mercoledì 27 aprile 2016

Il regalo più grande...

Oggi per la prima volta sono andata a trovare Riccardo al cimitero.
Sono passati quasi tre mesi, ed io, a trovarlo, ci vado solo oggi.

Lo penso tutti i giorni, ogni momento: l'altro pomeriggio facevo i karaoke dal pc e ad un certo punto compare così, senza che io lo chiedessi, il karaoke di una canzone che tanti anni fa, in prima media, Riccardo e la sua fidanzatina dell'epoca avevano scelto come "la loro canzone".
Probabilmente sono una delle poche a saperlo, perché quella estate eravamo un piccolo gruppetto di cui entrambi facevamo parte.

Comunque erano giorni che la sentivo alla radio, per caso, nei negozi... "il regalo più grande", di Tiziano Ferro, quella era.

Così quando ho visto il karaoke l'ho aperto, mi sono messa in ginocchio, in camera, e cercando di non piangere gliela ho cantata.

Oggi ho visto la sua foto sulla lapide e non so dire cosa ho provato.
Era così bello, ragazze... ma bello davvero.
Pensate che nell'ultimo periodo, durante la malattia e la chemio, lui continuava a crescere.
La mia professoressa mi ha detto che era diventato altissimo, ma così alto! E infatti come si riproducevano le cellule delle ossa per farlo crescere, così si moltiplicavano quelle tumorali.

Alla fine la massa tumorale era diventata così grande da essere visibile, sull'anca, così grossa da rompere la pelle e fare uscire il pus.

Ogni giorno che passa rileggo i suoi messaggi, guardo le nostre foto, ricordo quando eravamo vicini di banco ed io gli cantavo sempre Laura Pausini. Mi odiava così tanto, ma poi ogni volta mi chiedeva di cantare.
Continuo a scrivergli messaggi quasi ogni giorno.

Ma è come se stessi iniziando a soffrire solo adesso.

Oggi in realtà sarei dovuta andare a trovare la sua famiglia, dopo essere passata dal cimitero; stavo così male, ero così preoccupata di non riuscire a sopportare il carico emotivo che queste cose avrebbero comportato, che Richi se n'è accorto e sua mamma ha avuto un imprevisto.
Così la visita a casa loro è stata rimandata.

Ma oggi è stata una secchiata di acqua fredda stare immobile davanti alla lapide.

E' in alto, guarda in faccia alla collina. E' la lapide più alta che c'è. Prende tutto il sole possibile.
Sembra respirare.
E lui guarda lontano, in quella foto. Era un ragazzo bellissimo e non lo dico perché è morto, ma perché l'ho sempre pensato ed è sempre stato fuori dalla mia portata.

Credo sia stata la giornata più triste in assoluto.

Piano piano inizio ad accorgermi che è morto. Non risponde ai miei messaggi come faceva prima, ed io intanto penso al cibo, a quanto è stupido tutto questo, a quanto è secondario...

Non dirò molto altro qui, di lui, perché non vorrei mai imbarazzarlo; ma lui sa tante cose che so anche io e che mi riempiono di ricordi e di lacrime...

Oggi per la prima volta, dopo lezione, ho preso un caffè con quattro compagne di corso, tra cui la mia compagna del liceo.
E' stato bello, divertente... sono così intelligenti.
Probabilmente avevate ragione voi, magari posso iniziare a vivere la quotidianità... non pensavano al cibo, eppure non erano stupide.
Così poco banali, così divertenti, così appassionate, così... magre... ma che importa?
Loro non hanno guardato il mio corpo.

Comunque questa giornata finirà in lacrime; so che Riccardo tu non lo vorresti ma non ci riesco a non piangere.
Sto in camera da sola immobile davanti al libro aperto... E penso alle tue ali spezzate.
Sento un posto in cui tu sei ma non riesco a localizzarti.
E' un vuoto indescrivibile. Quando un ragazzino nasce nel tuo stesso anno, poi fate le scuole insieme fin da piccoli, è il bambino con cui giochi all'estate ragazzi... E' il ragazzo con cui inizi il liceo, con il cellulare nel portapenne... Nella sedia accanto a te...
E poi vai a trovarlo al cimitero e sulla lapide c'è scritto "6-12-1996  2-2-2016".
E quella scritta nessuno la cancella. E c'è la sua foto accanto.
L'unica cosa che ho pensato davanti alla sua lapide è stata: "Chissà se quando gli hanno scattato quella foto si immaginava che sarebbe stata la foto sulla sua lapide".
E certamente non se lo immaginava.

E' stato talmente triste vederlo lì, e poi è stato triste incontrare il fratello, di un anno più grande, che andava a trovarlo al cimitero.
Un ragazzino di 19 anni. Almeno altri dieci anni di vita.. almeno il tempo di innamorarsi... almeno il tempo di cominciare a vivere.

Nessuna parola renderebbe giustizia al suo dolore.

La canzone di Tiziano Ferro dice:

E se arrivasse ora la fine
Che sia in un burrone
Non per volermi odiare
Solo per voler volare
E se ti nega tutto quest'estrema agonia
E se ti nega anche la vita respira la mia


Per questo ho pensato. "Respiro la sua vita." Ed ho deciso di andare a trovare i suoi genitori, visto che è tanto tempo che me lo chiedono tramite la mia professoressa.

Respirare la sua vita.. quanto sarebbe bello riuscire a respirare la mia per lui, invece di disprezzarla.

venerdì 15 aprile 2016

Peso: 64.8

Dopo l'esonero di lunedì scorso mi sono messa più o meno in riga.
Questa settimana ho camminato tutti i giorni 45 minuti, ho fatto un'ora di cyclette qualche volta, ed ho mangiato.
Tranne ieri.
Ieri mi sono svegliata e pesavo 66,1.
Così ho pensato che, dopo una colazione con un muffin fatto da me e mia sorella e del latte di soia, avrei potuto saltare il pranzo e poi la cena.

La mattina così sono andata in università a farmi spiegare da un mio compagno alcune cose per l'esame e, ad un certo punto, senza che me lo aspettassi, lui mi ha chiesto di pranzare insieme.
"Io ho il pranzo da casa, ma andiamo a cercare qualcosa per te! Se  vuoi il kebab andiamo qua, se vuoi questo andiamo di là.."
Non vi dico la vergogna. Per lui sarebbe stato normalissimo se io mi fossi mangiata un kebab a pranzo davanti a lui, mentre a me sarebbe sembrata solo un'enorme porcata.
Così ho declinato gentilmente questa proposta e gli ho detto che conoscevo un posto dove solitamente pranzavo.
Abbiamo camminato un po' chiacchierando e poi siamo entrati nella Focacceria Ligure. Ho ordinato senza nemmeno pensarci una fettina di farinata, ho speso 1€, e lui è rimasto sconvolto. "Ma solo quello mangi?"
Ed io ho risposto le solite stronzate: che faceva caldo, che avevo poca fame, che ero tesa per l'esame di martedì.
Insomma, talvolta due estati fa saltavo il pranzo e restavo digiuna fino a cena; pensavo anche che dopo tante abbuffate sarebbe stato il minimo che avrei dovuto fare mangiare un pezzetto di farinata.
Per molte di voi forse sarà anche troppo!

Abbiamo poi continuato a studiare, e verso le 14 ho preso il treno per tornare a casa.
Sono andata a camminare un'ora, poi ho mangiato due kiwi e mezza mela.
A cena ho preso un po' di pane fatto in casa da mia nonna e un quarto di frittata.

Ragazze, non ci crederete: avevo i crampi della fame.

Mi ha spaventata questo: due estati fa digiunavo praticamente sempre! Mi sono veramente ridotta così? Eppure non ho digiunato, anzi!
Quella farinata era unta di olio, e nella frittata c'era l'uovo, per non parlare del pane!
Mi sono resa conto di essere cicciona: i ciccioni hanno fame, no?? Quelli con lo stomaco enorme, no?! Come si può avere così tanta FAME? La sera sono uscita per andare in Oratorio e mi sono contorta tutta la sera dal dolore allo stomaco: avevo i crampi fortissimi.
Li ho avuti fino a quando non mi sono messa a dormire.

Però... questa mattina la bilancia mi ha regalato un 64,8, e mi sono pesata dopo aver fatto colazione perché prima c'era mia madre in casa.
E' un peso stratosferico però è quasi quello che un mese fa ero riuscita a raggiungere (64.5).

Sono in fibrillazione da tutto il giorno.
Ho pranzato con un po' di pesce lesso, delle verdure, e mi sono anche concessa 36 grammi di crostata alle ciliegie.

Ci credete che questa settimana contavo di abbuffarmi? Ho fatto di tutto per evitarlo: ho guardato video su youtube, ho studiato ascoltando musica per distrarmi, sono andata a camminare... La cosa che mi ha aiutato di più (suggestione, verità, ognuna pensi cosa vuole) è stato leggere il Vangelo. Mi sono detta che se avessi avuto l'impulso di abbuffarmi avrei letto una pagina di Vangelo: e così ho fatto (sono arrivata a metà, pensate voi quante volte è successo...).
Ragazze, ho perso praticamente 1 kg! Ok, era un kg probabilmente di abbuffate, eppure io l'ho perso in pochi giorni!
Credevo che i kg recuperati con le abbuffate li avrei tenuti per altri mesi addosso!
E così mi sento benissimo, già mi immagino i prossimi 5, 6, 7, 15 kg... mi immagino magra, immagino di mangiare sempre meno, ho comprato il latte di mandorla che ha 25 kcal ogni 100 ml... quanto potrà durare tutto questo?

Sono felice di essere felice, oggi riesco a vedere il sole, riesco a godermi il pomeriggio di studio che mi aspetta, eppure dentro di me c'è qualcosa di molto doloroso, e sospetto sia la consapevolezza che a provocare tutto questo è stato un numero sulla bilancia.
La consapevolezza che è andata così un milione di volte: ed un milione di volte è finita nello stesso modo.
Fino a ieri ero depressa, sconsolata; un numero più basso, nuda, sulla bilancia, è riuscito a cambiare tutto.

Penso e ripenso al commento di Lux (quando l'ho letto mi sono commossa): questo grasso è un grasso che non se ne andrà mai perché è di un altro grasso che voglio sbarazzarmi; eppure mi illudo che quello che sto provando adesso potrebbe darmi davvero la felicità che cerco.

E con tutta la mia anima non desidero nient'altro.

lunedì 4 aprile 2016

Eppure è l'unica cosa che non faccio.

Oggi ho una fottuta voglia di spaccare tutto.
Ho voglia di tagliarmi, ma ho paura del sangue eppure ci sto pensando di continuo.
Tagliarmi le vene e vedere cosa succede.

In una settimana ho preparato un esame di 600 pagine, ieri ho fatto le 4 di mattina e alle 7 mi sono svegliata per andare a dare questo benedetto esonero.
600 pagine contate, gestite in 7 giorni.
Ho mangiato come un maiale, naturalmente, ma poi alla fine quelli che importano sono i risultati, giusto?

Ed oggi per farmi un po' del male ho iniziato a rivedere le foto del 2012, quando ero così magra porco schifo che ora che guardo le foto mi faccio paura e invidia, eppure non succede niente.
Non si dimagrisce guardando delle foto, nemmeno abbuffandosi, come qualcuna di voi mi aveva anche detto; eppure mi meraviglio che il mio peso non scenda nonostante tutto.
è come un diritto per me dimagrire, e dovrei averlo anche se non assolvo i miei doveri.
Non funzionava così?

Perché l'uomo sceglie quello che lo rende infelice?

L'ho studiato in parte per questo esame, ho letto il Saggio sull'intelletto umano di Locke.
Lui dice che l'uomo sceglie ciò che lo rende infelice per due motivi:
il primo è che è troppo impegnato a liberarsi dal disagio che lo opprime nel presente per preoccuparsi di inseguire la felicità vera e piena;
poi perché sottovaluta il male ed il bene futuri, e crede che non valga la pena di faticare per inseguire un piacere duraturo, rinunciando a quello momentaneo che sta provando, oppure pensa che il dolore di cui ora è impegnato a liberarsi sia il più alto grado di dolore possibile, e che in futuro non lo proverà mai più di così.
Naturalmente in questi calcoli si sbaglia, e così con l'infelicità futura paga i suoi errori.

E poi Locke spavaldo dice che per quanto la felicità dell'uomo possa essere grande, egli non ne sentirà nemmeno una briciola qualora si trovasse impegnato a liberarsi di un disagio presente; perché il disagio presente sarà sempre, sempre più grande di qualsiasi bene immenso e infinito che gli si possa trovare accanto.

Infatti io, per mettermi Locke sotto i piedi, non riesco a vivere e mai ci riuscirò finché non mi sarò liberata da questo mattone: il mio peso.
E non c'è bene che mi possa attrarre, non c'è amore, vita, gioia, speranza che possa salvarmi e distrarmi da questo costante e faticosissimo impegno, finché io avrò perso tutto questo peso.

Così guardo le vecchie foto in cui ero bella, pulita, con la faccia magra e non questo pallone di ciccia che mi ritrovo; in cui mettevo le magliettine strette e le tette non sembravano due persone di 30 kg ciascuna che mi penzolavano dal petto.

Per estrema crudeltà nei miei confronti ho messo come immagine del profilo di whatsapp proprio una foto in cui non ho tette, in cui il viso è sottile, così da mostrare ai miei compagni di università sul gruppo come sono veramente.
Per mostrarlo a tutti.

Come sono scema...
Eppure io darei la mia vita per tornare così.
Mi ammazzerei adesso se questo dovesse servire a farmi tornare come ero. Non ne posso più di questo corpo, di questo schifo, voglio solo sotterrarmi e poi dissotterrarmi quando sarò stata senza cibo abbastanza a lungo da essere uno scheletro.

Vorrei essere così magra, ragazze...
E' l'unica, l'unica cosa che voglio davvero.
Il desiderio che esprimo quando spengo le candeline, quando inizia l'anno nuovo, quando vedo una stella cadente, in qualsiasi occasione in cui chiunque altro si augurerebbe la salute o l'amore.

Ora ho così voglia di urlare, di piangere, di prendere a pugni il muro e di smetterla di scrivere un post che sembra di una bambina di 12 anni...

ma questa è la pura è semplice verità:

voglio esclusivamente dimagrire
eppure è l'unica cosa che non faccio.

PERCHE'?

mercoledì 16 marzo 2016

E non è buio ancora.

Oggi nevica, è il tempo perfetto per scrivere un po'.
Ieri è stata una giornata devastante, la mia depressione ha raggiunto picchi molto elevati; ho mangiato e vomitato più volte, e poi ho cercato di far finta di niente ed ho mangiato le fragole.

Ieri mi sono sentita morire, e sicuramente non era così, non sono morta per niente, non muoio mai, e muoio ogni volta un po' di più.
Una mia ex compagna di scuola ha messo su una associazione, In Punta di Cuore, per aiutare le ragazze affette da disturbi alimentari.
Ieri l'hanno intervistata in tv, poi ha tenuto più conferenze a Torino per sensibilizzare la gente. Ogni tanto mi scrive perché sa di me, ma il suo disinteresse è delicato ed evidente.
La tipica persona che a furia di guardare lontano non vede cosa sta davanti alla punta del suo naso.
Le avevo consigliato di leggere alcuni blog che le avevo allegato, per aiutarla in questo progetto, e lei li ha aperti dopo quattro mesi che glieli avevo inviati.
Mi fa così ridere tutto ciò, è il riassunto del mondo che calpesto: tutti vogliono salvarlo, e poi non raccolgono la cartaccia che gli giace accanto ai piedi, sulla strada.

Odio questa associazione e lei, ma so che non è solo per questo motivo.
Non è solo per il suo guardare così lontano, alla televisione, alle conferenze, alle chiacchiere, al rumore, senza essere capace di leggere il cuore di una persona che le sta vicino; ma soprattutto per il suo "essere guarita dall'anoressia".

Ieri ho pensato tutto il giorno alla guarigione: sarà per le frasi ipocrite di speranza postate da gente ignorante in materia, sarà per i mille post di questa mia compagna su questa dannatissima associazione, sarà per la gioia condivisa da ragazze "fuori dal tunnel"; ma mi sembrava di essere l'unica al mondo a pensare che guarire fosse impossibile.

L'ho pensato soprattutto, naturalmente, mentre mangiavo e vomitavo; piangevo e vivevo intensamente quello strazio, quella vergogna, quel dolore nei versi che facevo e nel petto che scoppiava; e se da una parte sentivo di essere l'unica ad aver scoperto che la guarigione non esiste, dall'altra - ed è la seconda ragione per cui detesto l'associazione e quella povera ragazza che l'ha fondata - mi sentivo come un bambino che gioca con i suoi amici alla caccia al tesoro: tutti gli altri lo hanno trovato, questo tesoro, mentre lui ha attraversato cortili, si è sbucciato le ginocchia, ha scavato sotto la terra, e non ha trovato ancora niente.
E mi sento come se tutti, attorno a quella me bambino, guardandomi mentre cerco, mi dicessero "è facilissimo: ma come fai a non trovarlo?" senza che nessuno mi desse una mano a cercare.
E soprattutto sento nelle mie lacrime le lacrime di quel bambino frustrato: che gli altri abbiano trovato un tesoro che non è lo stesso che cerco io?
Che io l'abbia già trovato, quel tesoro, ma che l'abbia scartato subito perché non pensavo fosse un tesoro, così povero, così arrangiato, così poco convincente?

Che la guarigione fossero quei 5 chili presi 4 anni fa, che non ho saputo accettare, che ho scartato, che mi hanno portata a vomitare?

Non ho saputo vederla, la guarigione che tutti decantano?
Forse l'ho attraversata, come quando cerchi un luogo che ti indicano, lo sorpassi e continui a camminare per anni e anni convinta che questo luogo non esista, che ti abbiano presa in giro.

Mentre vomitavo, ieri, pensavo che fosse assurdo pensare ad una vita senza questo dolore lacerante così radicato, così comodamente accasato, così perfettamente inserito.
Mentre vomitavo pensavo che fosse una presa in giro quell'associazione per me che dopo 7 anni ancora mi ritrovavo a mangiare latte e biscotti in quindici secondi e vomitarli in mezz'ora, una presa in giro. Come si può veramente credere che dopo tutti questi anni io potrò davvero non abbuffarmi e vomitare più?
Non c'è più nulla di nuovo, e forse cinque anni fa avrei potuto pensare "Sta mattina sto meglio, wow, figo! Potrei guarire davvero!"; perché ormai l'ho pensato così tante volte e così tante volte il giorno dopo mi sono ritrovata al supermercato a riempirmi di roba, sola con me stessa, che non ci credo più che ci possa essere una svolta epocale.
Forse per chi è malato da uno, due, tre anni, come questa mia compagna, può valere questo giochetto; ma dopo 7 anni è davvero ridicolo anche solo immaginarlo.

Ho confuso le cose, lo so; prima dico che la guarigione non esiste, poi dico che esiste dopo pochi anni di malattia, poi dico che la malattia non esiste.
Infatti tutto ciò non ha senso.

Solo mi sento tanto quel bambino, ogni volta che una ragazza scrive "Sono guarita" e manifesta il suo entusiasmo; mi sento quella persona che ha passato il luogo in cui doveva andare e non lo troverà mai; così inizio a giustificare il bambino frustrato che è in me dando la colpa della mia vana ricerca agli anni che sono passati.
Forse non importa quanti anni vai avanti, se hai già superato la destinazione.

Ieri sera, tanto per rivestire il ruolo di functional bulimic, sono andata al bellissimo concerto di De Gregori.
Vi lascio con la sua traduzione di una canzone di Bob Dylan, sperando che per voi vada meglio.

Scende la sera,
è tutto il giorno che sto qua.
Troppo caldo per muovermi
e il tempo se ne va.
Sento che la mia anima ...

non mi abita più
e so che sta per piovere,
il cielo sta venendo giù.
Certe ferite non guariscono,
però col tempo le dimenticherò.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.


Ho buttato nel secchio
la mia parte migliore.
In ogni bella frase
c'è un senso del dolore.
Lei mi ha scritto una lettera
così dolce, compita.
Raccontava in poche righe
ogni attimo della sua vita.
Cosa dovrebbe fregarmene?
Francamente non so.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.


Ho girato in lungo e largo,
visto niente di speciale.
Sono sceso lungo il fiume,
sono arrivato al mare
in un mondo di chiacchere
e una montagna di fumo,
senza mai cercare niente
negli occhi di nessuno.
E il peso che mi porto appresso
è l'unica ricchezza che ho.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.


Sono nato senza chiederlo,
senza volerlo morirò.
Sembra che mi stia spostando,
ma sono immobile da un po'.
Ogni pezzo del mio essere
è muto e svuotato,
chissà da che scappavo
e dove stavo andando
quando sono arrivato.
E credo di sentire una preghiera.
E mi potrei sbagliare.
E oppure non lo so.


E non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po'.




martedì 8 marzo 2016

Centro.

Oggi è martedì.
Venerdì sono partita per Milano per andare a trovare mia cugina che vive lì per studiare.
Inutile dire che ho provato ad essere spensierata con il cibo, inutile dire che nonostante gli sforzi non ci sono riuscita; inutile dire che qualche caffè con la panna e qualche pancake di troppo hanno fatto scattare quella vecchia vocina che da tre anni ormai urla dentro di me quelle fottutissime parole insopportabili:

tanto ormai.

Sabato sera sono ripartita per Torino, e contro ogni manifestazione di intelligenza ho divorato un pacco di biscotti che mia cugina mi aveva dato "se avessi dovuto avere fame" e che invano avevo tentato di rifiutare.
Poi sono scesa alla stazione dove avrei dovuto prendere un altro treno e, nell'attesa, ho prelevato alle macchinette due tramezzini di quelli schifosi e grassi, una merendina di quelle che mai avrei mangiato se fossi stata in me, ed ho divorato tutto (contemporaneamente, ragazze: un morso di tramezzino, un morso di merendina - per compensare dolce e salato e non stufarmi né dell'uno, né dell'altro).
Sono salita sul treno e mia sorella mi chiama dicendomi che aveva ordinato le pizze, i miei non c'erano, ed io sono stata presa dal panico immediatamente: come avrei fatto a mangiare la pizza?
Avevo mangiato un muffin con del caffe alla panna un'ora prima di partire, un pacco di biscotti, due tramezzini enormi farciti, una merendina nel giro di due minuti, senza vomitare; come avrei spiegato che non avevo fame per una pizza?
Io desideravo la pizza (naturalmente)!
DOVEVO VOMITARE.
Così sono scesa dal treno disperata; nel buio mi sono incamminata verso il bagno che è dentro la stazione ma era chiuso, così ho cercato un cestino in cui poter vomitare; ho seriamente pensato di vomitare per terra, come gli animali, tanto non c'era nessuno; qualsiasi cosa per potermi liberare di tutto quello schifo che mi separava dalla pizza.

Ero come morta dentro, non ero in me: avrei dato tutto pur di vomitare almeno un po'.

Mentre pensavo e cercavo, ho visto la macchina del mio ragazzo in lontananza; ho realizzato, sono tornata in me, ho pensato che fosse finita, che non avrei potuto vomitare, ma poi ho pensato che avrei potuto vomitare a casa, anche se c'erano mia sorella e lui.

Per fortuna non ce l'ho fatta, ero certa mi avrebbero sentita, e non voglio deludere il mio ragazzo dopo un'estate che aveva trascorso a sentirmi vomitare in bagno dopo che mi ubriacavo, o dopo cena a casa sua, o a casa degli amici.
Non voglio tornare indietro, non voglio tornare a vomitare così, due tre volte al giorno, bere e vomitare vino da cucina con le dita in gola, o pane e olio in vacanza in Liguria nel mezzo della notte.
Non voglio tornare a quello, non voglio trovarmi a casa da sola la sera dopo venti giorni in cui non mi abbuffo, mangiare un pacco di biscotti spalmati con il miele, legarmi i capelli, solito rituale della carta igienica nel gabinetto per non far schizzare (eh sì, ho dovuto perfezionare questa tecnica...) e trascorrere la serata sul cesso.
Non voglio più.
Questo ultimo anno sono ingrassata smisuratamente, è vero; però ho nettamente ridotto gli episodi di vomito autoindotto; talvolta quando mi abbuffo è automatico vomitare per me, ma lo faccio con meno frequenza e soprattutto meno che posso.

Non ho vomitato.

Però ho mangiato tutta la pizza (sapete che il binge dilata lo stomaco, abbiate pietà di me..), e poi sono andata a casa di amici a guardare un film con il mio ragazzo.

Però mi sono rotta le palle, e ieri ho richiamato il centro.
Ero certa che di nuovo non avrebbero risposto; invece mi ha risposto una signora scortese, purtroppo; ha esordito con un "Mi dica".
Mi tremava la voce e le parole uscivano in automatico.
"Volevo sapere per prenotare una visita al centro come devo fare..."
"Che tipo di problema ha?"
Come una stupida bambina ho risposto "Un disturbo alimentare", come dire "Ciao come ti chiami?" "Sì, ho un nome!"
...
Lei allora mi ha apostrofata: "Sì, ma che tipo di disturbo alimentare", scocciata.
"Bulimia", le ho risposto.

Non sapevo cosa dire, in realtà. Se dovessi descrivere cosa ho io risponderei sempre

"Anoressica. Sono anoressica. Nella mia testa peso 40 chili e voi mi dovete aiutare. Non voglio mangiare, rifiuto il cibo, nella mia testa digiuno ed ho le ossa che escono. Aiutatemi a capire perché vorrei ridurmi così. Non considerate il fatto che peso 70 chili. Per favore, considerate che nel mio cuore e nella mia testa io desidero ridurmi uno scheletro pelle e ossa e lasciarmi putrefare in solitudine."

Ma non funziona così.
Funziona che "In cosa consiste la bulimia?".
In un'interrogazione, consiste, troia.
Secondo te chiamo un centro per disturbi alimentari, ti dico che ho la bulimia dopo sei anni che soffro come un cane e finalmente mi decido navigando nella vergogna e nella resistenza a chiedere aiuto, e mento???
Mi invento che ho la bulimia?
Così, data la domanda di interrogazione, le ho risposto proprio come c'è scritto sul Wikipedia: "Per bulimia intendo abbuffate per almeno tre volte a settimana per sei mesi consecutivi con condotte di eliminazione quali vomito autoindotto, digiuno o sport eccessivo".
"Ok, bene. Ora mi dia pure i suoi dati. Nome. Cognome. Indirizzo. Data di nascita. E ora scelga in che condizione si trova: sottopeso, normopeso, sovrappeso."

Sapevo cosa voleva significare, ma ho deciso di non mentire.
"Leggero sovrappeso."

E poi, la risposta che aspettavo: "Le tempistiche sono parecchio lunghe, parliamo di mesi, perché siete tante. La richiameremo."

Questi maledetti 65 chili mi faranno morire. So cosa significa la lista di attesa, lo so bene; equivale ad un "non ti richiameremo mai".

Non è colpa loro, è vero, siamo tante, non possono farci nulla; poi a Torino, alle Molinette, uno dei centri più richiesti; ma stabilire chi passa prima in base al peso è una profondissima ingiustizia.
Non so se si aspettano che tutte ci riduciamo a scheletri ad un passo dalla morte, e solo allora saremmo ascoltate...

Ho chiuso il telefono e mi sono messa a piangere.

Lo sapevo e peggio ancora sapevo che fosse giusto così.
Io lo SO che è giusto che venga messa in cima alla lista una poveretta di 40 chili che non si regge in piedi; quello che non accetto è che è bastato che dicessi "sovrappeso" (ma anche se qualsiasi bulimica avesse detto "normopeso" sarebbe stato uguale) e sbam: il termine bulimia è sparito, il contesto "Disturbo alimentare" è sparito pure lui, insomma, solo peso peso peso.

Probabilmente quella poverina era solo un'infermiera che a malapena ha sentito parlare di DCA, figuriamoci se per lei è importante che vomiti o non vomiti, ti abbuffi o non ti abbuffi, ti sfondi di cyclette o meno, restringi per settimane per perdere i 300 chili accumulati con quella roba schifosa di cui ti sei imbottita; probabilmente ero una delle migliaia di ragazze che oggi avrà chiamato quel centro, e lei era stanca, voleva solo andare a casa.

Comunque sono contenta di aver chiamato. Dopo l'ultima esperienza con il vomito e i pensieri di sabato sera e le abbuffate spaventose di questi giorni, io voglio solo provare a darci un taglio.
Pensavo di farcela da sola, un po' lo penso anche adesso, ma oggi ho realizzato che io il mese prossimo compio 20 anni, ed il mio disturbo alimentare
ne compie 7.

Euridice scrisse un post meraviglioso per i 7 anni del suo dca, quindi eviterò di ripetermi, andate a leggere il suo che è chiarissimo, vero e toccante;
solo voglio sottolineare che è praticamente come se io stessi crescendo un figlio.
Un bambino di 7 anni che quest'anno andrà alle scuole elementari: come potrò permettere che me lo strappino via dal cuore?
Penso in continuazione al mio dca come ad un figlio.
Però poi penso a Riccardo, a cui mando messaggi ogni giorno, per cui non riesco mai ad addormentarmi prima delle due di notte, quando mi arrivò quel maledetto messaggio: penso che se lui avesse avuto la fortuna di mettersi al mio posto, avrebbe lottato con le unghie e con i denti come ha fatto contro il suo cancro.
Lui mi disse "non smettere di scrivermi" ed io non lo farò mai.
E prenderò in mano la mia vita, forse.
Tra cinque o sei mesi, quando mi richiameranno dal centro, insomma; dopo 7 anni di questa romantica storia d'amore tra me e mio figlio, il mio dolcissimo e capriccioso bambino, io ho deciso di farmelo portare via.

A volte mi chiedo se sia davvero la strada giusta.
Non voglio perdere la mia intelligenza, perdendo la bulimia. Non voglio perdere la mia ironia, non voglio perdere la mia disperazione. Non voglio perdere il mio disturbo alimentare.
Voglio dimagrire (forse anche guarire.....), ma non so se riuscirei a vivere senza abbuffarmi, senza restringere dopo, senza vomitare. Non lo so.
Ma devo provarci, per Riccardo.

Devo provare ad affrontare le situazioni, anche quelle inesistenti, senza l'abbuffata e il vomito, la cyclette, o qualsiasi altra cosa..

Ci tenevo a raccontarvi questa novità.

Un bacio!


mercoledì 2 marzo 2016

Schizofrenia, bulimia e incontri positivi!

Alle scuole medie avevo un amico a cui volevo molto bene; era un po' strano, lui diceva di essere strano perché era polacco.
Ho fatto conoscere questo ragazzo ad una mia amica, A., e si sono messi insieme standoci per due anni interi, che alle medie era un grande traguardo.

Dopo due anni lei mi ha chiamata piangendo a dirotto: lui l'aveva picchiata violentemente, poi il giorno dopo si era presentato a casa sua con un occhio nero che il padre adottivo gli aveva fatto quando aveva tentato di accoltellare sua nonna.
A. piangeva e mi diceva che lui si era scusato dopo averla presa a calci per terra, ma che lei lo aveva cacciato di casa sebbene lui sembrasse sinceramente dispiaciuto.

Quella volta io e lei uscimmo per parlare, cercai di consolarla; dopo qualche giorno mi disse che Davide era stato rinchiuso in una clinica in Liguria per schizofrenia.

Davide era schizofrenico, e non lo avremmo rivisto mai più.
Qualche volta lui mi ha chiamata invitandomi ai suoi concerti a Milano, naturalmente immaginari, con una certezza spaventosa nella voce.
Poi non mi ha scritto più, anche se continuava a scrivere su fb per pubblicizzare i suoi concerti e dichiarare il suo amore ad A, che oramai di lui non poteva e non voleva saperne più.

Lui ha tutt'ora questa malattia mentale, e per tutti noi, per tutti noi che non abbiamo la schizofrenia, è fuori del comune sentire una persona che è convinta di addomesticare cavalli (che non ci sono) e fare concerti (che non esistono).
Noi se vediamo qualcuno che fa qualcosa di simile pensiamo immediatamente che abbia qualcosa che non va, che non sia "normale".

Ho pensato a questo mio vecchio amico oggi, mentre aspettavo il treno per tornare a casa da lezione. Ero seduta accanto al mio binario, e mangiavo tutte le rimanenze dell'abbuffata enorme di ieri: finivo dunque
-un pacchetto di wafer da 200 grammi
-un pacchetto di Pringles
-dei biscotti al cocco;
roba che mi sono dovuta portare nello zaino insieme al quaderno degli appunti per non rischiare che mia madre a casa li trovasse.
Stavo ad aspettare il treno e li mangiavo con estrema calma, guardandomi intorno con aria indifferente; quando all'improvviso ho visto sul binario di fronte al mio una mia compagna di università.
Non abbiamo mai parlato (io non parlo con nessuno, non conosco nessuno, non ho socializzato con nessuno), però di vista io conosco lei e lei me.
Ogni tanto gettava il suo sguardo distratto verso di me, seduta sul binario, a mangiare Pringles mentre mi ero ripromessa che oggi non mi sarei abbuffata e avrei invece buttato tutto il rimanente, mi guardava così, di tanto in tanto.
Ma io ero sicurissima non pensasse niente: né che sono bulimica, in realtà, perché poi pedalo tutti i giorni seguenti, oppure vomito tutto il possibile, né che mangio per disperazione di non si sa bene cosa, né che ho provato questa stessa mattina tre volte a contattare un centro DCA qui a Torino che non mi ha mai risposto.
Niente, mi guardava ed ero una persona che mangiava delle Pringles, come magari voi siete delle ragazze che mangiano una mela, insomma nessuno penserebbe mai che quella è l'unica cosa che mangerete oggi, come nessuno ha pensato che io mi stessi abbuffando da ieri tutto il giorno e che poi sarei andata a casa a continuare.

Mi è così venuto in mente il mio amico schizofrenico: non ho certo la schizofrenia, il mio dca mi permette di non picchiare le persone e non vedere cavalli, però ho una malattia mentale anche io, eppure, giustamente, nessuno se ne accorge.

MI ha fatto riflettere tantissimo tutto ciò: io sono bulimica, lo so benissimo, so benissimo che non riesco a fare a meno mai di pensare al cibo, so benissimo che da sola non riuscirò mai a smettere di abbuffarmi, so che quando vomito mi propongo di non farlo più e poi ogni volta, almeno un po', devo farlo per poter ricominciare a mangiare, per sentirmi vuota, per sentire il dolore all'esofago che mi ricorda che ho sbagliato anche questa volta, che non avrei dovuto farlo, che sono uno schifo totale, che sono destinata a piangermi addosso in eterno; lo so, conosco questa storia a memoria: eppure anche se io sono bulimica faccio la cosa più naturale del mondo: mangio.

Non ero alla stazione seduta sulla panchina a bucarmi, eppure la mia è una dipendenza esattamente come la droga; non ero alla stazione ad urlare e camminare a caso dicendo cose a caso come quel signore ubriaco dell'altro giorno, eppure la mia è una dipendenza esattamente come quella da alcol; come ho già accennato, non ho assalito nessuno picchiandolo a sangue perché credevo fosse un orso e che io fossi in una foresta, eppure la mia è una malattia mentale al pari della schizofrenia.
L'unica cosa meno normale della mia malattia mentale è il fatto che io vomiti, il fatto che io faccia tre ore di cyclette un giorno e quello dopo mi sfondi di cibo, di nuovo, mandando silenziosamente a me stessa le peggiori maledizioni; per il resto, io mangio, mi nutro come chiunque, poi faccio la spesa come tutti, come ieri che ho comprato 14 euro di minchiate e nessuno, nessuno anche se una bulimica è sempre tentata di pensarlo e crederlo, nessuno mi guardava con malizia pensando che quella roba sarebbe stata tutta per me; insomma, per il resto sono identica a tutti gli altri.

Il mondo della mia malattia (se esiste, poi) è tutto nella mia testa e non si vede affatto, e la mia compagna di università mi guardava forse pensando "anche io ho voglia di Pringles, magari la prossima volta me le porto".

Insomma dopo queste riflessioni inutili, sentite e risentite, volevo accennarvi che sabato conoscerò Minerva che viene a Torino a trovarmi; e soprattutto una cosa che qui sul blog non ho mai scritto ma che è bellissima: tantissimi mesi fa ormai ho conosciuto Elisa (le bombe non tornano indietro) ed ora ci vediamo più o meno regolarmente prendendo caffe in circa tutti i bar di Torino :)
L'unico aspetto positivo della malattia è questo.
Ogni volta che io ed Elisa ci vediamo ridiamo dal primo all'ultimo secondo, perché avere la bulimia è piuttosto comico, e non sono l'unica che nasconde il cibo in posti improbabili :')
Non l'ho mai accennato, però mi sembra doveroso visto che trascorro il mio tempo ed uso il mio spazio esclusivamente per lamentarmi!
:D
Insomma non avrei mai creduto di conoscere seriamente qualcuno in internet, e soprattutto attraverso la mia maledetta malattia!
Io e Kiki ormai da quasi un anno parliamo tutti i giorni (diciamolo, siamo passate direttamente agli audio di ore ed ore!!) e come vi ho detto io ed Elisa ci vediamo quasi ogni mese!
Insomma, per una volta un mio post si conclude con un grosso GRAZIE a tutte voi che commentate, ad Elisa che mi sopporta anche di persona, a Kiki che ogni giorno si sorbisce qualche mia lagna!

Questa conclusione sembra di quelle fastidiose dei programmi tv e dei concerti, in cui si ringraziano tutti...

:)

domenica 21 febbraio 2016

Schifo

Se non scrivo impazzisco.
Il mio professore di filosofia morale dice che una persona inizia a scrivere quando il suo discorso interiore diventa troppo lungo e in testa non ci sta più, ed è come se sentisse l'esigenza di continuarlo sulla carta.
Mi piace questa immagine, come quando scrivi tanto tutto su una riga e poi continui sul tavolo quando il foglio non basta più.

La noia, di Alberto Moravia, riporta un passo, all'inizio del libro, in cui il protagonista riflette sulla sua condizione di Noia, di non comunicazione tra lui e gli oggetti che lo circondano, e lo riconduce al suo essere ricco.
Ecco quando ho iniziato a leggere quel passo mi sono messa a piangere, l'ho letto riletto e riletto ancora e mi sono chiesta come fosse possibile che in quel libro ci fossi io così prepotentemente presente in ogni pagina, nella storia del possesso, nella storia del fallimento, nella storia dell'attaccamento morboso a Cecilia Rinaldi, nella pittura, nella tela stracciata, nel tentativo di suicidio e sì, nella causa scatenante di tutto, la ricchezza.

E oggi penso più che mai a quel libro straordinario, ci penso quando mia madre mi dice che oggi non possiamo fare la spesa perché papà si è arrabbiato domenica scorsa che abbiamo speso troppo.
Domenica scorsa abbiamo speso troppo, abbiamo comprato detersivi, cibo, frutta, verdura, formaggio.
Abbiamo speso 80€ domenica scorsa.
Per la settimana. Per tutta la settimana, comprese tinture e detersivi.
Sapete che compriamo le pizze surgelate perché ordinarle costa troppo e almeno quelle surgelate sono 3 per confezione e costano 4€?
Lo sapete che facciamo veramente questo?

Sapete che veramente mio padre ha tolto il bancomat a mia madre? Forse già ve lo avevo detto.
Ora io non so quanto una famiglia debba spendere al mese di cibo; l'unica cosa che so è che mio padre l'ultima volta con quella spesa da 80€ ha infuriato, si chiede come sia possibile che non ci facciamo bastare i soldi ogni volta.
Non andiamo mai dal parrucchiere perché lui non vuole, mia mamma taglia in casa i capelli a me e mia sorella da sempre; non andiamo dall'estetista perché mio padre non vuole, ci depiliamo in casa, io non sono mai stata da un'estetista e non so nemmeno cosa si faccia.
Non abbiamo la donna delle pulizie, mi sembrava ovvio questo, invece non lo è perché praticamente tutti hanno una persona che venga a pulire casa, non che questo mi pesi ma è funzionale al discorso che voglio fare, insomma non abbiamo la donna delle pulizie perché sarebbe una spesa in più; non siamo mai andati in vacanza da nessuna parte, se non in Campania da mia nonna: non ho mai visto una città straniera se non con la scuola, e non ho mai visto una città Italiana se non con il mio ragazzo ultimamente (Firenze regalato dagli amici al compleanno).
I miei non hanno fatto il viaggio di nozze perché costava troppo, e poi non hanno mai più fatto un viaggio insieme perché costa troppo.
Parigi è stato un regalo di maturità assolutamente inaspettato, tutti quei soldi per un viaggio per me??
Considerando che le spese tipo pranzi e cene le ho pagate con i soldi delle borse di studio, perché i miei più di 400 tra viaggio e albergo non li avrebbero potuti sborsare.
Due settimane fa è venuto il pittore a pitturare due pareti (perché le pareti le ha sempre imbiancate mia mamma che ora non può più perché si è rovinata la spalla e non può fare sforzi) e ci è costato 150€. Mio padre!! Si è incazzato con mia madre, ha detto che la prossima volta le deve pitturare lei e infatti faremo così, e camera mia devo in qualche modo pitturarmela io oppure chiamiamo mia zia.

Quindi oggi non faremo la spesa, dopo una settimana che non la facciamo, e mangiamo finocchi cotti (abbiamo una marea di finocchi) e delle mozzarelle, e così stasera perché mia madre congela la verdura e poi la sera la fa perché mica possiamo andare a comprarla ogni volta!

E qui sta l'altra faccia della medaglia: la ricchezza di cui parla Alberto Moravia, quella ricchezza nauseante di cui vi avevo parlato, la Ferrari di mio padre (vi avevo detto? Mio padre ha una Ferrari!!), la villa in cui ora viviamo, i mobili da 1000€ che compriamo ogni mese che riempiono la casa in modo disgustoso, lo stemma della Ferrari che mio padre ha comprato in Internet (200€ di stemma della Ferrari pure non originale), i tappetini della Ferrari che mio padre ha comprato in internet (300€ di tappetini della Ferrari) e questa benedetta Ferrari non la usa MAI ovviamente, perché si vergogna, perché se tutti sapessero che abbiamo una Ferrari mica potremmo fare poi i pezzenti in giro comprando solo la pasta perché costa poco?? Mica posso andare in giro con gli stessi vestiti che mi ha regalato Matteo da due anni? Cosa penserebbe la gente se sapesse che abbiamo una Ferrari in un garage in centro che mio padre ha comprato??
Eh sì, perché come vi avevo accennato abbiamo comprato pure due garage nel centro della nostra città, 20 mila euro di garage INUTILIZZATI naturalmente, di cui uno per tenere a marcire la Ferrari.

E sapete poi? Mio padre sta cercando in Internet una BMW, perché giustamente 4 macchine non bastano (2 qui e 2 giù in Campania), ce ne vuole una quinta, una BMW che costerà sicuramente una botta di soldi.

A me tutto questo fa VOMITARE, ed è uno dei motivi per cui io NON PRENDERO' MAI LA PATENTE finché vivo con i miei, un po' per la paura, un po' perché io odio tutto questo, odio dipendere ancor più da loro, detesto non poter offrire MAI il cinema al mio ragazzo perché mi danno 10€ massimo per uscire, odio odio odio tutto questo.
Odio il dovermi sentire in colpa se mi si bucano i leggins e me ne serve un paio nuovo perché ormai metto solo quelli, e doverli chiedere a mio padre, e così lo dico al mio ragazzo e me li compra lui.
Gli ultimi regali al mio ragazzo li ho fatti con le SANTE borse di studio che mi sono guadagnata in tutti questi anni che sono duemila euro anche se mi dispiace così tanto doverli usare per queste cose, per i libri dell'università che ormai mi ordino con i miei soldi per non chiederli a mio padre che l'altra sera si è incazzato quando mi serviva il libro di Leibniz che costava 29€, e che infine mi sono comprata io, mi dispiace perché come sapete mi piacerebbe farci un viaggio, io non ne posso più e non riesco più nemmeno a sentirlo parlare di un monolocale che vuole comprare in Centro a Torino, non si sa bene per fare cosa, non ne posso più tutto questo puzza di falso, di ipocrita, di schifo.

ODIO questo, lo odio lo odio lo odio e odio pesare 64,5 chili ANCORA, che rabbia, che rabbia! Mi sono naturalmente abbuffata due volte da quando ho scritto l'ultimo post, naturalmente mi sono bloccata nel dimagrire, naturalmente ODIO tutto questo non dimagrire e odio mia madre che urla sempre e che ci zittisce qualsiasi cosa diciamo io non ho più niente da dire.....

lunedì 15 febbraio 2016

Quaresima: tempo di rinuncia

Farò un post brevissimo perché mi rendo conto che sarebbe pesantissimo da leggere.

Volevo annunciarvi che, visto che per la Quaresima ai bimbi dell'oratorio abbiamo proposto di fare una piccola rinuncia (del tipo mangiare meno patatine ecc), ho deciso di farla anche io.
Mi rendo conto di essere molto blasfema, perché in realtà la mia non è affatto una rinuncia, bensì una vendetta.

Il mio fioretto, chiamiamolo così, è di non fare più niente con il mio ragazzo per i prossimi 40 giorni.
Niente inteso come niente preliminari, niente toccatine, niente sesso, nada nada nada.

Nel momento in cui gliel'ho proposto non l'ha presa bene, ha detto che non capiva cosa ci fosse dietro, mentre io mi sono sentita bene, sollevata; sono STANCA di non sentirmi desiderata abbastanza da lui, stanca di vederlo eccitato solo quando siamo soli e a lui va, e l'idea mi è venuta sabato sera quando, guardando Sanremo con i miei e lui accanto a me che preparava un esame, lo fissavo innamorata da dieci minuti filati, lo fissavo negli occhi bellissimi e lui mi fa scocciato:
"Sì ma guarda anche un po' Sanremo però..."
Non volevo credere alle mie orecchie: seriamente mi ha detto di smettere di guardare lui e guardare Sanremo?
Ma solitamente non è il contrario?
Solitamente non si dice "Staccati un po' da cellulare/televisione e guarda un po' me"?

Ma il mio ragazzo va al contrario in tutto, lui è controcorrente.
Peccato perché per un periodo mi era sembrato andasse meglio.

Magari con questo nuovo proposito mi scollerò un po' da lui, smetterò di desiderarlo perché mi sarà vietato e magari sveglierò in lui l'interesse che non mostra nei miei confronti.

Sono un genio ah ah ah.

Vi farò sapere se distruggerò la mia storia fino ad ora durata tre anni, oppure se raggiungerò il mio obiettivo che non so quale sia perché non mi accontenterò mai mai mai.

giovedì 4 febbraio 2016

Peso

Mi chiamo Sybil,
e questa mattina pesavo 64.7.
Continuo a dimagrire e spero di arrivare presto al 64 tondo, che è il peso di luglio, il peso decente che mi inserisce per lo meno nella fascia del normopeso.
Mi chiamo Sybil, continuo a dimagrire lentamente, vado a correre 4 volte a settimana da un mese, lunedì ho un esame e l'unica cosa che davvero mi interessa è essere magra.
Controllare il cibo.
Controllo controllo controllo.

Mi chiamo Sybil e questa sera ho litigato ferocemente con il mio adorabile ragazzo che è sempre più anaffettivo, ma sempre più paziente, dolce, sorprendente.
Mi riempie di sorprese, dà passaggi a mia sorella in continuazione con il sorriso, non fa mai pesare niente a nessuno, ha sempre idee ed è l'entusiasmo fatto persona.
Poi però io esagero con le coccole, cerco continuamente di dargli baci, cerco abbracci, cerco amore, e qui inizia la crisi profonda: rovino tutto.
Litighiamo e lui mi urla che "sono sempre lì a baciarlo e non ne può più" e che "sono morbosa con il mio affetto"

Oh ragazze non sarei così arrabbiata se non avesse ragione.
Quanto ha ragione.
Mi aggrappo a lui come non ho mai fatto in tutto questo tempo e credo sia perché non mi abbuffo da un mese esatto.
Non avevo mai resistito tutto questo tempo, MAI.
Più di un mese senza abbuffarmi, senza ingozzarmi di cibo, non era mai successo negli ultimi ormai 4 anni.
MAI.
Quando mi abbuffo sono molto distaccata con il mio ragazzo e va tutto a gonfie vele: il cibo mi consola, sentire i sapori così anestetizzanti, la pancia esplodere - cose che talvolta mi impediscono addirittura di vedere il mio ragazzo per giorni per la vergogna! - il cibo riempie tutto mi distrae.
Sapere di poter vomitare e ricominciare tutto finché non mi viene sonno è così dolce..
Ora è un mese intero che non ho tutto questo.
Non perdo il controllo nemmeno un pomeriggio, non ho attimi di debolezza in cui magari mangio qualcosa che non dovrei, come mi è SEMPRE successo.
Un mese perfetto, pulito, spaventoso.
E questo mi lascia spiazzata.
Questi giorni sono stati instabili: Riccardo è morto, ho guardato la sua bara senza piangere, ho cantato con alcuni miei compagni per animare il funerale, poi abbiamo lanciato in aria dei palloncini bianchi.
Tutto cercando di non pensare che lui è morto.
Gli ho mandato diversi messaggi al cellulare, non mi ha ancora risposto.
Ho così tanta tristezza e rabbia che non so proprio dove sfogarla, così mi sento sola e devo dimagrire, continuo a mangiare controllato, regolare,

Erano mesi che non ero tanto ossessionata. Conto le calorie di tutto, peso ogni cosa che mangio ed io non lo facevo mai.

Questa lite con il mio ragazzo questa sera mi ha fatto riflettere moltissimo.
Basta, basta assillarlo cercando carezze, coccole, baci, queste stronzate da bambini.
Sì perché lui mi ha detto che "sembro una bambina".
Che "facciamo discussioni da bambini".

Oh ragazze non sarei così arrabbiata se non avesse ragione.
Mi comporto come una bambina. Voglio le coccole ma non le coccole sexy che potete immaginare, non solo: io cerco le coccole di un papà, le coccole quelle dei bacini sul collo e delle carezze sulla fronte.
Sono ossessionata e SO che succede perché non mi abbuffo da tanto, troppo tempo.
Le altre volte che resistevo per lo meno a volte esageravo ma non continuavo a strafogarmi: questa volta no, non esco fuori dagli schemi e non tocco cibo né fuori pasto, né durante che non sia programmato, pesato, calcolato.
Devo compensare questa mancanza di cibo con le coccole, non so perché.
Oggi ho pesato una spinacina, cosa che per voi sarà normale ma che io non avevo mai fatto.
Ieri ho pesato un mela, le mandorle, poi il condimento della pasta integrale.
Poi ho contato i tubetti di pasta integrale che ho mangiato.
45 tubetti.
Li contavo con le dita tirandoli fuori dal piatto e combinando un casino sulla tovaglia.
Ma DOVEVO contarli. Si sono raffreddati e li ho poi riscaldati una volta accertatami che erano 45.

Io comunque sono ancora un bisonte di 64,7 kg, sebbene abbia perso quasi un altro kg e mezzo.

Così oggi sono andata a fare la spesa con mia mamma ed ho comprato dei nuovi biscotti (consigliatimi da Kiki *.*) e non penso ad altro che a provarli domani mattina.
Leggeri, con la solita spremuta e poi via di corsa.

Io sono sicura che in quei biscotti e in quella bilancia giù, in bagno, in quei numeri che voglio solo vedere più bassi, c'è l'amore, da qualche parte.

So che è un'altalena: se non ricevo amore dalle abbuffate, figuriamoci dal dimagrimento.
Però i 50 kg mi sembrano sempre più vicini, non vedo l'ora di vederli.
Non vedo l'ora di mangiare i biscotti e sapere quante calorie ha ciascuno, mi si illuminano gli occhi.

In mezzo al dolore devastante per la morte di Riccardo, all'anaffettività del mio ragazzo colmata con milioni di regali e bellissimi pensieri, io mi concentro più che posso sul cibo.
Non devo abbuffarmi, non voglio farlo assolutamente.
Voglio solo perdere peso. Andare a correre domani.
Pesarmi.
Ho anche fatto un collage con le mie foto, perché mi fotografo quotidianamente, con confronto prima-dopo (che ovviamente Kiki si sorbisce - scusami ti prego ...) e mi fa sognare il pensiero di poter confrontare un domani quelle foto con altre in cui sono sottile, leggera... lontana...

Io so che in quel pacco di biscotti c'è l'amore che cerco, so che l'amore è nel peso che scende.
Devo smettere di cercare coccoline e bacetti come se avessi 3 anni.
Con il ragazzo al massimo si fa sesso senza parlare, poi magari ci si fa regali, si viaggia; le coccole sono per la fase iniziale della vita, Sybil.
Quelle di cui parla Freud, ricordi?
Non certo a 20 anni.
Non posso ridurmi a 20 anni a cercare un papà/una mamma/coccole e baci in un uomo di 22.
Mi devo svegliare.

Io so che quello che mi manca è su quella bilancia, domani.
O meglio: so che non è lì, ma so che lì è l'unico posto in cui lo possa cercare.

Scusate i post tutti uguali e grazie per commentarli sempre, ma vi capisco se non lo fate. E' solo una grande lagna, ma scrivo per fare ordine e ricordarmi cosa penso.

Scriverò presto aggiornamenti sul peso.

martedì 2 febbraio 2016

E' morto.

Lui è morto.

Mi sono svegliata questa mattina e ho trovato un messaggio che la mia professoressa del liceo mi ha inviato questa notte: Riki è un angelo.
Ho pianto solo in quel momento, per quindici secondi.
Sono corsa giù per le scale ed ho urlato a mia mamma: Riccardo è morto.
E lei si è messa a piangere ed ha vomitato.

Io poi ho smesso di piangere.
Mi sono seduta sul divano, con le mani davanti alla faccia a coprirmi gli occhi. Senza lacrime, senza tristezza, così, sul divano, con i gomiti sulle ginocchia e le mani sulla faccia e sugli occhi.
Mi sono concentrata.
Poi è arrivato il mio ragazzo, ci siamo abbracciati e siamo andati a correre.

Sale la nebbia sui prati bianchi
come un cipresso nei camposanti
un campanile che non sembra vero
segna il confine fra la terra e il cielo.

Ma tu che vai, ma tu rimani
vedrai la neve se ne andrà domani
rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un'altra estate.

Anche la luce sembra morire
nell'ombra incerta di un divenire
dove anche l'alba diventa sera
e i volti sembrano teschi di cera.

Ma tu che vai, ma tu rimani
anche la neve morirà domani
l'amore ancora ci passerà vicino
nella stagione del biancospino.

La terra stanca sotto la neve
dorme il silenzio di un sonno greve
l'inverno raccoglie la sua fatica
di mille secoli, da un'alba antica.

Ma tu che stai, perché rimani?
Un altro inverno tornerà domani
cadrà altra neve a consolare i campi
cadrà altra neve sui camposanti.
 






giovedì 28 gennaio 2016

La mia fame mi precede. SEMPRE

Apro blogger, questo rituale marcissimo, questa abitudine insana di scrivere.
Mi ero promessa di stare lontana dal blog, stare lontana da tutto questo finché non fossi stata(attenzione, fossi, perché io sono un peso) almeno 60 chili.
Mi vergogno a dirlo (scriverlo??) ad alta voce, ma sì, il mio obiettivo è un lontanissimo e schifosissimo 60.
Invece eccomi qui.

Mi vergogno a dirlo (scriverlo??) ad alta voce: ho perso 4 kg.
Uao!! Che figo!! Brava!!
Sì, infatti.
Chi legge il mio blog lo saprà, chi non lo legge lo scoprirà adesso, mesi fa avevo raggiunto un meraviglioso 66 (che peso basso per un metro e sessanta di altezza! una spilungona!!), quindi giustamente, vi direte voi,
66-4= 62
oddio, se ha perso 4 kg vuol dire che... ha quasi raggiunto i 60 chili!!!

Sì infatti.
Nel senso che sarebbe così se io non mi fossi abbuffata SEMPRE fino all'11 gennaio arrivando a 70.2 chilogrammi.

70.2
(Che figo, ho ingrandito il numero, così si legge meglio.)

La prima cosa che mi direte sarà: "Allora cambia la frase di presentazione del blog, no?? C'è ancora scritto con un tono depresso e sconfortato 57 chili, cambialo, è sbagliato!!"
E avreste assolutamente ragione.
Infatti poi lo cambio. Magari ci metto una faccina sorridente.

Ebbene dicevamo, essendo arrivata a pesare 70 chili maledetti e stramaledetti, ho cominciato ad andare a correre l'11 gennaio precisamente, perdendo fino ad oggi 4 chili, ovvero gli stessi di otto mesi fa, gli stessi di tremila miliardi di giorni fa, gli stessi gli stessi gli stessi
S-T-E-S-S-I.
Infatti peso 66 chili ora come allora.

Però ballo e canto e yuppi yeah, ho perso 4 chili, evvai!
Mi faccio ridere da sola.

In compenso, e lo scrivo perché DEVO scriverlo, perché a puttane tutto il resto, a puttane l'autoconvincimento di merda, a puttane le giornate con il pollice su, a puttane i messaggi, a puttane le mie parlate senza senso, le mie autoprofezie a puttane TUTTO A PUTTANE: ho voglia di abbuffarmi.
Lo scrivo chiaro e tondo, grasso e grosso, lo scrivo perché lo penso io, cervello mente ciccia e cuoricino, lo pensiamo tutti qui dentro al mio corpo.
Se i miei organi potessero rispondere, anche quelli destinati ad altre funzioni che non siano digerire - vomitare - pensare al cibo 24/24, urlerebbero in coro "Siiiii, vogliamo abbuffarci tutti!!"

Oggi sono andata a correre, ieri sono andata a correre, ogni giorno santissimo sono andata a correre guardando il lago la mattina, con il prato e quelle puttanate idilliache da Bucoliche, insomma mi sono sentita in sintonia con la natura, mi sono sentita un'asceta, oh mio Dio, un'asceta!, avrei rinunciato a tutto, povertà castità fame, ero pronta ragazze!
Poi la voce, la stessa voce "abbuffati."
No, le ho risposto gentilmente (sono gentile.).
"Abbuffati, dai!"
No, ho ripetuto, e state tranquille, non mi sono abbuffata.

Oggi dopo pranzo (coniglio e verdura, mica da fame, mi tratto egregiamente!) volevo abbuffarmi così tanto che su internet ho scritto "Mangiare una torta intera" ed ho letto di gente che si era ingozzata e descriveva le porcherie che aveva ingurgitato.
Come un quarantenne frustrato che si guarda un porno.
UGUALE.
Ho letto e sbavato di quelle porcherie che io non potevo mangiare, e che non avrei mai mangiato, che non ho mangiato; però avevo bisogno che qualcun altro lo avesse fatto.
Sono rimasta a leggere per un'ora quelle minchiate, gente che raccontava di essersi divorata tavoli e armadi, ed io che dentro di me provavo una strana gioia:
-per non essermi abbuffata
-per volermi abbuffare TANTISSIMO
-per essere stata più brava di qualche sfigato che narrava le sue disavventure con cibo congelato e caduto per terra - e per non essere quello sfigato.

Brava, brava, brava.
Mi sono fatta una tisana rilassante, che avesse un sapore.
Ho fatto merenda con una barretta, una spremuta e tre mandorle ed ora si potrebbe dire che io sia il modello di sportiva sana da seguire.
Eppure mi sento sporca, peggio che se mi fossi abbuffata.
Perché lo desidero.
Desidero la torta al limone quella piena di calorie e crema, desidero un maxi toast con prosciutto, sottiletta filante, desidero una piadina porcosa, una pizza al gorgonzola e no, ragazze, non desidero questo perché faccio la fame, ieri sera ho cenato dal mio ragazzo con i tortelli ripieni, la carne impanata, i peperoni, la torta di mele, i taralli, una mela.
E così da diversi giorni per varie occasioni irrinunciabili.
Eppure desidero abbuffarmi di santa ragione, ma non lo faccio.

E' ridicolo: ho mollato la psicologa per 35 euro ed ora sarei pronta a spendere i 150 euro racimolati a Natale in un minuto per CIBO.
Per cibo farei tutto, darei tutto.

Ho quasi finito questo post inutile, passo brevemente alla parte scomoda.

Questa ironica e stronza mangiatrice immaginaria.... ha bisogno di amore!!!
L'avreste mai detto?

Sì.
L'ho scoperto oggi pomeriggio (wow, dopo 6 anni è un bel passo avanti!!).
Io mi sono sempre rifiutata di entrare nello stereotipo anoressica=fame d'amore ohi ohi povera me sono quella che si fa in quattro per tutti ma nessuno la caga oh come sono povera e triste e sola mi sfondo per gli altri e nessuno mi pensa :((((
eppure eccomici dentro fino al collo.

No, vi risparmio la storia ridicola che mi faccio in quattro per gli altri e loro non fanno nulla per me perché è pura ipocrisia, sono convinta che l'animale uomo sia un egocentrico egoista individuo, almeno oggi la penso così, e poi questo discorso del farsi in quattro lo fa sempre mia madre e se ce le avessi ne avrei le PALLE PIENE.
No, io non mi sbatto per nessuno. Sono egoista, egocentrica, se faccio le cose è esclusivamente perché non so dire di no o per sentirmi meglio io, nessuno spirito di misericordia puro.
Punto.
Però ho bisogno di amore, sospetto. E rifiuto questa consapevolezza.

Oggi ho abbracciato il mio ragazzo piangendo e gli ho detto che avevo bisogno di attenzioni e coccole.
Così mi ha abbracciata per quindici minuti prima di tornare a studiare, è stato comunque un tesoro, ma sentivo che non mi sarebbe bastato un intero pomeriggio, quindi mi sono accontentata senza rancore.
E mi è venuta voglia di mangiare.
Fino a scoppiare.

Ebbene sì, signori e signore!!!
Nel cibo cerco l'amore, l'affetto, la dolcezza, le coccole, la premura, le attenzioni che nessuno mi da; correggiamo: di cui non mi accontenterei mai, anche se tutti me le dessero.

Non so da cosa derivi questo bisogno di amore ma è incolmabile.
Il cibo non è ovviamente solo questo: è distrazione, rifugio, anestetico come dice Kore nel suo ultimo bellissimo post.
Però oggi pomeriggio era amore.
Mi sono consolata con tre mandorle, ora vedremo di consolare questa povera bambina trascurata con un 55 sulla bilancia per Giugno.



lunedì 4 gennaio 2016

Cibo, soldi e sesso.

Buongiorno a tutte.
L'ultimo post era sconclusionato e inutile, e me ne scuso.
Emil Cioran diceva che il più grande errore che una persona che scrive possa fare consiste nello scrivere per qualcun altro che legge.

Allora ho deciso di scrivere questo post ancora più inutile del precedente per mettere nero su bianco una riflessione che si è diffusa nella mia testa in modo confuso, nebuloso; ovviamente lo scrivo qui e non nelle mie cartelle su word perché adoro i vostri commenti, mi danno un sacco di spunti di riflessione e mi permettono di confrontarmi con persone intelligenti come mi capita di rado nella mia vita (l'altra, quella fuori di qui..).

Questa riflessione è sempre stata sotterrata in me, perché sono sicura di averla già pensata qualche volta, di sfuggita.
Ha cominciato a prendere forma quando ho letto La noia, di Alberto Moravia.
Poi vari tasselli si sono uniti: in quel libro sono centrali il sesso e il denaro; io ci ho collegato il cibo ed ho completato un puzzle che potrebbe rappresentare la mia vuota e misera vita.
Questo post sarà volutamente molto intimo, poi mi pento quasi sempre di scrivere cose tanto personali su una piattaforma online, ma prima di morire vorrei tanto aver detto quello che penso senza preoccuparmene.

E' un post molto complicato da scrivere perché vorrei che venisse perfetto, e riordinare le idee di anni è un affare che non mi compete granché; così sono quasi certa verrà una schifezza, e mi consolo sapendo di poter contare sul vostro, di cervello, perché so che capirete cosa avrei tanto voluto esprimere.

Non ho le competenze per discutere di questo, voglio soltanto considerare questi aspetti relativamente alla MIA esperienza, alla MIA vita, alla mia superficiale e inaffidabile opinione.

Dunque, dopo aver messo le mani avanti, essermi parata il culo, essermi auto insultata, potete dirmi "poverina, che tenera" e io posso cominciare a scrivere il post.

Kiki mi ha dato lo spunto dell'elenco puntato, per cui Kiki te lo rubo :)

  • Il mio rapporto con i soldi.
Per iniziare a descrivere brevemente (giuro!) il mio rapporto particolare con i soldi, devo altrettanto brevemente (giuro!) descrivere quello che ha mio padre con i soldi.
Mio padre ha tanti soldi.
E, in più, mio padre ha tante cose.
Lui non esiste nella mia vita, ed esiste troppo: lavora dalle 4 di mattina (perché viaggia per l'Italia a causa del suo lavoro) alle 20, così non lo vedo mai, perché appena arriva a casa, dopo cena, si sdraia sul divano e dorme.
La sua esistenza nella mia vita è pesantissima, e dopo aver trascorso anni ad accusare mia mamma dei miei problemi con il cibo ho finalmente cominciato ad affidare qualche responsabilità a lui, fino a giudicarlo irrimediabilmente il principale colpevole.
Ovviamente so di esagerare, e lo faccio volutamente; so benissimo che non è colpa sua, ma capite il post.
Se dovessi descrivere mio padre con tre parole lo chiamerei IL GRANDE ASSENTE, perché pur non essendoci mai c'è sempre, troppo, ci sono lui e i suoi soldi.
Mio padre è un infelice uomo mediocre che con un diploma è entrato a lavorare in banca a 19 anni e che ha cominciato a guadagnare e mettere da parte una barca di soldi che non usa per noi, di cui si vanta, che crede lo rendano una persona migliore delle altre.
Crede di poter comprare tutto: non è una cattiva persona, solo deve avere la casa più grande, la macchina più bella, il televisore da 65 pollici, i box nel centro città perfettamente inutili...
però è tirchio.
Sì, lo so, suona paradossale: una persona con tutte queste cose (cose cose cose oggetti cose), tirchia?
Ebbene sì.
Si è comprato una ferrari (ebbene sì, ragazze, mio padre ha una ferrari da 32 mila euro) che tiene chiusa in un garage che ha comprato nel centro della nostra città, e che non usa mai; ha comprato questi famosi due garage, così, tanto per; ha comprato tre fuoristrada che non ha mai usato, e finalmente poco tempo fa si è deciso a venderne uno; ha un camper; ha la macchina del lavoro; ha la casa di mia nonna; ha un conto in banca che non conosco ma deve essere molto sostanzioso.
In tutto questo lui non esiste. Esistono le sue cose, i soldi suoi da cui noi (io, mia madre e mia sorella) dipendiamo, esiste il suo potere esercitato in silenzio, in modo sottile, in un modo così profondo ed oscuro che vorrei tanto provare a spiegarlo.
In tutto questo, a me e mia sorella non dà mai un euro.
Se gli chiediamo 10 euro per fare un regalo lui sbuffa, si alza incazzato, apre il portafogli e puntualmente esclama "Papà esiste solo come autista e come bancomat", è la sua frase preferita, un segno distintivo.
Quando andiamo a fare la spesa con mia mamma e mia sorella e spendiamo 40 euro, tornate a casa lui ci guarda con disapprovazione, vuole gli scontrini, corre in camera e segna su un libro che ha da 30 anni la spesa, sottraendola dal suo conto.
Su quel libro ci sono milioni di numeri, di calcoli, di spese.
Così ogni volta che vogliamo fare un regalo, andare a mangiare una pizza, comprare del cibo, comprare dei vestiti sono litigi, ansia, sono dipendenza.
Mio padre urla raramente, personalmente in 19 anni non sono MAI stata sgridata da lui, non mi ha mai mai mai chiesto nulla né della scuola né è mai venuto ad una recita, mio padre è sempre stato denaro.
Per noi, ma soprattutto (e sottolineo SOPRATTUTTO) per lui.
E quando papà apre il portafogli bisogna ringraziarlo: papà non chiede che gli si dica grazie, ma si sa che glielo si deve dire.
Non so come, non so quando, non so perché, qualcuno ha silenziosamente convinto me e mia sorella di essere i soldi di nostro papà, a non essere niente senza quelli, a valere zero come persone perché non portiamo uno stipendio a casa.
Mia mamma invece guadagna 800 euro al mese se va bene, e lei è laureata, più colta; eppure mio papà non perde occasione per umiliarla a causa del suo mancato stipendio: così io sono convinta profondamente, anche se cerco ora che sono più grande di abbattere questa convinzione, che mia mamma non valga niente perché non ha i soldi di mio padre.
Per mio padre tutto ciò che non guadagna lui non ha valore, è zero: così anche le mie borse di studio del liceo che non mi ha mai dato (erano 300 euro scarsi), così quelle che mi ha dato creandomi appositamente un conto e approssimandole tutte per difetto di 20/30 euro.
Ho provato a lamentarmi dicendo che mi spettava di più, ma lui si è arrabbiato nel suo modo, sbuffando, in silenzio, e poi ha detto pacatamente "uno vale l'altro."
Per i miei soldi, uno vale l'altro.
Per le piccole borse di studio guadagnate da me solo con il mio cervello, una vale l'altra.
20 euro valgono come 5, quando si tratta dei miei soldi.
Perché non sono centomila come i suoi.

Così, ragazze, arriviamo a me: io sono schifata dai soldi.
Quest'anno ho preso altre due borse di studio, e non le ho ancora incassate. Mi ripugna l'idea, e quando ho detto ad un mio professore che appunto non le avevo ancora versate mi ha risposto sorpreso: "E cosa aspetti? Voi li cagate i soldi?"
O una cosa del genere... avrei voluto rispondere che sì, mio padre li caga, per cui questi duemila euro non valgono un cazzo.
Ed io non li voglio incassare.

Così cerco di non chiedere mai soldi a mio padre, non ho mai soldi dietro e quando ci sono soldi da mettere per vari regali io sono sempre quella che mette il minimo che si è deciso, così che sono certa che tutti se la ridano alle mie spalle e considerino me tirchia, visto la casa in cui ora vivo dopo il trasloco, il televisore da 1700 euro che mio padre ha comprato tre giorni fa, le migliaia di macchine parcheggiate ovunque.
Ed in giro, si fa sempre la figura dei pezzenti.

Così, oltre a disprezzare profondamente i soldi, li conto al centesimo ogni volta.
Se anticipo al mio fidanzato qualcosa e lui non me li restituisce io involontariamente mi incazzo, sono capace di piangerci su per una giornata, di litigare con lui; io sono sempre puntualissima con la restituzione del denaro perché per me ha un'importanza vitale che gli altri me lo restituiscano.
Invece mi guardo intorno e la gente ha il portafogli pieno, presta soldi e se non glieli ridanno se ne scordano; io segno tutto, chiedo i soldi per giorni finché non mi vengono restituiti e so perfettamente e tristemente che non è una questione di giustizia, di correttezza.

Lo so che cos'è nel profondo; ed è la stessa cosa che mi ha fatto interrompere le sedute di psicoterapia perché costavano 35 euro alla volta: la malattia di mio padre.

Mio padre è malato ed io sto diventando come lui,
con la differenza che io non spendo i miei soldi.
Con la differenza che io non spendo i miei soldi, se non in cibo.

Non vorrei ammetterlo. Visto che mio padre mi da 5 euro alle volte se pranzo in università, mi è capitato un sacco di volte di non pranzare, di accumulare quei soldi e di recarmi con il bottino al supermercato e spendere una ventina di euro di puttanate, e di abbuffarmi.
Sì, e qui rientra la questione

  • cibo.
Ecco che soldi e cibo si intrecciano indissolubilmente: per me niente ha valore, niente vale la pena di costare qualcosa, per nulla vale la pena spendere dei soldi, tranne che per il cibo.

L'unica cosa quasi altrettanto importante sono i libri, ma se devo scegliere capita che io scelga sempre il cibo.
Spendo tutto in cibo, e la causa principale sono proprio i soldi.
Succede soprattutto quando mio padre magari in una settimana mi da solo 5 euro (molto più spesso non mi da nulla): questo è il monologo che tengo con me stessa quando ho 5 euro in tasca dopo settimane:
"Mmm.. ho solo cinque euro. Cosa posso farci?
a) pranzare.
Ma pranzare fuori con cinque euro significa comprare un pezzo di pizza minuscolo, cosa che mi farebbe restare la fame; oppure comprare un panino, cosa che detesto.
b) comprare un bel libro.
Ma con 5 euro, ahimè, non posso comprare nessun libro! Costano tutti almeno 7 euro.
c) abbuffarmi.
Se raggiungo l'Auchan e vado nel discount, con cinque euro compro due pacchi di patatine scadenti, un pacco di brioches, un pezzo di pizza enorme incartato... andata!"

Così mi reco effettivamente al supermercato e con cinque euro faccio pranzo, cena, merenda, colazione e anche un pasto del giorno seguente.
3000 kcal a costo zero.

Ed ecco le mie giornate, solitamente.
Devo indagare ancora più a fondo nel rapporto soldi-cibo, ma ci sto lavorando.

  • sesso.
Arriviamo alla questione più scottante, più portatrice di sofferenza nella mia vita, molto legata al mio rapporto con il cibo e con i soldi.
Come per i soldi, anche per il sesso provo disprezzo.
La mia famiglia non è cattolica osservante, a frequentare l'oratorio sono solo io di mia spontanea volontà, quindi non ho avuto affatto un'educazione sotto questo aspetto rigorosa.
Semplicemente, a casa mia non si è mai parlato di sesso.
Mia mamma girava nuda per casa e so che è sempre stata una cosa che mi ha profondamente infastidita, turbata; in bagno stava con la porta aperta, ed io andavo a chiudergliela perché mi irritava. In casa mia non si parlava mai di sesso ma non si aveva un'intimità.
Ovviamente il sesso era un tabù, ma non per motivi religiosi, e nemmeno di privacy (come potete constatare); semplicemente era vergogna provare piacere.
Mia mamma infatti non ha mai sperimentato il dialogo, l'affetto, ma alzava solo le mani, le botte erano il suo modo di comunicare.
Su questo voglio dire una piccola cosa, non giudicatemi: molto spesso, quando litigo con il mio ragazzo, mi capita di alzargli le mani.
Ovviamente non gli faccio un tubo, ma quando realizzo che lo sto picchiando anche in faccia mi fermo, mi vergogno, mi scuso. Mi rendo conto che questa è l'educazione che ho ricevuto, le mani come forma di comunicazione, zero dialogo, e cerco di correggermi ma è difficilissimo.
Comunque dicevo, mi rendo conto di avere una mancanza profondissima di amore e di educazione sessuale.
Così mi capita sempre di cercare nel sesso l'amore del mio ragazzo.
Deve esserci sotto qualcosa certamente, perché il mio ragazzo fuori dal letto mi dimostra un amore sconfinato, mi fa piccoli regali, è stupendo e Kiki lo sa bene perché le racconto spesso delle pazzie che fa ed è incredibile.
Eppure (e via allo sputtanamento del mio ragazzo alèèèè) sotto quell'aspetto, del sesso dico, non è così.
Mi spiego: il mio ragazzo non ha problemi quando facciamo l'amore, non è "impotente", anzi; semplicemente non ha quasi mai voglia, ed ha pochissima fantasia.
E sempre, quando facciamo l'amore, lui non mi guarda nemmeno in faccia, mette la testa sul cuscino e non mi considera molto, sembra che debba svolgere un compito piacevole, certo, ma come se volesse, in quel momento, fare altro.
E' raro che lui proponga di fare l'amore, anzi (per sputtanare anche me e umiliarmi pubblicamente!) vi confido una cosa che ho confidato ieri soltanto ad una mia amica: ho chiesto io al mio ragazzo di fare l'amore la prima volta.
Stavamo insieme da un anno e mezzo ed io lo desideravo tantissimo, mentre lui non dava nessunissimo segno di voler fare niente, anzi, più apatico che mai; avrei tanto desiderato che fosse una cosa spontanea, sapete no?
Ci si bacia a lungo e poi così, senza nemmeno rendersene conto, si è distesi e lui sussurra all'orecchio che vuole fare l'amore.
Niente di tutto questo.
Niente baci.
Niente sussurri.
Un pezzo di legno.
Così ho dovuto fare come faccio sempre nella mia vita e come ODIO di fare e dover fare: ho insistito.
Esatto, come una bambina.
Al contrario di me, il mio ragazzo è di una famiglia molto osservante, rigidissima riguardo al sesso (suo fratello ha 27 anni e sta con una ragazza da 8, ed è vergine).
Io non lo giudico, sono scelte... ma tutto questo si ripercuote sul mio ragazzo.
E' molto diverso dalla sua famiglia, ma ne è interamente condizionato. Quando suo padre (che io non sopporto) mi insulta come fa di solito lui non mi difende, anzi dopo quando io piangendo glielo faccio notare lo difende dicendo che "scherzava":

Ma torniamo al sesso.
Vi dicevo che ho insistito: mi sono seduta un giorno, dopo settimane di frecciatine, dopo che per settimane gli ho cercato di sussurrare all'orecchio qualcosa che gli facesse capire che volevo fare l'amore con lui, mi sono seduta proprio a tavolino e gli ho detto contro ogni romantico sogno e desiderio:
"Voglio fare l'amore con te. Tu vuoi farlo?"

Sapete, ovunque ho letto che deve essere una cosa spontanea, che è più bella, e lo pensavo anche io, ho sempre giurato a me stessa che sarebbe stato così anche per me.
Ma poi immersa nella mia situazione ho fatto una cagata, una vera schifezza, ho disintegrato quella che sarebbe dovuta essere la più bella esperienza della mia vita (il cui titolo è infatti stato ceduto automaticamente a "pesare 42 chili", che tutt'ora ricopre il primo posto nella classifica delle esperienze più belle della mia vita).

Lui ha risposto come se gli avessi chiesto "Vuoi un panino con il prosciutto?":
ha detto "Si va bene" come se stesse pensando "Se ci fossero le melanzane sarebbe meglio, ma ormai ha comprato il prosciutto..."

Così, dopo altre settimane in cui nessuno aveva casa libera e nessuno voleva farlo in macchina, finalmente ci siamo ritrovati soli a casa sua.
Dovete sapere che casa sua è esclusa dai luoghi in cui si può andare oltre la stretta di mano, in quanto è un luogo sacro e i suoi genitori, al contrario dei miei che d'estate trasformano la nostra casa in un bordello a pagamento e organizzano orge di ogni tipo (-.-), si arrabbierebbero tantissimo.
Quel giorno però stranamente ci stavamo baciando (!!!) ed io speravo lui prendesse l'iniziativa e facesse IL passo.

L'aspetto dell'intimità tra me e il mio ragazzo non l'avevo mai trattato qui sul blog, perché non lo ritenevo determinante e poi mi sentivo un'egoista, il mio ragazzo vi ripeto è perfetto in tutto il resto. Ma ultimamente mi sto accorgendo di quanto invece sia determinante e importantissimo questo aspetto e capirete perché.

Eccoci come dicevo in camera, le mie labbra troppo vicine alle sue per il luogo di culto in cui ci troviamo, aspettando una sua mossa qualsiasi, qualsiasi, non so bene cosa stessi aspettando, che non arrivava. Qualsiasi cosa fosse, non arrivava. Così dopo un po' ho capito che sarebbe di nuovo toccato a me, e gli ho sussurrato "Facciamo l'amore?"

In quel momento lui mi ha guardata ed è stato come se non se lo aspettasse.
Come se gli avessi chiesto "Lo hai fatto il compito in classe per oggi?"
"Non ho comprato i preservativi", dice.

In quel momento ho capito quanto tenesse a questa esperienza, sicuramente quanto me, per non dire di più, tanto che dopo settimane che avevamo deciso a tavolino (tristissimamente, lo so) che entrambi lo volevamo, lui nemmeno si è disturbato a passare davanti ad una qualsiasi farmacia a comprare un pacchetto di preservativi.

Tanto per completare la mia stupidissima recita stupidissima ho cominciato stupidissimamente a piangere, ero furiosa, e stupida.
Abbiamo litigato, gli ho urlato che non gli interessava, e lui trovava scuse che mi hanno convinta per finta e mi hanno per finta calmata.

Passano i giorni. Niente.
Un giorno maledetto eravamo al parco, a passeggiare. Non so per quale stupidissimo motivo ho iniziato a girare il coltello nella mia stessa piaga chiedendogli per l'ennesima volta se gli andasse di fare l'amore per la prima volta con me.
Lui ha risposto di sì, certo, e l'errore più grande ed imperdonabile della mia vita, secondo soltanto all'aver iniziato ad abbuffarmi e vomitare,  è stato credergli.
Come fanno le donne che vengono picchiate quando il marito dice "non lo faccio più": gli credono.
E sappiamo tutti che fine fanno queste donne, così facilmente potete immaginare che fine abbia fatto io.
Abbiamo iniziato a discutere perché io continuavo ad insinuare che lui non volesse, come una stupida idiota cretina, finché lui non si è infuriato, il mio ragazzo infuriato, mi ha presa per mano, siamo andati in un punto isolato del parco, ed insomma, io che stavo zitta, lui arrabbiato e stanco, mi ha dato il mio contentino.
Come ad un cane, i croccantini per calmarlo.
Inutile dire che è stato orribile: all'orrore della prima volta come saprete con lui che viene subito e voi inesperte totali, si è aggiunto l'orrore della rabbia, della forzatura, del compitino svolto.
Non mi ricordo nemmeno la data, non ricordo niente di quel giorno.
Solo se mi chiedessero quando è stata la tua prima volta ed io dovessi rispondere sinceramente (come non ho mai fatto, mai) direi che non l'ho avuta, una prima volta.
Io e il mio ragazzo, dopo un anno e mezzo di distanza da quel giorno che non ho mai né scritto, né raccontato, né dimenticato, facciamo l'amore, qualche volta, ma io non ho mai avuto una prima volta.
Solitamente a questa domanda rispondo "A casa mia, è stato magico" e poi la chiudo lì.
Me ne vergogno e ci sono migliaia di motivi per cui me ne vergogno:
-perché l'ho obbligato io
-perché è stato di fretta al freddo e non ho sentito niente di niente
ma, soprattutto, perché gli ho creduto.
Quando abbiamo riparlato di quel giorno dopo un annetto gli ho chiesto se lo voleva, visto che non desidera mai farlo, e lui mi ha detto che non si sentiva pronto.
Fermo restando che un ragazzo che dopo un anno e mezzo non si senta pronto a fare la cosa che in teoria sogna da quando ha 5 anni non so bene che ragazzo sia, e concedendogli questa sua piccola debolezza, e volendola anche rispettare, viene naturale chiedersi:
Perché CAZZO NON ME LO HA DETTO?
Mi ha dato così, come un ceffone nel gelo, la crudele conferma di avermi letteralmente accontentata.
Ma la cosa più incredibile non è stata tanto questa sua confessione, ma il fatto che io LO SAPESSI e l'avessi sempre saputo!
Mi sono chiesta per molto tempo e me lo chiedo tutt'ora se non sono io il maschio della coppia, e qui ci sarebbe un discorso immenso da fare, perché io sarei tanto voluta nascere uomo e lo penso da quando ho questo maledetto dca.
Mi sono trovata a pensarmi ninfomane solo perché desideravo il mio ragazzo, mi sono abbuffata un sacco di volte, migliaia di volte, dopo un suo rifiuto in questi tre anni, rifiuti molto frequenti e frequenti tutt'ora, fino a comprendere che io non mi sento amata in quel senso.
Mi chiedo che bisogno c'è di fare l'amore: in fondo lui mi ama in tutti gli altri aspetti, mi fa regali, mi pensa sempre, studiamo tutti i giorni insieme, eppure io sono letteralmente ossessionata dal fatto che lui non abbia mai voglia di fare l'amore con me.

Ho pensato anche di essere io il problema, di non piacergli; ed ora è un'ossessione.

Dopo quel giorno maledetto, quella prima volta non prima volta, dopo quella specie di violenza richiesta da me, cercata da me, violenza da lui svolta mal volentieri, ho voluto credere che sarebbe cambiato.
Che era la prima volta, che era insicuro, che con il tempo lui lo avrebbe desiderato.
Mi dicevo "è un maschio, dannazione!"
Ma, come gli uomini violenti non cambiano, così lui non è cambiato.
Anzi: ultimamente non succede praticamente MAI che lui abbia voglia.
Io ogni volta che gli sono vicina impazzisco, ho sempre voglia di toccarlo, di stringerlo, di guardarlo, ma lui è inavvicinabile.
In tutto il resto è un tesoro, discutiamo, è intelligente, profondo, parliamo sempre, ma non desidera né me, né il sesso in sé.
Ne abbiamo discusso mille volte, abbiamo litigato, ho pianto e lui ogni volta si ritiene offeso, umiliato nella sua "Mascolinità"; addirittura una volta mi ha detto che la società impone un modello maschile virile e sempre eccitato che pensa sempre al sesso, mettendo in testa a noi ragazze questo stereotipo, mentre nella realtà non è così.
Non nel suo caso, ma nella realtà. Capite??
Io ho parlato con questa mia amica e nel suo caso non è affatto così, il suo ragazzo la desidera sempre e succede anche tutti i giorni!
Eppure il mio ragazzo non lo ammetterà mai.
Mi dice che almeno lui non pensa solo al sesso!
Non capisce che "pensare solo al sesso" è diverso da "desiderare la propria ragazza" ma lui non lo capisce.

Questo post non voleva essere un capo di accusa nei confronti del mio PERFETTO ragazzo, ma una riflessione su di me.
Cerco nel cibo quello che cerco nei soldi e quello che cerco nel sesso, e che non ho ancora capito cosa sia.
Voglio disperatamente sentirmi desiderata e mi sono accorta che è per questo che mi sono fissata con ragazzo senza nome, che in realtà si chiama Giacomo: perché in lui vorrei trovare l'approvazione che non ricevo dal mio ragazzo.
Mi rendo conto che è vitale questo, per me. Non a caso soffro incredibilmente questa mancanza del mio ragazzo, quanto quella dei miei genitori, del loro affetto, che continuo a cercare di colmare con il cibo ma che è tanto profonda da essere inguaribile.

Scusate il post infinito, avevo giurato che sarei stata breve, non so se lo leggerete mai; nel caso, voi, cosa ne pensate? Quanto vi ritrovate nella mia descrizione? Anche i vostri ragazzi sono così? Sopravvaluto l'uomo? Chiedo troppo?