sabato 31 maggio 2014

Tutta l'arte deteriore è il risultato di buone intenzioni.

Io credo a questa frase. Non ho chiamato il mio blog in questo modo solo perché l'ha detto Oscar Wilde, perché ho amato quel libro; ma perché io ci credo.

Ultimi cinque voti? Sotto al sei. Dalla mia media dell'otto in tutte le materie e qualche nove, sono passata ad un voto in meno in ogni materia. Questo vuol dire che per la prima volta dopo quattro anni non prenderò nessuna stupida borsa di studio, e non avrò nessun credito alto. Niente di niente. Non che mi sia particolarmente impegnata quest'anno: diciamo che il mio dca mi ha dato altro a cui pensare (vedi: abbuffarmi-digiunare-abbuffarmi-ingrassare-cercare di smettere di abbuffarmi-abbuffarmi [...]).

Però è davvero devastante.

Avete mai provato quella sensazione di coincidere con un voto, un'etichetta, una malattia? Lo sapete bene, tutte.
E dover rimanere attaccate a quello, perché altrimenti non siete voi? Perché altrimenti non solo gli altri rimarrebbero sconvolti, ma voi stesse non vi riconoscereste più!?
Per me è così. Non con il dca, però, perché nessuno lo conosce e io stessa non mi riconosco in lui (o meglio, in questo corpo ufficialmente da grassa: sono stata sempre molto magra, dalle elementari!, quindi non so bene perché ho iniziato a voler dimagrire, infatti mi ritrovo con dieci chili in più...questo corpo non è mio, non so di chi sia); bensì con l'eccellenza.

Io ho la media del nove da quando sono nata. Io scrivo da quando ho quattro anni. Io ho letto alle medie i libri che danno da leggere al liceo (clap clap, che brava bambina).
Io ho iniziato a prendere borse di studio a dodici anni. Io io io io io. Io sono quella brava-magra-superefficiente. Nessuno mi ha assegnato questo ruolo.
L'ho involontariamente assunto io.

In realtà, forse, mi sarebbe tanto piaciuto avere il diritto di prendere un cinque nella mia vita. Di tornare a casa con una sufficienza ed esultare. Le mie sufficienze erano scandali. Ecco perché, fino a quest'anno, ne avevo presa solo una.
In tutta la mia vita, prima di quest'anno, l'unico quattro che ho preso è stato in prima liceo per non aver visto il retro della verifica, ed averla lasciata in bianco.

E' meraviglioso perché in questo ambito incarno a pieno la anoressica-tipo descritta dai medici. Dagli esperti.

E' meraviglioso perché sinceramente non è per questo che sono diventata anoressica. Io non lo sapevo perché volevo dimagrire. In realtà non vorrei definirmi anoressica. Piuttosto direi "una che ha smesso di mangiare, si pesava sei volte al giorno ed ha perso sei chili in due mesi". Ecco, sì, mi piace di più.

Ma, al di là del dca, a me sarebbe tanto piaciuto che i miei fossero stati contenti per un sette, come fanno con mia sorella. Avrei voluto rischiare un debito a fine anno, avrei voluto essere normale. Non essere me.

Ed ora non sono io, perché ho una bella media totale del sette e mezzo e i crediti uguali a quelli della metà della mia classe. Ho il numero di crediti che hanno tredici persone su trenta, tra i miei compagni.

Perché? Potrei spiegarlo in mille modi. Perché mi sono lasciata andare, perché ero impegnata a mangiare, vomitare, digiunare, dimagrire...pensare. Ma la verità è perché sono una persona.

Sono una normalissima persona. Non sono un nove, un otto. Sono una persona.

Ed ora che non sono quell'otto, quel nove, chi sono? Che persona sono? DOVE MI IDENTIFICO?
Ora si che ho veramente perso me stessa. Non sono magra, sono mediocre, non sono eccellente. Non sono io. Qualsiasi cosa fossi, non lo sono più.

Mi fa soffrire. Sono giorni che piango per quei cinque che arrivano, perché non sono i miei. Sono sicuramente di un'altra persona. Sono di questa grassa vacca che si è impossessata del mio corpo. Sono suoi, perché la Sybil magra di qualche anno fa mai e poi mai avrebbe preso un voto inferiore all'otto. Perché la Sybil magra di qualche anno fa era perfetta.
Non so bene se odiasse quel ruolo, ma era il suo.

Tutta l'arte deteriore è il risultato di buone intenzioni. Ecco perché non perdo peso. Ecco perché nonostante non mi abbuffi più, io non perdo peso.

Non riesco a spiegare lo smarrimento che provo. Io non so chi sono. Non so cosa fare di me. Potrei buttarmi in una spazzatura e mi vedrebbero solo perché sono grassa. Non so cosa farò quando l'anno prossimo ci sarà la premiazione con consegna delle borse di studio dell'anno precedente.
Sarò seduta a guardare, come gli altri facevano con me. E guarderò salire a prendere quei maledetti soldi e quel maledetto attestato a ragazze più brave di me, perché io non sono più io. Mi sono persa.

Ho perso me stessa. Se avessi raccontato alla Sybil di qualche anno fa questo disastro, mi avrebbe presa a pugni. Mi avrebbe urlato in faccia che avevo mandato all'aria tutto quello che lei aveva costruito: una media alta, un corpo sottile: io ho ridotto tutto a brandelli. E ho buttato tutto via.
La verità è che se ripenso a quella ragazza perfetta, io vedo un'altra, non vedo me. Come potevo essere così perfetta, e come posso essermi ridotta così?
Ho perso me stessa.

martedì 27 maggio 2014

Io sono stanca, stanca, stanca, stanca:

sono stanca. Stanca di guardarmi allo specchio, stanca di ascoltare la gente, stanca di chi mi dice "come ti sono cresciute le tette", amiche che quattro anni fa mi chiamavano acciuga, ed io non mangiavo, io riuscivo a non mangiare più, io sono stanca.

Io sono stanca. Stanca di me, del mio corpo schifoso, brutto, grosso. Sono stanca.
Sono stanca perché non serve niente, niente per farmi cambiare, nemmeno andare bene così. Nemmeno mangiare bene per più di venti giorni.
Niente, niente. Non so cosa fare, io vorrei solo un posto per me, vorrei non vivere.

Lo ripeterò all'infinito che ho scelto di non vivere. Non mi basta l'amore del mio ragazzo, perché io odio me stessa: io non capisco perché qualcuno dovrebbe amarmi.
Perché qualcuno dovrebbe amare una persona che è così debole, così ingombrante, così tristemente brutta, così fragile.
Perché, perché, perché, ed io me lo sono chiesta sempre, in continuazione e non mi sono mai risposta, perché e perché a me, perché così, perché alla mia vita, perché, eppure non trovo nessuna ragione, eppure io non credo nemmeno di essere malata, oggi, adesso.
Mi è passata ogni briciola di speranza, di positività. Tutto.

Non provo più nemmeno rabbia. Sono solo stanca. E quante volte ho detto basta... e quante volte mi sono detta che io sono più forte di questa malattia, di questa parole, di questo strazio, di questa merda: non serve a nulla. Io non ci credo, non credo a niente, non penso più, non vivo più, non spero più.

E' questa la merda, è questa la realtà ed io non posso uscirne perché io sto piangendo, e l'amore non mi salva, non mi aiuta, non mi cambia. L'amore non mi vede. Io sto piangendo, e adesso vorrei tanto prendere una cyclette che non ho e uccidermici sopra, pedalare per tutta la mia vita ed alzarmi solo con almeno quindici, venti, trenta, cento chili in meno.
Sono stanca. Stanca di dover stare in piedi, stanca di combattere: vorrei essere morta.

Sono stanca di non essere abbastanza, stanca di odiarmi, sono stanca di essere stanca.
Sono stanca di essere me.

Sono stanca. Stanca di tutto questo. Vorrei usare tutto questo per distruggere il mio cervello malato, tutta quella parte inquinata e sporca di me che fa assurdi conteggi e fissa orribili cosce. Io vorrei gridare forte a qualcuno di restituirmi il mio corpo, la mia vita, la mia forza. E soprattutto la capacità di essere felice.
Non ci riesco più. Esistono solo momenti in cui il dca sta in silenzio per farmi credere di essersi eclissato, messo da parte; mentre in realtà si sta ricaricando, sta ripartendo all'attacco con il doppio della forza, con il doppio della potenza, della violenza, e mi toglie la voglia di uscire di casa, di essere coraggiosa, di combattere.

Non ho nemmeno voglia di ricominciare. Non so cosa fare, non so dove muovermi, come dimagrire. Non so dove trovare il coraggio di crederci ancora. Sono stanca. Sono stanca persino di perdere peso e rimetterlo. Di fare analisi del sangue per il ciclo che non torna, di essere ricoverata, di ingrassare ancora. Sono stanca. Vorrei scomparire, vorrei non svegliarmi domani mattina, vorrei essere diversa.

Sono stanca. Stanca di piangermi addosso, stanca di aspettarmi ottimi risultati da me stessa e ricevere mediocri conferme della mia mediocrità: sono stanca.

Io sono davvero stanca. Sono stanca anche di scrivere, di piangere. Vorrei dire vaffanculo e fregarmene, e diventare duecento chili ma non pensarci più, a questa merda... Invece sono sempre più stanca e sempre più ossessionata. Sono una maniaca.

Non penso ad altro. Ogni volta che succede qualcosa nella millesima parte della mia vita che non riguardi il dca (scuola) io penso che tanto ho cose più serie a cui pensare. In cui riuscire. Ovvero assecondare il mio dca. Bella prospettiva, no?

Vaffanculo. Vaffanculo, io sono stanca. Stanca, stanca, stanca, stanca, stanca di strisciare nella merda. Stanca.

VORREI CHIUDERE GLI OCCHI E NON SVEGLIARMI Più, MAI Più.

Perché sono ancora viva?

lunedì 26 maggio 2014

Sono nuda, i lati oscuri sono accecanti...

Ragazze,
lui sa. Ufficialmente. Gli ho dovuto dire di guardare la casella di posta elettronica, e l'ha fatto. Ero a scuola, e mi ha scritto un lunghissimo messaggio che mi ha fatta piangere, mi ha fatto venire mal di testa e mi sono chiesta in quel momento se sarei stata in grado di andare avanti...
Non vi scrivo il messaggio, ma ad un certo punto lui ha scritto "Alzati, non ti lascerò a terra" ed io mi sono chiesta di nuovo quanto fossi degna di amore, di tutto l'amore che c'era nel messaggio; mi sono sentita così stupida e cattiva ad aver pensato che lui non avrebbe capito (oddio, che parolone), che non mi avrebbe sostenuta, che non mi avrebbe accettata.
Invece sono uscita da scuola e lui era lì, mi ha stretta forte ed ho sentito in quell'abbraccio tutta l'oppressione del mondo, ammetto che ho odiato quell'abbraccio e mi sono pentita per quel secondo di avergli detto così tanto senza dire niente, mi sono pentita mentre lui nel messaggio mi aveva scritto che non mi sarei pentita mai, mai, mai... in quel momento mi sono odiata...

Camminando verso casa ha continuato con questa storia dell'abbraccio, probabilmente gli facevo un po' tristezza, probabilmente era sconvolto, lo capivo, almeno potevo concedergli questa serie di parole confuse e tentativi un po' ridicoli di consolarmi: me li aspettavo.

Sono andata a casa a pranzare, e nel pomeriggio lui è venuto da me a studiare. E' stato il pomeriggio più bello della mia vita.
Era normale la sua reazione iniziale, ma poi abbiamo iniziato a ridere, mi ha chiamata cretina, mi ha presa a schiaffi ed io ho preso a schiaffi lui (tenerezze, mica ci picchiamo XD) e poi siamo scoppiati a piangere e ridevamo perché piangevamo, insomma un misto di rabbia, confusione, allegria, stupore... tristezza... mi ha abbracciata forte come non aveva mai fatto e mi ha promesso che se voglio parlargliene posso farlo tranquillamente (ed io ho avuto paura volesse costringermi, ma erroneamente perché ha cambiato subito e abilmente argomento, con dolcezza), che lui non può capirmi e non pretende di farlo, ma che ora non devo più piangere da sola in nessuna stanza, che ora posso piangere con lui, posso anche solo piangere, mi ha detto che mi ama ancora di più, tutta, tutta quella che sono, che ama tutto di me e mentre lo diceva ridendo e accarezzandomi i capelli io piangevo, e pensavo che io non lo merito un ragazzo così... non mi aspettavo questa meravigliosa reazione.

So già che non sarà sempre rose e fiori, ma so anche che ora ci conosciamo davvero, so che adesso il mio peso è non dico dimezzato, ma sicuramente più lieve da portare, perché non sono da sola...

Abbiamo fatto merenda e lui non mi ha trattata come una malata deficiente chiedendomi se me la sentivo di mangiare, cosa che più temevo; abbiamo ascoltato canzoni, mi ha fatta sentire bene, ed ora so che posso alzarmi.

Posso farlo per me stessa, con lui. Per me stessa, un po' per lui, ma per me... posso farlo con qualcuno. Qualcuno che amo con tutta me stessa.

Sarà difficile. Sarà lunga, forse infinta, ma io non sono più sola.
Potrò restarlo, nessuno mi dice che non lo sarò. Però adesso non lo sono più.

La vergogna è ancora tanta. Mi vergogno a parlare delle mie ossessioni e finchè non me la sento, non lo farò; mi vergogno a descrivere quando mangio tanto e tutto, perché sono confusa, triste, perché mi odio e voglio distruggermi, perché non provo altre emozioni... Mi vergogno, mi vergogno quando restringo, quando invento balle per saltare i pasti; mi vergogno quando mi svesto e mi guardo allo specchio, mi vergognerò sempre quando lui mi guarderà.

Ma non sono sola. Il dca non ha vinto, perché il dca vuole il silenzio. L'ho assecondato per cinque anni, ma ora basta. Io non sono guarita. Io desidero dimagrire, dimagrire tanto. Desidero essere tanto magra da sparire. Desidero essere abbastanza. Desidero vedere il mio corpo assottigliarsi fino a diventare un foglio di carta.

Ma non sono sola. Se quando sono con il mio ragazzo penso che mi faccio schifo, che ho voglia di chiudermi in camera e piangere, posso dirglielo, posso piangere con lui; posso leggergli negli occhi, e lui può leggere nei miei. Posso lasciarmi amare a poco a poco, anche se odio farlo, odio che lui debba amare la parte malata di me, le mie ossessioni, l'odio sfrenato e violento che provo nei confronti del mio corpo; ma posso provarci. Posso lasciare che lui lo faccia. Perché lui sa amarmi.

Io non riesco e non voglio riuscirci, ma qualcuno deve farlo, ne ho tanto bisogno... Non voglio più un rapporto finto, in cui tutto va bene ed io muoio da sola, io mi consumo da sola, io piango da sola, io mi uccido da sola. Il dca vuole le bugie, vuole il silenzio, la solitudine, vuole essere la soluzione, vuole essere amato di nascosto e più di tutto il resto: io non gli darò tutto questo. Ha già preso tutto.

Io non sono un dca. Io HO un dca.
E posso imparare a tenerlo a bada. Perché lui vuole divorare tutto, tutto di me.

(Ringrazio tanto Veggie perché ho inviato al mio ragazzo moltissimi dei suoi post... non sarei riuscita ad esprimere meglio nessun aspetto del mio dca.)

Ho sbagliato?

Ho mandato una mail al mio ragazzo, ieri. In realtà sto continuando a mandargliene. Mail in cui non scrivo niente: metto solo link di alcuni post di Veggie, altri di un blog "trappolapertopi", in cui si sottolineano brillantemente molti aspetti del dca e differenti modi per relazionarsi con chi ha un dca. Il mio ragazzo non sa che ho un dca. Secondo voi ho sbagliato? Lo capirà?
È che non ne posso più di sentirmi sola. Di sentirmi ingombrante. Di sentirmi infelice. Ho BISOGNO, dopo cinque anni di silenzio, di una spalla. Di qualcuno che sappia. Non che mi salvi, che mi aiuti, che mi ascolti necessariamente. Ma che sappia.
Non mi ha ancora detto nulla: ci siamo visti ieri tutto il giorno, anche la sera, ma lui non mi ha detto nulla.
Non ha ancora letto le e mail.
Non posso aspettare più. Gli dirò di guardare la posta elettronica. Ho davvero tanto bisogno che lui sappia.
Spero di non pentirmene, di non essere ancora più sola, più incompresa.

venerdì 23 maggio 2014

Sfogo da non leggere in momenti positivi, vomito di parole cattive e consapevolezze distrutte, del mio mondo andato a puttane.

E non so perché. E' una mattina in cui amo odiarmi, in cui vorrei disfarmi e ricostruirmi. In cui penso e i pensieri mi sfuggono fino a diventare così lontani da essere impercettibili, e non li riconosco. Non li conosco. Non mi conosco.
Cosa ho voglia di fare? Niente. Ho voglia di piangere ma non ci riesco, e questa mattina odio la mia vita più di ogni altra mattina. Odio tutta la mia vita in ogni suo angolo, odio questo cielo che mi fa venire voglia di morire, odio questa gente che si copre di parole, odio quelle risate che io non posso provare, odio questa casa in cui mi sento chiusa e in cui mi chiudo, odio questa lotta, odio la scuola.
Odio dover studiare, odio dover avere la media dell'otto anche quest'anno, ed odio avere ancora voti troppo bassi per ottenerla.
Odio aspettarmi così tanto da me stessa.
E se non dovessi avere quella media?
Non sono un numero. Lo so, lo so, come so che non dovrei pensare al cibo, come so che non dovrei restringere, come so che non dovrei abbuffarmi. So tutto.
SO TUTTO.
Ma non è quello che mi aspetto da me stessa. Non potrei perdonarmi un fallimento di questo tipo, ma non riesco più a sostenere un'altra interrogazione ancora. Crollerei. Invece me ne mancano cinque, ed io non ho la minima voglia di aprire un libro.

Sybil, se solo tu fossi più magra... Avresti un obiettivo in mano assieme alla sua stessa realizzazione.
Sybil, se tu fossi diversa... Se tu potessi scappare da questo corpo, da questo mondo...
Sybil, se tu capissi di più... se avessi qualcosa di abbastanza importante da farti dimenticare di non essere abbastanza...
Sybil, se solo tu fossi più forte!
Se solo tu avessi più coraggio, più pazienza, più grinta, più costanza... Perché ti guardi a quello specchio e ti detesti?
Perché capisci tante cose, e dopo aver realizzato quanto potenziale conservi, quanto sei speciale, ti metti davanti allo specchio e piangi? Ti afferri la carne delle cosce, del seno, dei fianchi e vorresti fossero più piccoli, più sottili?
Perché quando sei in mezzo alla gente senti freddo e fuori ci sono trenta gradi, è quasi estate e tu stai gelando fin dentro le ossa, perché ti senti sola, ti guardi intorno e sei sola?
Perché ti siedi in mezzo al mondo e fissi un punto sulle tue gambe e pensi a come sarebbe bello essere piccola così, perché?

Continuo a guardare le mura della stanza e sono come una gabbia, guardo il mio corpo ed è una gabbia ed io non so come distruggerla, vorrei stringere i pugni, i denti, ed essere abbastanza.

Vorrei che tutti un giorno mi vedessero come mi voglio sentire io, come io voglio che mi vedano. Una ragazza magra come un chiodo che sa che essere così non le servirà a nulla; vorrei sentire qualcuno che mi dica "quanto sei magra" come succedeva quattro anni fa, "Ti si vedono le ossa", "Cosa ti è successo?"
e piango, piango e ricordo quando una mia amica mi scrisse pubblicamente su Fb "Sei un fantasmino, tra un po' sparisci, sparisci" ed io ero orgogliosa che tutti lo avessero letto ed ora piango, piango e mi dispero e mi chiedo come ho fatto, come ho fatto a perdere me stessa, perché mi sono ridotta così, perché ho dovuto distruggere tutto quello che avevo per debolezza e mi odio, mi odio per avere rovinato tutto!
E non è più una questione di peso, è che io mi avevo in pugno!
Ed ora sono diciotto giorni che non mi abbuffo, e sento che questa è la volta buona, quella giusta, ma chi mi restituirà me stessa? Chi mi ridarà i commenti su come sono dimagrita, "Ti vedo sciupata", tutti mi vedevano, è vero non mi guardava nessuno, nessuno mi ha mai chiesto se stavo bene, se soffrivo, ma almeno io ero padrona del mio corpo e tutti se ne accorgevano, cazzo!

Mi odio per tutto quello che ho fatto, che ho distrutto, e questa mattina vorrei essere morta, questa mattina vorrei tanto sbattere la testa contro il muro, trovare parole crude e abbastanza dolorose da farmi male fino al cuore, ma niente sembra abbastanza, niente sembra tanto doloroso quanto questa prigione di corpo che mi stringe, mi soffoca, mi chiude la bocca e gli occhi ed io sono malata e mi odio, mi detesto.

Ricordo così bene quell'estate di due anni fa in cui mi hanno ricoverata per  tre giorni per farmi analisi, ecografie, per capire come mai il ciclo non tornasse più, e mi ricordo che il mio attuale ragazzo (che allora non lo era) era venuto a trovarmi con altri quattro o cinque amici ed io ero lì con due gambe secche, una vita sottile, le ossa del bacino che iniziavano ad intravedersi, e le dottoresse che volevano parlarmi perché mangiassi, che avevano capito che ero sottopeso (tutti, tranne mia madre, ma sinceramente non me ne fregava niente, anzi, speravo non sospettasse niente); ero lì magra, non eccessivamente, ma molto più di adesso, circa tredici chili in meno, e loro mi guardavano; erano venuti a trovarmi e mi chiedevano come mai fossi lì dentro ma io non dicevo niente, ero fiera di me, spaventata che dalle analisi si potesse scoprire chissà cosa ma orgogliosa ed in quel momento mi volevo bene, mi volevo davvero tanto bene.
E ricordo che quando sono stata dimessa mi hanno detto che tutto dipendeva dal mio peso; così una sera, nell'oratorio in cui faccio l'animatrice ai bimbi piccoli c'era uno spettacolino per i bambini, e quando è finito mi si è avvicinato il fratello grande del mio attuale ragazzo e mi ha chiesto se sapevo qualcosa del ricovero ed io ho fatto finta di nulla, ho detto "non so", ero vaga, non volevo certo dire "Sono sottopeso, mi hanno detto che controllo ossessivamente il cibo e che se voglio mi peseranno al contrario, perché con quelle come me fanno così, soffro di disturbi alimentari e questo ingrassare dimagrire continuo ha fatto impazzire il mio corpo", così mia sorellina è intervenuta e ha detto, ingenuamente "Le hanno detto che deve ingrassare" e lui mi ha guardata, un po' triste, ed io ho rettificato prontamente "Ma no, sono cavolate" e lui ha risposto che ero troppo magra, in effetti ero molto dimagrita, e niente, niente al mondo potrà mai farmi provare la sensazione che ho provato in quel momento, mi sarei messa ad urlare dalla gioia, ed ora venderei l'anima per sentire anche soltanto una volta un commento del genere anziché gli apprezzamenti sul mio culo e sulle mie tette, porca puttana!

E questa mattina ho perso tutto, questa mattina ho la testa vuota, il cuore pesante come un sasso, sulla schiena ho un macigno che mi piega la schiena e mi fa abbassare la testa, mi fa vergognare, perché io mi vergogno.

Mi vergogno e sono tanto arrabbiata con me stessa. Dove è finito quel fantasmino felice? Cosa ho fatto a quella ragazza magra di quarantadue chili, come l'ho trattata?
Perché l'ho distrutta per creare questo mostro insaziabile, scontroso, grasso? Che cosa ho fatto a me stessa? Dove sono finiti i sacrifici per dimagrire così tanto, le rinunce, la gioia, il peso che scendeva, dove ho buttato tutto? Come ho potuto ridurre la mia vita ad una settima di seno, ad un culo enorme, come ho potuto far buttare via a mia mamma tutti i pantaloni in cui adesso non entrerebbe nemmeno una sola delle mie gambe? Cosa ho fatto?
Disgraziata, stupida, inutile maiala ingorda! Mi odio! E oggi non ho scelto di vivere perché non amo niente di me, non amo niente di quello che ho fatto, non amo questi quindici chili, oggi odio il mio cervello, le mie abbuffate, e non riesco nemmeno ad essere contenta per non abbuffarmi da diciotto giorni (un'utopia, soltanto un mese fa!) perché è molto più prepotente e violento l'odio smisurato ed incontrollato nei confronti di me stessa! Ed ora sono troppo impegnata a coltivare quello. Voglio che diventi un odio talmente grande e forte da farmi dimagrire come una matta, da farmi diventare uno scheletro senza cervello perché io posso farlo, ho tutte le carte in mano; quelle che dico in continuazione di non volere, di non saper gestire: adesso invece mi accorgo che sono mie e non posso sbagliare, ho la mia vita in pugno, ho la mia rabbia in pugno, ho quei ricordi in pugno, ho questa forza in pugno, ho questa disperazione in pugno.

Voglio essere così magra da non dovermi nemmeno più preoccupare di indossare i reggiseni, voglio essere così magra da volermi bene ed essere fiera di me, voglio essere così magra da non dover più avere paura di qualche pantalone che mi stringe.

Questa volta ci voglio credere. Questa volta voglio essere irrazionale. Logica. Questa volta voglio poter dire "Ho fatto qualcosa di tangibile".

Guarire non è tangibile. Nessuno mi ridarà la mia vita. Ma io posso riavere il mio corpo.

Sono passate quasi due ore, ed io ho riletto questo post. Ho deciso di continuarlo perché mi sono accorta che traspare rabbia e nessunissima intenzione di guarire. Volevo spiegarmi per non sembrare pazza (o almeno, non irrimediabilmente.).

La verità è che io non so se voglio guarire. Mi dico che vorrei riuscire a vivere anche con un peso nella norma, con un po' più di seno, con un po' più di culo, in fondo non sono enorme, non sono in sovrappeso. Ma poi mi incontro nello specchio e tutti i buoni propositi si dissolvono in un secondo senza lasciarmi il tempo di riflettere, di reagire. Questa, forse, è la mia malattia. Mi fa desiderare come una dannata quel corpo secco che avevo, e riuscire a ricominciare da lì per dimagrire ancora, perché a quarantadue chili sono più vicina ai trentotto, ai trentasette di quanto io non lo sia adesso, a cinquantasette, cinquantaquattro, non lo so.
IN realtà, confesso, non so quanto peso. L'ultima volta che mi hanno pesata le dottoresse era novembre ed io pesavo cinquantadue chili. Dico sempre cinquantasette perché sono sicura di pesare così tanto, forse mento un po'. Ma del resto cosa importa? Io mi sento addosso duecento chili, ho deciso che peso cinquantasette, forse non avrei dovuto dirlo. Cosa cambia? Cosa cambierebbe se anche ne pesassi cinquantadue? Sarebbero comunque un'infinità, e sarebbero sempre lontani da quelli che vorrei, sarebbero comunque troppi. Troppi.
La verità è che sono troppo grassa per vivere. La verità è che sono troppo grassa anche per comprare un paio di scarpe. Non compro quasi più nulla, sono troppo grassa. La verità è che sono in uno stupido limbo, e forse sarei più felice se pesassi quattrocento chili, perché qualcuno vedrebbe che ho un problema.

Molte di voi mi hanno detto di parlare, di esprimere il mio disagio a voce, e non usare e distruggere il mio corpo per comunicare qualcosa che non arriverà mai da nessuna parte, a nessuno.

Il problema è che io non lo so qual è il mio problema!

La verità è che l'unica cosa che penso, mi ripeto, mi scrivo, mi ricordo ogni giorno è che non c'è nessunissima crisi profonda, nessun senso di inadeguatezza legato a qualcosa di misterioso: la verità è che sono grassa.
E' tutto qui! Tutto così semplice: troppo semplice, talmente semplice che ci voglio ricamare attorno problematiche interiori e profonde, disagi lontani dal cibo, pressioni esterne, problemi con mia madre, quegli stereotipi di anoressiche-bulimiche-malate di qualsiasi dca che tutti si immaginano. La verità è che non è un cazzo, tutto questo.
Forse non esiste nessuna guarigione, forse semplicemente sono grassa e non riesco a dimagrire. E' così semplice che spaventa, così provo a giustificare i miei fallimenti con una malattia che non esiste.
O forse è la malattia a farmi parlare così. Perché una normale ragazza che vuole dimagrire non fa diventare quello l'unico obiettivo della sua vita. Non vomita, non digiuna, non piange giorno e notte.
Non saprei cosa dire, a voce. L'unica cosa che direi sarebbe "Aiutatemi perché voglio perdere quindici chili. Venti, trenta. Voglio perderli tutti." E' questo l'unico aiuto che chiederei, l'unico disagio che esprimerei.
Starò bene quando sarò magra. Starò bene quando potrò indossare dei pantaloncini, starò bene quando saprò che non potrei essere più magra, starò bene quando saprò di essere abbastanza magra.
La verità? La verità è che non lo so quando arriverà quel giorno, quello in cui mi accontenterò, la verità è che forse mi consumerò fino a quando sarà troppo tardi, ma non mi importa.

Sono così triste...Sono così sola. Sono così grassa, sono troppo grassa per vivere. Troppo grassa per camminare, per essere felice, per amare, per lasciarmi amare.
Sono troppo grassa per stare bene. Sono troppo grassa per smettere di pensare di essere grassa.
Troppo grassa per guarire, troppo grassa per volermi bene. Troppo grassa per chiedere aiuto, e non so quale aiuto.
Aiutatemi, sono grassa.
Aiutatemi, sto male e non capisco perché: sono grassa, ecco il perché.
Aiutatemi, ogni volta che sono tra la gente mi sento sola, ogni volta che sono sola mi sento persa, ogni volta che mi sento persa mi sento morta. E muoio ogni giorno, continuo a morire, continuo a stare male, e non so perché: sono grassa, ecco il perché. E sarò grassa per sempre, sarò grassa fino a quando non peserò così poco che non ci sarà nessuno che pesa quanto me.

Aiutatemi, perché in momenti come questi io vorrei soltanto smettere di vivere, aiutatemi perché in momenti come questi a me fa schifo la vita da magra felice. Magra sana, magra che mangia.
Perché io non lo so se voglio mangiare bene e dimagrire in modo sano. La verità forse non è nemmeno che voglio dimagrire, forse la verità è che io non capisco perché mangio, non capisco perché dovrei meritare il cibo, perché dovrei meritare di essere magra mangiando, io voglio fare schifo, voglio fare pena, voglio che la gente passi e sussurri "poverina, guarda quella come è ridotta".
La verità è che non voglio nemmeno essere quella invidiata perché mangia e non ingrassa. Non me ne fotte un cazzo! Me ne sbatto di sentirmi invidiata, di sentirmi bella, di sentirmi sana! Me ne strafotto! Io non voglio essere bella! Non voglio nemmeno essere snella come le veline, secca come le modelle! Io voglio essere di più, voglio essere talmente brutta e magra che nessuno mi rivolgerà più la parola, io non voglio vivere più! Non ce la faccio, non ci riesco!
La verità è che quando vedo le mie amiche secche che mangiano e dicono "oh, mangio e non ingrasso!!" mi fanno schifo, non provo nessuna invidia! Non provo piacere nemmeno a vedere una ragazza magra, bella, ben vestita e che mangia!
Non voglio essere così! Io voglio essere brutta, voglio fare schifo! Voglio essere invisibile, voglio che nessuno mai più mi dica "Ti trovo bene!" oppure "Come sei bella!"
La verità è che ora che ho iniziato, piano, a smettere di abbuffarmi mi sono accorta che posso fare di più, posso fare quello che voglio, posso liberarmi del cibo, posso liberarmi di me stessa!
La verità è che vorrei stare male fisicamente così capirei perché sto male, perché io non so perché sto male, non lo so! Non so per quale altro motivo potrei stare male se non perché sono grassa, non conosco altro male!
Ho tutto, ma sono grassa.

Scusate lo sfogo, scusate se ho offeso qualcuno, scusate le parole, scusate il mio cambiamento di umore improvviso e stupido, ma avevo bisogno di scriverlo perché tutto questo mi stringe il petto e non mi fa respirare.

Sono troppo grassa per respirare.

giovedì 22 maggio 2014

Sono falsa, sono di terracotta, mi deformo e non mi lascio amare.

Una bugiarda. Mi sento terribilmente in colpa, mi sento stupida e cattiva. Mi fa cosi male mentire al mio ragazzo. Continuare con questo rapporto finto. In realtà sto aspettando il momento in cui sarò cosi magra da attirare la sua attenzione, così che possa accorgersi di chi sono senza spiegazioni.
Non sono brava con le parole, a voce. Solo scrivendo riesco ad esprimermi, a mostrare chi sono. Come potrei spiegargli che sono malata, che non mi conosce per niente, che non voglio guarire, che voglio semplicemente essere magra? Magra da morire, magra da fare paura? Come glielo spiego? Come potrei metterlo di fronte a questo schifo, come potrei fargli capire che non riesco ad essere diversa, come potrebbe mai credere che sono malata?
Mi lascerebbe, si spaventerebbe, starebbe con me per pietà, oppure si aspetterebbe collaborazione da parte mia, per guarire, per uscire.. Ma come spiegargli che questo è il mio bozzolo?
Con quale faccia gli confesserei che mi imbottisco di cibo senza un motivo, che soffro di disturbi alimentari da cinque anni, che non è finita e che non finirà mai?
Come potremo guardarci in faccia?
Come potrebbe capire che un giorno voglio guarire, e quello dopo vorrei soltanto morire? E se dovesse fissarmi ogni volta che mangio, se non dovesse trattarmi piu normalmente?
Il fatto è che più andiamo avanti, piu mi innamoro, piu sento che lui vorrebbe conoscermi; a volte si intristisce e non mi parla per giorni perché dice che non voglio parlare con lui di come sto, che sente che sto male ma non capisce perché... Piu mi innamoro più lo sento distante per colpa di questa malattia che mi fa vergognare come una ladra... Come faccio?
Lui non si merita questo.

martedì 20 maggio 2014

Benvenuta nel cielo dei falliti, l'altra metà.

14 giorni senza abbuffarmi. Come mi sento? Con ancora troppa strada da percorrere, con troppa possibilità di scegliere. Di sbagliare.
Vorrei che qualcuno prendesse in mano la mia vita e camminasse per me: riuscisse a coprirsi gli occhi davanti alle gambe sottili e alle spalle ossute delle mie amiche e andare avanti; capace di rispondere a tono, capace di piangere, capace di resistere.
Io invece non so cosa farmene di me stessa.
Vorrei che qualcuno mi dicesse "Ora non ti abbuffi. Non puoi farlo" o ancora meglio "ora dimagrisci" "ora non ci pensi" "ora ti siedi e rifletti" "questo non lo fai".
Odio avere tutto nelle mie mani. Odio non avere nessuno da incolpare dei miei fallimenti, odio non avere niente a cui addossare tutti i pensieri malati, contorti, nessuno a cui porre i miei obiettivi, con cui incazzarmi quando non li realizza.

Qualcuno da odiare al posto mio.

Qualcuno oltre al mio DCA. A cui affidare il mio DCA. Dire "gestiscilo tu.".

Guardo il mio corpo e MI FA SCHIFO. Mi fa orrore: mi chiedo come facciano a guardarlo gli altri; sabato sera sono andata al compleanno di una mia amica, tre giorni fa, e lei ha postato su fb le foto in cui, inevitabilmente, sono finita anche io. Una salsiccia in mezzo a tanti sottili spiedini, una polpetta, una palla. Un mostro.

[E sì, non essere così cattiva con te stessa Sybil, in fondo sei una bellissima persona e sicuramente la visione distorta che hai di te e del tuo corpo (e che hanno anche gli altri visto tutti gli infelici commenti che ricevi) non ti permette di cogliere tutto il buono che custodisci gelosamente da anni, in fondo, molto in fondo, a quello che ancora chiami corpo.]

Vorrei fuggire via. In un posto in cui non sia necessario avere un corpo. In un posto in cui la motivazione e la positività non si dissolvono di fronte ad uno stupido specchio, a due stupide cosce, a uno stupido seno.
Vorrei sparire e portare con me solo la mia testa, solo qualche libro, solo uno o due filosofi a cui parlare.
Vorrei potermi laureare in filosofia e curare i disturbi alimentari, vorrei che fosse possibile, vorrei che ci fosse posto. Vorrei essere di più, vorrei avere il mondo e non vorrei niente, nient'altro che un mucchio di acqua e terra per bere e costruire, una penna per scrivere, un foglio su cui incidere; vorrei avere un muro da sporcare, vorrei eliminare ogni specchio, vorrei potermi dare fuoco, oppure vorrei che qualcuno mi vietasse di mangiare, che mi colpisse in faccia, dritto in mezzo agli occhi con un martello, ogni volta che mi va di nutrire questo corpo ingordo con un qualcosa di più.
Vorrei tanto che fosse domani, non dover affrontare ogni giorno con la paura di buttare tutto all'aria solo perché vedo delle cosce gigantesche, un seno troppo ingombrante, delle foto vergognose; ho paura, tanta paura. Ho paura di non riuscire a vivere.

Ho paura di vivere, eppure desidero farlo con tutta l'anima; vorrei poterlo desiderare anche con il corpo. Vorrei non essere malata, vorrei non vedere un panino come un ammasso di calorie.
E contemporaneamente vorrei non mangiare mai più, vorrei non vivere mai più, vorrei non dover affrontare la tavola, gli altri, me stessa. Vorrei non dover sentire il mio peso, vorrei stare bene.

Vorrei essere come le altre, ma diversa. Vorrei potermi godere la mia età.

Invece sono triste. Tanto triste. Volevo trovare una parola che facesse più effetto di questa, ma non me ne viene nessun'altra. Io sono triste.
Sono triste come una bambina ma io non so il motivo. Niente, forse tutto. Forse mi dicono "hai tutto" ed io posso rispondere "Lo so. Ho tutto. Ma forse io non voglio tutto, io non voglio niente."
Forse vorrei che domani non diventasse mai oggi. Forse aspetto che i giorni trascorrano per poter essere vicina alla morte e non dovermi preoccupare di imparare a vivere. Forse vorrei poter scrivere ogni cosa che mi passa per la testa come casa merda schifo tetto giorno sole

ma non posso

non sarebbe altro che uno stupido gioco da matta, un modo per dare sfogo a quei pensieri nascosti dietro a CIBO e CORPO. A cos'altro dovrei pensare? Non c'è altro. C'è tutto.
Vorrei liberarmi di quel tutto, di quel niente. Essere in una bolla d'aria e scappare, ma non servirebbe a niente. Vorrei riavere i miei pensieri.

Io amo il mio cervello. Ma non pieno di tutta la merda che qualcuno chiama malattia, altri fissazione altri ancora capriccio.
Per me è merda.

Non la voglio più, ma il solo fatto di non volerla dimostra quanto lei ci sia, quanto io ci pensi, quanto sia importante. E' più importante di tutto. La odio più di quanto sono in grado di amare, la odio più di quanto dovrei impegnarmi a vivere.
Odio quella parte di me che ormai si è presa tutto, che ormai si è presa specchi e bilance, pasti regolari e piatti nel cesso, cene saltate e abbuffate.
Che torna a farmi visita quando finalmente vorrei avere la mente sgombra, libera.

Voglio guarire.
Voglio dimagrire.
Non mi interessa,
voglio essere VIVA.
Voglio essere viva senza disturbo alimentare.
Senza merda.
Senza corpo.
Vorrei tante cose
 Vorrei non avere tutto.
Vorrei avere niente.
Vorrei non avere nemmeno niente.

venerdì 16 maggio 2014

Continuo a non crollare, mi piego: non mi spezzo.

Anche perché sarebbe impossibile spezzarmi date le dimensioni del mio corpo :D.
A parte gli scherzi, sto proseguendo sulla mia strada e ho rinunciato a tentare di capire se sia giusta o sbagliata.

Tanto, dal mio corpo, non esco.

Oggi con il mio ragazzo sono andata a comprare le scarpe, e gli ho chiesto se potevamo entrare un secondo al supermercato per comprare delle tisane per me. Ho preso tisane snellenti (cagate, ma il potere dell'autoconvincimento potrebbe far calare chiunque di venti chili in un secondo, come sapete) e tè nero e ho nascosto tutto nel mio armadio (guai se mia mamma trovasse tisane snellenti, butterebbe tutto, capirebbe i miei obiettivi).
Insomma, sono cavolate queste tisane :P, ma io bevendole non mi abbuffo perché so che "sto dimagrendo grazie alle tisane".
Sono una pazza, ma d'altronde non sarei qui se non lo fossi (in fondo, a modo nostro, siamo tutte pazze!). Quindi va bene.

Come più ti piace, Sybil.

Mi vedo grossa. Sempre, sempre grossa. Possibile? Ma stranamente sono motivata. Più passano i giorni senza abbuffarmi, più sento che abbuffarsi non vale la pena, più ne ho sempre meno voglia.

Vorrei dire una cosa a tutte quelle ragazze che qui, come me, sono solite abbuffarsi, arrendersi all'istinto spaventoso di catapultarsi nel cibo:

RAGAZZE, PROVATECI. NON ABBUFFATEVI, PROVATE A NON ABBUFFARVI PER Più DI DIECI GIORNI. E' la sensazione più bella che si possa provare. Molto più gratificante di un pacco di biscotti.
E' bellissimo. Non sono magra, il mio seno è sempre una settima, forse sono sgonfia, ma la sensazione di non dover rimediare alla merda dei giorni precedenti è impagabile.
Fatelo, per favore.
Per non abbuffarmi mangio un pochino di più, ma voglio stabilizzarmi, voglio davvero smettere. Più passa il tempo, più perdo la voglia di buttarmi sul cibo.
Non voglio MAI Più sentire la pancia gonfia, svegliarmi con il desiderio di essere morta, guardare la settimana che mi aspetta come un post-abbuffata, sentirmi piena di schifo per tutti quei giorni seguenti.
Non ci penso nemmeno. Provateci. Vi faccio un esempio di D.A. Vi spaventerete per quanto mangio, ma io ho bisogno di mangiare non meno di così. Per adesso!

C: 2 nespole
4 fragole
uno yogurt alla soia --> 115 kcal
2 Weetabix --> 138 kcal

S: 2 cewingum

P: Rucola con limone
1 spiedino e mezzo di carne
peperoni in agrodolce
fagiolini
crema di spinaci
(il tutto senza fare il bis, una mini porzione di tutto)

S: 2 nespole
1/2 mela
1 biscotto ripieno Vitasnella --> 114 kcal

la cena devo farla, probabilmente ci sarà merluzzo.
Ovviamente bevo due litri di acqua minimo!
Per molte sarà tanto cibo, ma non voglio uccidere il mio metabolismo. Cerco di ascoltare il mio stomaco (che per il momento ancora non è che si faccia molto sentire :( devo comunque fermarmi io volontariamente, lui non mi dice se è sazio), che è il mio principale obiettivo, e capire cosa desidera, riprendere contatto con lui.

Ragazze, ne vale la pena. Provateci, che cosa costa? Provate a non abbuffarvi. Dite NO.

PS: sembra una pubblicità! Quella della viennetta forse u.u

mercoledì 14 maggio 2014

Resisto e costruisco.

Costruisco spazi in cui sono diversa e capace di andare oltre me stessa, oltre i pensieri malati che mi divorano.

Cerco di essere migliore, ma è così difficile... Vorrei scappare, perché sono giorni che sono triste; vorrei non dover pensare più al mio corpo, per questo vorrei essere magra. Invece ci penserò ancora di più.

Ma è distruttivo: più mi guardo più mi odio più mi vorrei diversa. Vorrei essere un'altra.

Vorrei scappare, andare lontano e lasciare le mie ossessioni in un cassetto, chiuse, lontane, a marcire e morire; le porto invece dentro come un macigno di schifo e ci convivo, ci parlo, lascio loro tempo e spazio, lascio loro libera espressione reprimendo me e guardando i miei sogni sfumare da qualche parte, lontani.

La verità è che odiarmi è la mia ragione di vita: provo un gusto perverso nel guardarmi di fianco al mio bellissimo e magrissimo ragazzo e disprezzare le mie enormi cosce, il mio seno gigantesco; la verità è che compiangermi e riuscire a controllarmi mi riempie di orgoglio, così come abbuffarmi e piangere mi colma di odio.

Nove giorni senza abbuffarmi. Uao. Sono stupita di me stessa, incredula oserei dire: tanto da pretendere di più. Non mi abbuffo e, per adesso, non intendo farlo. Per adesso? No. Mai più. Non devo, non posso, non voglio.

Io sinceramente penso che non fallirò più perché non riuscirei a ricominciare. Non potrei mai farcela.

Perciò non cado. Non saprei rialzarmi.

La verità è che sto cercando altro, sto cercando la vita, ma il mio corpo mi è di intralcio: è ingombrante, è appariscente, non riesce a passare inosservato; mentre io vorrei solo essere piccola piccola, invisibile, lontana dagli sguardi, per cercare la mia vita indisturbata e non dovermi preoccupare più di occupare troppo spazio nel mondo.
Sto cercando di fare la cosa più difficile per una pseudo-bulimica come me, ovvero non pianificare ogni mia giornata, non scandirla dettagliatamente, e non dare di matto se qualche meccanismo viene disturbato dal mondo esterno, se qualche mio progetto non viene rispettato. Di non impazzire se mia madre fa la pasta anziché il pollo.
Sembra assurdo, ma è complicatissimo. E sarà ancora più complicato trovare qualcosa che mi faccia sentire più viva e più morta del mio disturbo alimentare. Perché lui mi da tutto.
E ancora non capisco perché me ne dovrei liberare.
A volte lo desidero da morire, altre mi chiedo "E perché mai?".
L'unica cosa che mi rispondo è "Per dimagrire", solo che così non mirerei esattamente ad eliminarlo: diciamo che lo trasformerei.
"Perchè mi fa stare male" Certo. Ma mi fa stare anche tanto, tanto bene come nessun essere umano si potrebbe sentire mai in una vita intera.
Non riesco a capire perché dimagrire dovrebbe essere la conseguenza, e non il fine.
Quale sarà il mio scopo, allora?

Ho vissuto cinque anni con il medesimo obiettivo, e ogni volta ho alzato l'asticella, fino ai quarantadue chili. E poi? Poi ero vuota. Poi non mi piacevo. Poi avevo paura di me perché non mi piaceva più mangiare. Ho scritto sul mio diario in quel periodo "Voglio tornare come prima. Voglio le mie cosce grandi e voglio il mio palato che mangia per gusto, e non per nutrirsi."
Ora rileggendo quella pagina del 14 novembre 2010 mi accorgo che è esattamente l'opposto di quello che cerco ora.
La microscopica parte razionale di me sa che c'è qualcosa che non quadra: come mai non ero felice a quarantadue chili? Come mai sono voluta ingrassare di nuovo, per poi volere dimagrire ancora una volta? E poi un'altra, un'altra, e infine un'altra ancora?
Sempre quella piccola vocina dentro al cuore mi risponde che è perché sto cercando un obiettivo.
Sto cercando la felicità. Sto cercando un corpo in cui sto bene, sto cercando di costruire un'identità che sia mia, che possa difendere con le unghie e con i denti- mentre questa la darei volentieri via al primo offerente.
La cambierei con un briciolo di indipendenza: vorrei provare anche solo per un secondo cosa significa vivere senza che gioia e dolore dipendano da quanto e come mangio.
Ogni volta che sento nominare "I dolori grandi della vita" io penso al cibo, ad ingrassare, a mangiare a dismisura; quando qualcuno parla di "Vittorie", di "realizzare i propri sogni" io penso a dimagrire una volta per tutte, a potermi vestire senza piangere.

Sono prigioniera, in una gabbia d'oro. Qui dentro è tutto bellissimo: basta poco per fallire, ed è sufficiente altrettanto poco per essere al settimo cielo, con nelle mani una soddisfazione tale da riempirci una intera esistenza. Basta il cibo.
Dimagrire è un obiettivo raggiungibile, abbuffarsi un fallimento dietro l'angolo. Mentre tutte le altre cose, nella vita, si devono attendere, guadagnare, sudare, e non sono neppure così certe. Invece io so benissimo che se ingurgito un tot di calorie calerò di peso, e sono consapevole anche del contrario. E' facile. Il mio disturbo alimentare mi rende la vita facile.

Ma non mi fa vivere. Mi stringe il collo, i polsi, mi prende a calci, mi massacra e mi lascia i segni; mi sfonda il cervello, mi bombarda le ossa, mi butta a terra come un sacco a piangere davanti allo specchio accovacciata pregando un Dio che non mi ascolta perché è sordo oppure è troppo vicino per guardarmi bene, mi distrugge.

Ma il mazzo di fiori che mi porta, il modo in cui mi cura le ferite, mi accarezza, mi ascolta, mi accompagna, mi protegge è ineguagliabile. Quando mi concede un po' di pace è la pace più bella che un essere umano, ripeto, potrebbe mai sperare di provare in tutta la sua vita.
E mi fa scordare dei segni, dei calci, delle botte.

Eppure io cerco una vita diversa, altrove. Perché la cerco? Perché so benissimo che questa non lo è. Che non può essere il mio corpo il mio mirino, che non posso vivere senza esistere. Senza un corpo. Che il mio dca, per quanto mi faccia toccare il cielo con un dito e mi faccia provare il dolore più massacrante e VERO che sia possibile percepire in tutto il mondo, mi possiede completamente. E' suo il mio rapporto con gli altri, con il mio ragazzo, con il mondo, con la scuola, con tutto. E questo, lo so, non è giusto.

Lui gestisce la mia vita, perché io non sono in grado. Non sono in grado di cercarmi un'emozione più vera, un po' dura da ottenere, meno intensa, ma vera! Lui mi propone sentimenti che sono al limite dell'impossibile: una felicità sconfinata e un dolore inimmaginabile.
Ma io so che sono benissimo in grado di trovarle e viverle da sola!
Quindi so che posso farcela. Ecco il motivo per cui dovrei liberarmi di lui. Ecco il motivo per cui non mi abbufferò più.

Volevo lasciarvi con una frase de "L'ignoranza", di Kundera, che mi ero appuntata.

"Sbagliava. Tutti sbagliano quando si tratta del futuro. L'uomo può essere certo solo dell'attimo presente. Ma sarà poi vero? Può davvero conoscerlo, il presente? Può davvero giudicarlo? Certo che no. E come potrebbe capire il presente chi non conosce il futuro?
Se non sappiamo verso quale futuro ci sta conducendo il presente, come possiamo dire se questo presente è buono o cattivo, se merita la nostra adesione, la nostra diffidenza o il nostro odio?"

venerdì 9 maggio 2014

Rabbia, impazienza e motivazione al massimo!

Sono a casa, e a Torino c'è il sole. Io guardo il mio corpo e mi pongo obiettivi immensi e completamente opposti: dimagrire-cambiare mentalità, annullarmi-amarmi, distruggermi-ricompormi... e a volte vorrei riuscire a realizzarli tutti contemporaneamente, a volte vorrei svuotarmi semplicemente il cervello e riempirlo di gioia, allegria, consapevolezze, capacità, desideri. Vita.

Leggendo tutti i vostri commenti cresco ogni giorno, mi appunto i cambiamenti che dovrei apportare nel mio modo di avvicinarmi a me stessa e al mio mondo interiore, sebbene sia difficilissimo riuscire a comprendermi, rispettarmi, farmi rispettare, rispondere.

Il fatto è che tutte quelle offese da parte di mia nonna non le riesco a contestare. Semplicemente perché sono vere. Perché mi mostrerei debole. Le darei ragione (ha ragione, ma preferisco non confermarglielo). In fondo la guerra è dentro di me, e preferisco combatterla lealmente e con me stessa: vedo gli altri come una terribile minaccia. Forse questo è il punto cruciale della mia malattia: vedo la via di uscita solo in me stessa e contemporaneamente sono l'unica che si mette realmente i bastoni tra le ruote.
Alterno le mie giornate tra positività, motivazione e sconforto totale, ma non mi abbuffo. Non mi abbuffo! Questa è la cosa più importante, la più straordinaria e, per adesso, mi accontento.
Provo (e riesco) a non guardarmi allo specchio molto spesso, perché ho un obiettivo molto chiaro che mi sto imponendo, ed è quello di non abbuffarmi, e non più quello di svegliarmi magra come un chiodo (per, quindi, demoralizzarmi quando non accade e abbuffarmi).
Sul mio diario alimentare cartaceo ho stilato una lista di cause scatenanti le mie abbuffate: alcune sono stupide (il gelato dopo pranzo con il mio ragazzo: vi sembrerà assurdo ma è così, scatta un non so che e mi abbuffo tutto il pomeriggio e la sera!), altre davvero rivelatorie; questa lista può sembrare sciocca ma mi ha aiutato a scavare, scavare, scavare, e per quanto non possa esistere una precisa motivazione da eliminare (problema--> eliminazione problema--> soluzione miracolosa) ma un insieme complicato e vasto di vissuto, di pensieri, di colpe, di autocritiche eccessive, di insicurezze, so che questo è un punto di partenza, di incontro, un ottimo modo per venirmi incontro ed aiutarmi.

Cercherò di vivere. Di rendere la mia vita bella e soddisfacente, ricca; imparerò a vivere e vincere i fallimenti. Un obiettivo ambizioso e contemporaneamente splendido: rimuovere il cibo dal centro di rotazione dei miei pensieri. Voglio che diventi un accessorio, un mezzo necessario a reggermi in piedi, stare in compagnia, ma nulla di più. Gli do troppa importanza: io divoro lui e lui si sta divorando la mia vita!

Certo, non sto dicendo che non desidererò più dimagrire, e lo farò senza ossessioni: ovviamente disintegrare le ossessioni è il mio obiettivo, e dimagrire la conseguenza. E' un meccanismo difficile eliminare la magrezza come pensiero principale, non ci riuscirò domani, forse nemmeno tra vent'anni. Però posso vivere, per adesso, e imparare lentamente a fare quello che chi non è malato fa, e ama fare.

L'altro giorno ho preso il mio primo sei di italiano, il primo della mia vita. Considerato che è l'unica materia che amo, che leggo un sacco, che voglio intraprendere la facoltà più inutile e assurda che esista per pura passione, che è l'unica fonte di soddisfazione, amore, consolazione... beh, potete immaginare il mio entusiasmo.
Sono rimasta delusa.
Delusa da me stessa, dai miei propositi inevitabilmente finiti nel cesso, delusa da quella che credevo fosse una vocazione, delusa da quello che credevo essere un talento. Delusa. Per uno stupido sei. Avrei potuto e voluto piangere, urlare, lamentarmi, invece sapete che ho fatto?

Ho pensato "tanto ho ben altri progetti per me. Tanto il mio unico obiettivo è essere magra. Fanculo al voto. Fanculo, non mi lascerò sopraffare da quello che non riguarda me e il mio corpo."
Mi sono fermata e ho creduto di uscire per un secondo da me stessa: il raziocinio ha tolto proprio l'ancora. E' esattamente il contrario di ciò che voglio, che devo volere per me. Eppure mi ha confortata così tanto quel pensiero che mi sono rilassata, ho chiuso il mio libretto dei voti, la media del nove completamente rovinata, la delusione per quella che credevo essere una mia dote, la rabbia per essermi sopravvalutata, e ho pensato solo, unicamente al mio corpo grosso.
Ho pensato che c'era qualcosa di ben più grave di una media di italiano rovinata. Che c'era qualcosa di più importante del fatto che il professore avesse detto a mia mamma in un colloquio che ero così brava che mi avrebbe dato nove in pagella anche se la mia media era dell'otto e che quindi lo avevo deluso, che non poteva darmi nessun nove (come ha spiegato dispiaciuto nell'interrogazione).
Che c'era qualcosa di molto più triste.

IO SONO GRASSA.

Sono arrivata a pensare, in quei minuti di furia e cecità, che se fossi stata magra non avrei mai preso quel sei, che se fossi stata magra non sarei stata così stupida e superficiale; e ho riposto tutta la tristezza, la rabbia, il nervoso per quel voto stupido e brutto nel mio corpo.
Ed è spaventosamente servito.

SONO GRASSA.

Ho una compagna di classe che è sempre stata grassa, insomma, in carne: in due/tre mesi è diventata uno scheletro. Oggi si è sentita male, ha avuto giramenti di testa ed io ho subito pensato fosse perché mangia poco, e l'ho invidiata terribilmente: magari avessi io gli stessi giramenti, magari il mio ragazzo (come ha fatto il suo) mi accompagnasse in bagno per rinfrescarmi, magari gli insegnanti (come hanno detto a lei) mi dicessero che dovrei mangiare un po' di più, perché sono pelle ed ossa!
Un impeto di rabbia mi ha investita e completamente travolta: di nuovo ho pensato e messo al centro di tutto il cibo.

Sono stanca. Vorrei solo dimagrire. Vorrei essere sottile, leggera. Voglio tutto. Voglio tutto e non so cosa voglio, voglio stare bene. Voglio anche io stare bene. Vorrei essere magra. Essere più felice.


Vorrei ritrovarmi, vorrei stringermi io forte e consolarmi, vorrei prendermi a schiaffi e urlare che sono una scema, che sto buttando all'aria tutto solo perché a cena devo fare necessariamente il bis, perché basterebbe rinunciare a quella fetta di formaggio, ad una ventina di grammi di pasta, perché i miei obiettivi possono essere tranquillamente raggiunti come ha fatto la mia compagna (sono quasi sicura non sia anoressica, semplicemente è molto disinvolta, diciamo un po' distratta e non pensa più molto al cibo, almeno penso, ma solitamente noi con un DCA riconosciamo chi ce l'ha), con un po' di disinvoltura, eppure mi ostacolo da sola. La malattia mi ostacola.

Desidero tanto farcela. Desidero trovare il senso della vita oltre il cibo, oltre una pizza intera, oltre le calorie, oltre le abbuffate... oltre questo inferno. Lo desidero tanto. Eppure nei momenti come quelli del 6 di italiano sento che la malattia mi consola, mi aiuta, mi riempie, mi difende.

Staccarmi da lei è troppo, tanto difficile.

sabato 3 maggio 2014

Uscire dal mio corpo non mi è concesso.

Il mio compleanno è passato, ed è stato meglio di come lo immaginassi.
Non ho voglia di raccontarlo, perché oggi non è importante.
Il mio ragazzo mi ha regalato un viaggio in Campania da mia nonna.
Ed ora sono qui. Io credevo di poter fuggire da me stessa in altri posti, con altre persone, ma mi porto sempre con me.
E c'è mia nonna qui che continua a ripetere al mio ragazzo quanto è magro (lui è perfetto, magro ma con le spalle molto larghe, ed io lo invidio da morire..) e a me quanto sono cicciotta.
Ora mi chiama polpetta.
E quando siamo a tavola a me da una mozzarella, al mio ragazzo tre. A lui da' duecento grammi di pasta, a me dice "a te pochissima, tu non ne hai bisogno".
Ed io sto zitta, mi mordo le labbra, e non dimagrisco. Mi odio.
Ho lasciato un reggiseno qui a Pasqua: quando mia nonna mi ha vista ha detto "Mi sa che a Pasqua mi hai lasciato un tuo reggiseno! Mi sembrava strano che io avessi un seno cosi grande e fossi ingrassata!"
Ed io muta. Zitta a pensare che mia nonna è alta la metà di me e pesa il doppio.
Sto zitta e penso che il cammino è dentro di me, fuori dagli altri, lontano dai commenti, eppure non riesco.
Ieri per la rabbia mi sono pseudo abbuffata, diciamo che ho solo esagerato un po'...
E domani ho intenzione di digiunare. Tutto il giorno senza un grammo di cibo. Ne ho bisogno anche se so che il seno resterà uguale, la pancia e i fianchi anche, e le cosce pure.
Vorrei tanto sotterrarmi, ma è concesso solo ai morti.