaldo dice che per quanto la felicità dell'uomo possa essere grande, egli non ne sentirà nemmeno una briciola qualora si trovasse impegnato a liberarsi di un disagio presente; perché il disagio presente sarà sempre, sempre più grande di qualsiasi bene immenso e infinito che gli si possa trovare accanto.

Infatti io, per mettermi Locke sotto i piedi, non riesco a vivere e mai ci riuscirò finché non mi sarò liberata da questo mattone: il mio peso.
E non c'è bene che mi possa attrarre, non c'è amore, vita, gioia, speranza che possa salvarmi e distrarmi da questo costante e faticosissimo impegno, finché io avrò perso tutto questo peso.

Così guardo le vecchie foto in cui ero bella, pulita, con la faccia magra e non questo pallone di ciccia che mi ritrovo; in cui mettevo le magliettine strette e le tette non sembravano due persone di 30 kg ciascuna che mi penzolavano dal petto.

Per estrema crudeltà nei miei confronti ho messo come immagine del profilo di whatsapp proprio una foto in cui non ho tette, in cui il viso è sottile, così da mostrare ai miei compagni di università sul gruppo come sono veramente.
Per mostrarlo a tutti.

Come sono scema...
Eppure io darei la mia vita per tornare così.
Mi ammazzerei adesso se questo dovesse servire a farmi tornare come ero. Non ne posso più di questo corpo, di questo schifo, voglio solo sotterrarmi e poi dissotterrarmi quando sarò stata senza cibo abbastanza a lungo da essere uno scheletro.

Vorrei essere così magra, ragazze...
E' l'unica, l'unica cosa che voglio davvero.
Il desiderio che esprimo quando spengo le candeline, quando inizia l'anno nuovo, quando vedo una stella cadente, in qualsiasi occasione in cui chiunque altro si augurerebbe la salute o l'amore.

Ora ho così voglia di urlare, di piangere, di prendere a pugni il muro e di smetterla di scrivere un post che sembra di una bambina di 12 anni...

ma questa è la pura è semplice verità:

voglio esclusivamente dimagrire
eppure è l'unica cosa che non faccio.

PERCHE'?

mercoledì 16 marzo 2016

E non è buio ancora.

Oggi nevica, è il tempo perfetto per scrivere un po'.
Ieri è stata una giornata devastante, la mia depressione ha raggiunto picchi molto elevati; ho mangiato e vomitato più volte, e poi ho cercato di far finta di niente ed ho mangiato le fragole.

Ieri mi sono sentita morire, e sicuramente non era così, non sono morta per niente, non muoio mai, e muoio ogni volta un po' di più.
Una mia ex compagna di scuola ha messo su una associazione, In Punta di Cuore, per aiutare le ragazze affette da disturbi alimentari.
Ieri l'hanno intervistata in tv, poi ha tenuto più conferenze a Torino per sensibilizzare la gente. Ogni tanto mi scrive perché sa di me, ma il suo disinteresse è delicato ed evidente.
La tipica persona che a furia di guardare lontano non vede cosa sta davanti alla punta del suo naso.
Le avevo consigliato di leggere alcuni blog che le avevo allegato, per aiutarla in questo progetto, e lei li ha aperti dopo quattro mesi che glieli avevo inviati.
Mi fa così ridere tutto ciò, è il riassunto del mondo che calpesto: tutti vogliono salvarlo, e poi non raccolgono la cartaccia che gli giace accanto ai piedi, sulla strada.

Odio questa associazione e lei, ma so che non è solo per questo motivo.
Non è solo per il suo guardare così lontano, alla televisione, alle conferenze, alle chiacchiere, al rumore, senza essere capace di leggere il cuore di una persona che le sta vicino; ma soprattutto per il suo "essere guarita dall'anoressia".

Ieri ho pensato tutto il giorno alla guarigione: sarà per le frasi ipocrite di speranza postate da gente ignorante in materia, sarà per i mille post di questa mia compagna su questa dannatissima associazione, sarà per la gioia condivisa da ragazze "fuori dal tunnel"; ma mi sembrava di essere l'unica al mondo a pensare che guarire fosse impossibile.

L'ho pensato soprattutto, naturalmente, mentre mangiavo e vomitavo; piangevo e vivevo intensamente quello strazio, quella vergogna, quel dolore nei versi che facevo e nel petto che scoppiava; e se da una parte sentivo di essere l'unica ad aver scoperto che la guarigione non esiste, dall'altra - ed è la seconda ragione per cui detesto l'associazione e quella povera ragazza che l'ha fondata - mi sentivo come un bambino che gioca con i suoi amici alla caccia al tesoro: tutti gli altri lo hanno trovato, questo tesoro, mentre lui ha attraversato cortili, si è sbucciato le ginocchia, ha scavato sotto la terra, e non ha trovato ancora niente.
E mi sento come se tutti, attorno a quella me bambino, guardandomi mentre cerco, mi dicessero "è facilissimo: ma come fai a non trovarlo?" senza che nessuno mi desse una mano a cercare.
E soprattutto sento nelle mie lacrime le lacrime di quel bambino frustrato: che gli altri abbiano trovato un tesoro che non è lo stesso che cerco io?
Che io l'abbia già trovato, quel tesoro, ma che l'abbia scartato subito perché non pensavo fosse un tesoro, così povero, così arrangiato, così poco convincente?

Che la guarigione fossero quei 5 chili presi 4 anni fa, che non ho saputo accettare, che ho scartato, che mi hanno portata a vomitare?

Non ho saputo vederla, la guarigione che tutti decantano?
Forse l'ho attraversata, come quando cerchi un luogo che ti indicano, lo sorpassi e continui a camminare per anni e anni convinta che questo luogo non esista, che ti abbiano presa in giro.

Mentre vomitavo, ieri, pensavo che fosse assurdo pensare ad una vita senza questo dolore lacerante così radicato, così comodamente accasato, così perfettamente inserito.
Mentre vomitavo pensavo che fosse una presa in giro quell'associazione per me che dopo 7 anni ancora mi ritrovavo a mangiare latte e biscotti in quindici secondi e vomitarli in mezz'ora, una presa in giro. Come si può veramente credere che dopo tutti questi anni io potrò davvero non abbuffarmi e vomitare più?
Non c'è più nulla di nuovo, e forse cinque anni fa avrei potuto pensare "Sta mattina sto meglio, wow, figo! Potrei guarire davvero!"; perché ormai l'ho pensato così tante volte e così tante volte il giorno dopo mi sono ritrovata al supermercato a riempirmi di roba, sola con me stessa, che non ci credo più che ci possa essere una svolta epocale.
Forse per chi è malato da uno, due, tre anni, come questa mia compagna, può valere questo giochetto; ma dopo 7 anni è davvero ridicolo anche solo immaginarlo.

Ho confuso le cose, lo so; prima dico che la guarigione non esiste, poi dico che esiste dopo pochi anni di malattia, poi dico che la malattia non esiste.
Infatti tutto ciò non ha senso.

Solo mi sento tanto quel bambino, ogni volta che una ragazza scrive "Sono guarita" e manifesta il suo entusiasmo; mi sento quella persona che ha passato il luogo in cui doveva andare e non lo troverà mai; così inizio a giustificare il bambino frustrato che è in me dando la colpa della mia vana ricerca agli anni che sono passati.
Forse non importa quanti anni vai avanti, se hai già superato la destinazione.

Ieri sera, tanto per rivestire il ruolo di functional bulimic, sono andata al bellissimo concerto di De Gregori.
Vi lascio con la sua traduzione di una canzone di Bob Dylan, sperando che per voi vada meglio.

Scende la sera,
è tutto il giorno che sto qua.
Troppo caldo per muovermi
e il tempo se ne va.
Sento che la mia anima ...

non mi abita più
e so che sta per piovere,
il cielo sta venendo giù.
Certe ferite non guariscono,
però col tempo le dimenticherò.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.


Ho buttato nel secchio
la mia parte migliore.
In ogni bella frase
c'è un senso del dolore.
Lei mi ha scritto una lettera
così dolce, compita.
Raccontava in poche righe
ogni attimo della sua vita.
Cosa dovrebbe fregarmene?
Francamente non so.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.


Ho girato in lungo e largo,
visto niente di speciale.
Sono sceso lungo il fiume,
sono arrivato al mare
in un mondo di chiacchere
e una montagna di fumo,
senza mai cercare niente
negli occhi di nessuno.
E il peso che mi porto appresso
è l'unica ricchezza che ho.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.


Sono nato senza chiederlo,
senza volerlo morirò.
Sembra che mi stia spostando,
ma sono immobile da un po'.
Ogni pezzo del mio essere
è muto e svuotato,
chissà da che scappavo
e dove stavo andando
quando sono arrivato.
E credo di sentire una preghiera.
E mi potrei sbagliare.
E oppure non lo so.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.




martedì 8 marzo 2016

Centro.

Oggi è martedì.
Venerdì sono partita per Milano per andare a trovare mia cugina che vive lì per studiare.
Inutile dire che ho provato ad essere spensierata con il cibo, inutile dire che nonostante gli sforzi non ci sono riuscita; inutile dire che qualche caffè con la panna e qualche pancake di troppo hanno fatto scattare quella vecchia vocina che da tre anni ormai urla dentro di me quelle fottutissime parole insopportabili:

tanto ormai.

Sabato sera sono ripartita per Torino, e contro ogni manifestazione di intelligenza ho divorato un pacco di biscotti che mia cugina mi aveva dato "se avessi dovuto avere fame" e che invano avevo tentato di rifiutare.
Poi sono scesa alla stazione dove avrei dovuto prendere un altro treno e, nell'attesa, ho prelevato alle macchinette due tramezzini di quelli schifosi e grassi, una merendina di quelle che mai avrei mangiato se fossi stata in me, ed ho divorato tutto (contemporaneamente, ragazze: un morso di tramezzino, un morso di merendina - per compensare dolce e salato e non stufarmi né dell'uno, né dell'altro).
Sono salita sul treno e mia sorella mi chiama dicendomi che aveva ordinato le pizze, i miei non c'erano, ed io sono stata presa dal panico immediatamente: come avrei fatto a mangiare la pizza?
Avevo mangiato un muffin con del caffe alla panna un'ora prima di partire, un pacco di biscotti, due tramezzini enormi farciti, una merendina nel giro di due minuti, senza vomitare; come avrei spiegato che non avevo fame per una pizza?
Io desideravo la pizza (naturalmente)!
DOVEVO VOMITARE.
Così sono scesa dal treno disperata; nel buio mi sono incamminata verso il bagno che è dentro la stazione ma era chiuso, così ho cercato un cestino in cui poter vomitare; ho seriamente pensato di vomitare per terra, come gli animali, tanto non c'era nessuno; qualsiasi cosa per potermi liberare di tutto quello schifo che mi separava dalla pizza.

Ero come morta dentro, non ero in me: avrei dato tutto pur di vomitare almeno un po'.

Mentre pensavo e cercavo, ho visto la macchina del mio ragazzo in lontananza; ho realizzato, sono tornata in me, ho pensato che fosse finita, che non avrei potuto vomitare, ma poi ho pensato che avrei potuto vomitare a casa, anche se c'erano mia sorella e lui.

Per fortuna non ce l'ho fatta, ero certa mi avrebbero sentita, e non voglio deludere il mio ragazzo dopo un'estate che aveva trascorso a sentirmi vomitare in bagno dopo che mi ubriacavo, o dopo cena a casa sua, o a casa degli amici.
Non voglio tornare indietro, non voglio tornare a vomitare così, due tre volte al giorno, bere e vomitare vino da cucina con le dita in gola, o pane e olio in vacanza in Liguria nel mezzo della notte.
Non voglio tornare a quello, non voglio trovarmi a casa da sola la sera dopo venti giorni in cui non mi abbuffo, mangiare un pacco di biscotti spalmati con il miele, legarmi i capelli, solito rituale della carta igienica nel gabinetto per non far schizzare (eh sì, ho dovuto perfezionare questa tecnica...) e trascorrere la serata sul cesso.
Non voglio più.
Questo ultimo anno sono ingrassata smisuratamente, è vero; però ho nettamente ridotto gli episodi di vomito autoindotto; talvolta quando mi abbuffo è automatico vomitare per me, ma lo faccio con meno frequenza e soprattutto meno che posso.

Non ho vomitato.

Però ho mangiato tutta la pizza (sapete che il binge dilata lo stomaco, abbiate pietà di me..), e poi sono andata a casa di amici a guardare un film con il mio ragazzo.

Però mi sono rotta le palle, e ieri ho richiamato il centro.
Ero certa che di nuovo non avrebbero risposto; invece mi ha risposto una signora scortese, purtroppo; ha esordito con un "Mi dica".
Mi tremava la voce e le parole uscivano in automatico.
"Volevo sapere per prenotare una visita al centro come devo fare..."
"Che tipo di problema ha?"
Come una stupida bambina ho risposto "Un disturbo alimentare", come dire "Ciao come ti chiami?" "Sì, ho un nome!"
...
Lei allora mi ha apostrofata: "Sì, ma che tipo di disturbo alimentare", scocciata.
"Bulimia", le ho risposto.

Non sapevo cosa dire, in realtà. Se dovessi descrivere cosa ho io risponderei sempre

"Anoressica. Sono anoressica. Nella mia testa peso 40 chili e voi mi dovete aiutare. Non voglio mangiare, rifiuto il cibo, nella mia testa digiuno ed ho le ossa che escono. Aiutatemi a capire perché vorrei ridurmi così. Non considerate il fatto che peso 70 chili. Per favore, considerate che nel mio cuore e nella mia testa io desidero ridurmi uno scheletro pelle e ossa e lasciarmi putrefare in solitudine."

Ma non funziona così.
Funziona che "In cosa consiste la bulimia?".
In un'interrogazione, consiste, troia.
Secondo te chiamo un centro per disturbi alimentari, ti dico che ho la bulimia dopo sei anni che soffro come un cane e finalmente mi decido navigando nella vergogna e nella resistenza a chiedere aiuto, e mento???
Mi invento che ho la bulimia?
Così, data la domanda di interrogazione, le ho risposto proprio come c'è scritto sul Wikipedia: "Per bulimia intendo abbuffate per almeno tre volte a settimana per sei mesi consecutivi con condotte di eliminazione quali vomito autoindotto, digiuno o sport eccessivo".
"Ok, bene. Ora mi dia pure i suoi dati. Nome. Cognome. Indirizzo. Data di nascita. E ora scelga in che condizione si trova: sottopeso, normopeso, sovrappeso."

Sapevo cosa voleva significare, ma ho deciso di non mentire.
"Leggero sovrappeso."

E poi, la risposta che aspettavo: "Le tempistiche sono parecchio lunghe, parliamo di mesi, perché siete tante. La richiameremo."

Questi maledetti 65 chili mi faranno morire. So cosa significa la lista di attesa, lo so bene; equivale ad un "non ti richiameremo mai".

Non è colpa loro, è vero, siamo tante, non possono farci nulla; poi a Torino, alle Molinette, uno dei centri più richiesti; ma stabilire chi passa prima in base al peso è una profondissima ingiustizia.
Non so se si aspettano che tutte ci riduciamo a scheletri ad un passo dalla morte, e solo allora saremmo ascoltate...

Ho chiuso il telefono e mi sono messa a piangere.

Lo sapevo e peggio ancora sapevo che fosse giusto così.
Io lo SO che è giusto che venga messa in cima alla lista una poveretta di 40 chili che non si regge in piedi; quello che non accetto è che è bastato che dicessi "sovrappeso" (ma anche se qualsiasi bulimica avesse detto "normopeso" sarebbe stato uguale) e sbam: il termine bulimia è sparito, il contesto "Disturbo alimentare" è sparito pure lui, insomma, solo peso peso peso.

Probabilmente quella poverina era solo un'infermiera che a malapena ha sentito parlare di DCA, figuriamoci se per lei è importante che vomiti o non vomiti, ti abbuffi o non ti abbuffi, ti sfondi di cyclette o meno, restringi per settimane per perdere i 300 chili accumulati con quella roba schifosa di cui ti sei imbottita; probabilmente ero una delle migliaia di ragazze che oggi avrà chiamato quel centro, e lei era stanca, voleva solo andare a casa.

Comunque sono contenta di aver chiamato. Dopo l'ultima esperienza con il vomito e i pensieri di sabato sera e le abbuffate spaventose di questi giorni, io voglio solo provare a darci un taglio.
Pensavo di farcela da sola, un po' lo penso anche adesso, ma oggi ho realizzato che io il mese prossimo compio 20 anni, ed il mio disturbo alimentare
ne compie 7.

Euridice scrisse un post meraviglioso per i 7 anni del suo dca, quindi eviterò di ripetermi, andate a leggere il suo che è chiarissimo, vero e toccante;
solo voglio sottolineare che è praticamente come se io stessi crescendo un figlio.
Un bambino di 7 anni che quest'anno andrà alle scuole elementari: come potrò permettere che me lo strappino via dal cuore?
Penso in continuazione al mio dca come ad un figlio.
Però poi penso a Riccardo, a cui mando messaggi ogni giorno, per cui non riesco mai ad addormentarmi prima delle due di notte, quando mi arrivò quel maledetto messaggio: penso che se lui avesse avuto la fortuna di mettersi al mio posto, avrebbe lottato con le unghie e con i denti come ha fatto contro il suo cancro.
Lui mi disse "non smettere di scrivermi" ed io non lo farò mai.
E prenderò in mano la mia vita, forse.
Tra cinque o sei mesi, quando mi richiameranno dal centro, insomma; dopo 7 anni di questa romantica storia d'amore tra me e mio figlio, il mio dolcissimo e capriccioso bambino, io ho deciso di farmelo portare via.

A volte mi chiedo se sia davvero la strada giusta.
Non voglio perdere la mia intelligenza, perdendo la bulimia. Non voglio perdere la mia ironia, non voglio perdere la mia disperazione. Non voglio perdere il mio disturbo alimentare.
Voglio dimagrire (forse anche guarire.....), ma non so se riuscirei a vivere senza abbuffarmi, senza restringere dopo, senza vomitare. Non lo so.
Ma devo provarci, per Riccardo.

Devo provare ad affrontare le situazioni, anche quelle inesistenti, senza l'abbuffata e il vomito, la cyclette, o qualsiasi altra cosa..

Ci tenevo a raccontarvi questa novità.

Un bacio!


mercoledì 2 marzo 2016

Schizofrenia, bulimia e incontri positivi!

Alle scuole medie avevo un amico a cui volevo molto bene; era un po' strano, lui diceva di essere strano perché era polacco.
Ho fatto conoscere questo ragazzo ad una mia amica, A., e si sono messi insieme standoci per due anni interi, che alle medie era un grande traguardo.

Dopo due anni lei mi ha chiamata piangendo a dirotto: lui l'aveva picchiata violentemente, poi il giorno dopo si era presentato a casa sua con un occhio nero che il padre adottivo gli aveva fatto quando aveva tentato di accoltellare sua nonna.
A. piangeva e mi diceva che lui si era scusato dopo averla presa a calci per terra, ma che lei lo aveva cacciato di casa sebbene lui sembrasse sinceramente dispiaciuto.

Quella volta io e lei uscimmo per parlare, cercai di consolarla; dopo qualche giorno mi disse che Davide era stato rinchiuso in una clinica in Liguria per schizofrenia.

Davide era schizofrenico, e non lo avremmo rivisto mai più.
Qualche volta lui mi ha chiamata invitandomi ai suoi concerti a Milano, naturalmente immaginari, con una certezza spaventosa nella voce.
Poi non mi ha scritto più, anche se continuava a scrivere su fb per pubblicizzare i suoi concerti e dichiarare il suo amore ad A, che oramai di lui non poteva e non voleva saperne più.

Lui ha tutt'ora questa malattia mentale, e per tutti noi, per tutti noi che non abbiamo la schizofrenia, è fuori del comune sentire una persona che è convinta di addomesticare cavalli (che non ci sono) e fare concerti (che non esistono).
Noi se vediamo qualcuno che fa qualcosa di simile pensiamo immediatamente che abbia qualcosa che non va, che non sia "normale".

Ho pensato a questo mio vecchio amico oggi, mentre aspettavo il treno per tornare a casa da lezione. Ero seduta accanto al mio binario, e mangiavo tutte le rimanenze dell'abbuffata enorme di ieri: finivo dunque
-un pacchetto di wafer da 200 grammi
-un pacchetto di Pringles
-dei biscotti al cocco;
roba che mi sono dovuta portare nello zaino insieme al quaderno degli appunti per non rischiare che mia madre a casa li trovasse.
Stavo ad aspettare il treno e li mangiavo con estrema calma, guardandomi intorno con aria indifferente; quando all'improvviso ho visto sul binario di fronte al mio una mia compagna di università.
Non abbiamo mai parlato (io non parlo con nessuno, non conosco nessuno, non ho socializzato con nessuno), però di vista io conosco lei e lei me.
Ogni tanto gettava il suo sguardo distratto verso di me, seduta sul binario, a mangiare Pringles mentre mi ero ripromessa che oggi non mi sarei abbuffata e avrei invece buttato tutto il rimanente, mi guardava così, di tanto in tanto.
Ma io ero sicurissima non pensasse niente: né che sono bulimica, in realtà, perché poi pedalo tutti i giorni seguenti, oppure vomito tutto il possibile, né che mangio per disperazione di non si sa bene cosa, né che ho provato questa stessa mattina tre volte a contattare un centro DCA qui a Torino che non mi ha mai risposto.
Niente, mi guardava ed ero una persona che mangiava delle Pringles, come magari voi siete delle ragazze che mangiano una mela, insomma nessuno penserebbe mai che quella è l'unica cosa che mangerete oggi, come nessuno ha pensato che io mi stessi abbuffando da ieri tutto il giorno e che poi sarei andata a casa a continuare.

Mi è così venuto in mente il mio amico schizofrenico: non ho certo la schizofrenia, il mio dca mi permette di non picchiare le persone e non vedere cavalli, però ho una malattia mentale anche io, eppure, giustamente, nessuno se ne accorge.

MI ha fatto riflettere tantissimo tutto ciò: io sono bulimica, lo so benissimo, so benissimo che non riesco a fare a meno mai di pensare al cibo, so benissimo che da sola non riuscirò mai a smettere di abbuffarmi, so che quando vomito mi propongo di non farlo più e poi ogni volta, almeno un po', devo farlo per poter ricominciare a mangiare, per sentirmi vuota, per sentire il dolore all'esofago che mi ricorda che ho sbagliato anche questa volta, che non avrei dovuto farlo, che sono uno schifo totale, che sono destinata a piangermi addosso in eterno; lo so, conosco questa storia a memoria: eppure anche se io sono bulimica faccio la cosa più naturale del mondo: mangio.

Non ero alla stazione seduta sulla panchina a bucarmi, eppure la mia è una dipendenza esattamente come la droga; non ero alla stazione ad urlare e camminare a caso dicendo cose a caso come quel signore ubriaco dell'altro giorno, eppure la mia è una dipendenza esattamente come quella da alcol; come ho già accennato, non ho assalito nessuno picchiandolo a sangue perché credevo fosse un orso e che io fossi in una foresta, eppure la mia è una malattia mentale al pari della schizofrenia.
L'unica cosa meno normale della mia malattia mentale è il fatto che io vomiti, il fatto che io faccia tre ore di cyclette un giorno e quello dopo mi sfondi di cibo, di nuovo, mandando silenziosamente a me stessa le peggiori maledizioni; per il resto, io mangio, mi nutro come chiunque, poi faccio la spesa come tutti, come ieri che ho comprato 14 euro di minchiate e nessuno, nessuno anche se una bulimica è sempre tentata di pensarlo e crederlo, nessuno mi guardava con malizia pensando che quella roba sarebbe stata tutta per me; insomma, per il resto sono identica a tutti gli altri.

Il mondo della mia malattia (se esiste, poi) è tutto nella mia testa e non si vede affatto, e la mia compagna di università mi guardava forse pensando "anche io ho voglia di Pringles, magari la prossima volta me le porto".

Insomma dopo queste riflessioni inutili, sentite e risentite, volevo accennarvi che sabato conoscerò Minerva che viene a Torino a trovarmi; e soprattutto una cosa che qui sul blog non ho mai scritto ma che è bellissima: tantissimi mesi fa ormai ho conosciuto Elisa (le bombe non tornano indietro) ed ora ci vediamo più o meno regolarmente prendendo caffe in circa tutti i bar di Torino :)
L'unico aspetto positivo della malattia è questo.
Ogni volta che io ed Elisa ci vediamo ridiamo dal primo all'ultimo secondo, perché avere la bulimia è piuttosto comico, e non sono l'unica che nasconde il cibo in posti improbabili :')
Non l'ho mai accennato, però mi sembra doveroso visto che trascorro il mio tempo ed uso il mio spazio esclusivamente per lamentarmi!
:D
Insomma non avrei mai creduto di conoscere seriamente qualcuno in internet, e soprattutto attraverso la mia maledetta malattia!
Io e Kiki ormai da quasi un anno parliamo tutti i giorni (diciamolo, siamo passate direttamente agli audio di ore ed ore!!) e come vi ho detto io ed Elisa ci vediamo quasi ogni mese!
Insomma, per una volta un mio post si conclude con un grosso GRAZIE a tutte voi che commentate, ad Elisa che mi sopporta anche di persona, a Kiki che ogni giorno si sorbisce qualche mia lagna!

Questa conclusione sembra di quelle fastidiose dei programmi tv e dei concerti, in cui si ringraziano tutti...

:)

domenica 21 febbraio 2016

Schifo

Se non scrivo impazzisco.
Il mio professore di filosofia morale dice che una persona inizia a scrivere quando il suo discorso interiore diventa troppo lungo e in testa non ci sta più, ed è come se sentisse l'esigenza di continuarlo sulla carta.
Mi piace questa immagine, come quando scrivi tanto tutto su una riga e poi continui sul tavolo quando il foglio non basta più.

La noia, di Alberto Moravia, riporta un passo, all'inizio del libro, in cui il protagonista riflette sulla sua condizione di Noia, di non comunicazione tra lui e gli oggetti che lo circondano, e lo riconduce al suo essere ricco.
Ecco quando ho iniziato a leggere quel passo mi sono messa a piangere, l'ho letto riletto e riletto ancora e mi sono chiesta come fosse possibile che in quel libro ci fossi io così prepotentemente presente in ogni pagina, nella storia del possesso, nella storia del fallimento, nella storia dell'attaccamento morboso a Cecilia Rinaldi, nella pittura, nella tela stracciata, nel tentativo di suicidio e sì, nella causa scatenante di tutto, la ricchezza.

E oggi penso più che mai a quel libro straordinario, ci penso quando mia madre mi dice che oggi non possiamo fare la spesa perché papà si è arrabbiato domenica scorsa che abbiamo speso troppo.
Domenica scorsa abbiamo speso troppo, abbiamo comprato detersivi, cibo, frutta, verdura, formaggio.
Abbiamo speso 80€ domenica scorsa.
Per la settimana. Per tutta la settimana, comprese tinture e detersivi.
Sapete che compriamo le pizze surgelate perché ordinarle costa troppo e almeno quelle surgelate sono 3 per confezione e costano 4€?
Lo sapete che facciamo veramente questo?

Sapete che veramente mio padre ha tolto il bancomat a mia madre? Forse già ve lo avevo detto.
Ora io non so quanto una famiglia debba spendere al mese di cibo; l'unica cosa che so è che mio padre l'ultima volta con quella spesa da 80€ ha infuriato, si chiede come sia possibile che non ci facciamo bastare i soldi ogni volta.
Non andiamo mai dal parrucchiere perché lui non vuole, mia mamma taglia in casa i capelli a me e mia sorella da sempre; non andiamo dall'estetista perché mio padre non vuole, ci depiliamo in casa, io non sono mai stata da un'estetista e non so nemmeno cosa si faccia.
Non abbiamo la donna delle pulizie, mi sembrava ovvio questo, invece non lo è perché praticamente tutti hanno una persona che venga a pulire casa, non che questo mi pesi ma è funzionale al discorso che voglio fare, insomma non abbiamo la donna delle pulizie perché sarebbe una spesa in più; non siamo mai andati in vacanza da nessuna parte, se non in Campania da mia nonna: non ho mai visto una città straniera se non con la scuola, e non ho mai visto una città Italiana se non con il mio ragazzo ultimamente (Firenze regalato dagli amici al compleanno).
I miei non hanno fatto il viaggio di nozze perché costava troppo, e poi non hanno mai più fatto un viaggio insieme perché costa troppo.
Parigi è stato un regalo di maturità assolutamente inaspettato, tutti quei soldi per un viaggio per me??
Considerando che le spese tipo pranzi e cene le ho pagate con i soldi delle borse di studio, perché i miei più di 400 tra viaggio e albergo non li avrebbero potuti sborsare.
Due settimane fa è venuto il pittore a pitturare due pareti (perché le pareti le ha sempre imbiancate mia mamma che ora non può più perché si è rovinata la spalla e non può fare sforzi) e ci è costato 150€. Mio padre!! Si è incazzato con mia madre, ha detto che la prossima volta le deve pitturare lei e infatti faremo così, e camera mia devo in qualche modo pitturarmela io oppure chiamiamo mia zia.

Quindi oggi non faremo la spesa, dopo una settimana che non la facciamo, e mangiamo finocchi cotti (abbiamo una marea di finocchi) e delle mozzarelle, e così stasera perché mia madre congela la verdura e poi la sera la fa perché mica possiamo andare a comprarla ogni volta!

E qui sta l'altra faccia della medaglia: la ricchezza di cui parla Alberto Moravia, quella ricchezza nauseante di cui vi avevo parlato, la Ferrari di mio padre (vi avevo detto? Mio padre ha una Ferrari!!), la villa in cui ora viviamo, i mobili da 1000€ che compriamo ogni mese che riempiono la casa in modo disgustoso, lo stemma della Ferrari che mio padre ha comprato in Internet (200€ di stemma della Ferrari pure non originale), i tappetini della Ferrari che mio padre ha comprato in internet (300€ di tappetini della Ferrari) e questa benedetta Ferrari non la usa MAI ovviamente, perché si vergogna, perché se tutti sapessero che abbiamo una Ferrari mica potremmo fare poi i pezzenti in giro comprando solo la pasta perché costa poco?? Mica posso andare in giro con gli stessi vestiti che mi ha regalato Matteo da due anni? Cosa penserebbe la gente se sapesse che abbiamo una Ferrari in un garage in centro che mio padre ha comprato??
Eh sì, perché come vi avevo accennato abbiamo comprato pure due garage nel centro della nostra città, 20 mila euro di garage INUTILIZZATI naturalmente, di cui uno per tenere a marcire la Ferrari.

E sapete poi? Mio padre sta cercando in Internet una BMW, perché giustamente 4 macchine non bastano (2 qui e 2 giù in Campania), ce ne vuole una quinta, una BMW che costerà sicuramente una botta di soldi.

A me tutto questo fa VOMITARE, ed è uno dei motivi per cui io NON PRENDERO' MAI LA PATENTE finché vivo con i miei, un po' per la paura, un po' perché io odio tutto questo, odio dipendere ancor più da loro, detesto non poter offrire MAI il cinema al mio ragazzo perché mi danno 10€ massimo per uscire, odio odio odio tutto questo.
Odio il dovermi sentire in colpa se mi si bucano i leggins e me ne serve un paio nuovo perché ormai metto solo quelli, e doverli chiedere a mio padre, e così lo dico al mio ragazzo e me li compra lui.
Gli ultimi regali al mio ragazzo li ho fatti con le SANTE borse di studio che mi sono guadagnata in tutti questi anni che sono duemila euro anche se mi dispiace così tanto doverli usare per queste cose, per i libri dell'università che ormai mi ordino con i miei soldi per non chiederli a mio padre che l'altra sera si è incazzato quando mi serviva il libro di Leibniz che costava 29€, e che infine mi sono comprata io, mi dispiace perché come sapete mi piacerebbe farci un viaggio, io non ne posso più e non riesco più nemmeno a sentirlo parlare di un monolocale che vuole comprare in Centro a Torino, non si sa bene per fare cosa, non ne posso più tutto questo puzza di falso, di ipocrita, di schifo.

ODIO questo, lo odio lo odio lo odio e odio pesare 64,5 chili ANCORA, che rabbia, che rabbia! Mi sono naturalmente abbuffata due volte da quando ho scritto l'ultimo post, naturalmente mi sono bloccata nel dimagrire, naturalmente ODIO tutto questo non dimagrire e odio mia madre che urla sempre e che ci zittisce qualsiasi cosa diciamo io non ho più niente da dire.....