lunedì 23 febbraio 2015

NIENTE.

NIENTE.
Forse scriverò la prossima volta un post allegro, ma oggi non ce la faccio.
Non si tratta delle abbuffate, è da lunedì che non mi abbuffo.
Pensavo che andasse tutto bene, ma io sto davvero troppo MALE.
Non parlo con P., lo ignoro, ignoro le sue richieste dolci di parlarmi.
Non mi interessa.
Non mi interessa.
Il problema è che sono GRASSA. Giuro di non essermi mai, MAI sentita così grassa. O forse sì... È probabile.
È una sensazione desolante, devastante, e dentro è solo il deserto.
Non c'è niente di niente, adesso. Non cinque minuti fa, non un'ora fa mentre ero con il mio ragazzo tutta allegra a passeggiare per Torino e ridere.
Adesso.
Avete presente? Una voglia di piangere, un dolore acutissimo nel petto, una cazzo di delusione e stanchezza, un corpo orrendo!
No, non lo sapete. Nessuno lo sa.
Piango sulla cyclette perché sono terribilmente sola questa sera, in questo preciso istante mentre la Terra ruota intorno al Sole e su se stessa, mentre i buchi neri si mangiano la luce, mentre il silenzio dell'universo ci assorbe, tutti, uno per uno, sulla nostra palla verde e blu: io sono triste.
Sto male e sono sola. Trovo comportamenti e pensieri simili ai miei, ma sono sola.
Perché non mi sveglio e sono magra? Perché non peso 42 chili come una volta?
Ricordo così bene quegli anni... E voglio piangere.
Un giorno mio papà mi ha preso le dita, cinque anni fa, e mi ha chiesto perché avessi le dita così magre. Anche il dentista mi aveva chiesto perché fossi così magra.
Perché ero così magra? È l'unico giorno in cui mio padre si è accorto di me: adesso urla come un pazzo, non considera né me, né mia sorella, né mia mamma, che dorme nel letto con noi, ormai.
Non dormono più insieme e lui non vuole darle più soldi, così come a me o mia sorella. È ossessionato dai soldi. Sbuffa e si arrabbia persino se li chiediamo per il regalo di un compleanno di un amico. Abbiamo cambiato casa e da quel giorno è diventato intrattabile.. Oltre che inesistente, come già era.
Non importa, non voglio le attenzioni di mio padre, né la freddezza di mia madre...vorrei solo essere magra.
Cosa chiedo? Perché il mio cervello mi impone e mi ha imposto, un bel giorno, di abbuffarmi?
Perché sono infelice?
Scusate, è inutile commentare questa merda.

martedì 10 febbraio 2015

La teoria del tutti, DCA al maschile.

Se io fossi Darwin avrei formulato una teoria diversa e sicuramente meno equivocabile della sua: tutti dimagriscono.
Tutti dimagriscono, tranne me.
È una legge matematica, provata da una ripetuta esperienza e verificabile in qualsiasi momento della vita, specialmente della mia.
Tutti dimagriscono: amiche, parenti, fratelli, cugini, prozii, frati, preti, persino Dio credo sia dimagrito, qualche volta.
Tutti, tranne me. E, sottolineiamo, tra tutti questi io sono la sola che non solo desidera dimagrire, ma per la quale dimagrire è letteralmente una ragione di vita.

Tutti dimagriscono: tutti dimagrivano, dimagriscono e dimagriranno e tu li guarderai restando sempre uguale, nei secoli dei secoli, amen.

A parte questa stupida introduzione, che rispecchia perfettamente la mia realtà, oggi ho preso il mio affezionatissimo nove di filosofia senza il quale credo mi sarei felicemente suicidata. Ormai è l’unica cosa che mi piace, e come sapete e come sappiamo più ci si convince di una cosa più questa si concretizzerà sovrastando ogni forma di contraddizione interna a noi.
Ebbene, ho preso il mio nove sudato studiando fino alle due di notte (mentirei dicendo che, per quanto mi piaccia, non ero stanca morta) non perché mi costasse chissà che fatica memorizzare (quello che mi piace lo memorizzo, come chiunque) ma perché avevo una paura terribile di non sapere TUTTO. Ma ero stanca.
Giorni consecutivi di abbuffate si fanno sentire e rendono fiacchi più di quanto possiate immaginare: la più faticosa delle reazioni, superate quelle iniziali (di ormai un anno fa) di sconforto, rabbia, voglia di morire e bla bla bla, è, secondo la mia modestissima opinione derivata da un anno di binge intenso, svegliarsi la mattina dopo l’abbuffata.
Quei secondi terribili in cui ti chiedi se l’hai fatto davvero e decidi, scegliendo cosa mangiare a colazione, se abbuffarti anche quel giorno o ricominciare. Solitamente, vi sconvolgerò, scelgo la prima opzione: tanto ormai! Mi abbuffo per ancora un paio di giorni e poi basta, visto che ho rovinato tutto!, proprio come quando inizio a studiare matematica e mi dico “Ma si, facciamo anche un po’ di scienze, tanto ormai!” (ah ah ah, stesso meccanismo proprio- ironia ironia ironia).
Fatto sta che seguendo il mio intelligentissimo ragionamento, questa settimana è stata teatro di abbuffate plateali; non terribili, ho fatto di peggio, ma comunque diciamo considerevoli, ecco.
Pensate che mi sono addirittura fatta fuori una tavoletta di cioccolato al latte, che io ODIO, mi fa proprio schifo, eppure lo mangiavo e più mi faceva schifo più pensavo “Lo finisco!”, conseguenza logica, voi direte.
Ebbene sì, e se volete proseguo con salame e parmigiano per “pulirmi la bocca” dal disgustoso sapore del cioccolato al latte che in condizioni normali mangerei solo sotto tortura.

Fatto sta che ci tenevo, a parte queste spicciole considerazioni, a condividere con voi una presa di coscienza e coraggio che ho avuto modo di verificare sulla mia pelle, nella mia testa e nelle mie azioni.
Venerdì scorso sono andata a un gruppo di formazione che frequento con altri ragazzi dove faccio l’animatrice, e parlavamo di sesso, e va beh. Fatto sta che ad un certo punto il fratello venticinquenne del mio ragazzo (no, perché il mio ragazzo ha due fratelli quindi meglio specificare; lo chiamerò P.) ha detto “I ragazzini che guardano i porno si aspettano poi troppo dalla propria moglie, sono insoddisfatti e sono meno portati ad avere una relazione stabile con una donna”.

Ok, ho da ridire ma potrei in parte condividere, per alcuni varrà così, ma non soffermiamoci su questo. Aspettate che vi racconti il resto, che a me ha fatto veramente esplodere.

L’affermazione condivisibile è proseguita con “Ed è anche per questo che le ragazze decidono di dimagrire e sviluppano problemi con il loro corpo: vogliono fare meglio sesso, essendo più magre.”

(Ok, parliamone.
Se già questo vi ha fatto girare i coglioni, leggete il resto.)

A questo punto qualcuno dei ragazzi che erano con me ha emesso versi di disapprovazione, qualcuno era poco convinto, così è intervenuta, giustamente, da esperta, la fidanzata di P. (chiamiamola E.), spiegando meglio l’affermazione che poteva sembrare equivoca.
“Eh sì,” spiegava, “Una ragazza vede una rivista, la televisione, e dice: “io vorrei essere come lei! Come sono brutta!” così decide di dimagrire e poi diventa ossessionata!”
E, P., giustamente, ha proseguito: “Già, queste cose succedono alle ragazzine. Io e E. ci siamo passati, sono fasi, e quando uno le supera si accorge di quanto era stupido da ragazzino. Ma comunque queste cose influiscono molto!”

Allora, cominciamo dal fatto che io voglio molto bene sia a P., essendo sangue del sangue del ragazzo che amo, sia ad E., e premettiamo che P. sa, in parte, dei miei problemi (come vedete ha capito molto, ecco la mia capacità ad esprimermi nella sua manifestazione più evidente!).
Non ho proprio accettato il fatto che continuassero a pensarla così, ed io non ho il diritto ma il DOVERE di parlare.

“Ciao P.
Mi premeva molto scriverti anche se forse non ti farà molto piacere o semplicemente resterai indifferente. Solo volevo condividere con te alcuni post di un blog su cui scrive una ragazza secondo me capace di esprimere meglio di chiunque altro quello che io non riuscirei a dire. Ti suggerisco alcuni post in particolare ma, se riuscissi, a poco a poco, a leggere tutto il blog, sarebbe davvero bellissimo.
Ovviamente non sei obbligato, ma credo di essere IO in diritto di parlare e di provare a farmi ascoltare.
Mi è dispiaciuto molto per quello che è saltato fuori ieri sera. Tu ed E. avete cucito insieme una terribile e inopportuna serie di luoghi comuni, cliché, STRONZATE (perdonami) ferendo nel profondo me e tutte le ragazze che vivono quello che vivo io, quelle che voi chiamate quindicenni e in una fase.
Mi ha ferita perché proprio l’altro giorno ho letto di una donna che festeggiava trent’anni con il proprio disturbo alimentare.
Trenta, porca miseria! E nel 2015 da persone intelligenti e curiose, stimolanti e ricche io sento dire simili CAZZATE!
Io sono molto contenta che tu ed E. che siete passati per questa fase (come tutte le ragazzine bombardate dai media e dalle riviste e dai manichini e chi più ne ha più ne metta) ne siate usciti e siate cresciuti, davvero: la cosa mi rende proprio felice.
Ma i disturbi del comportamento alimentare sono MALATTIE mentali alla pari della schizofrenia e qualsiasi malattia mentale ti venga in mente. Per la cronaca, un mio compagno di classe soffre di disturbi alimentari.
È un MASCHIO e mi ha scritto per ricevere un po’ di conforto, per parlarmi … io non penso abbia sfogliato le riviste e nemmeno che qualcuno gli abbia riempito il cervello di maschi magrissimi e che lui sia voluto diventare tale.
Io credo che il dolore vada rispettato al di là degli stereotipi e credo che ognuno abbia il DOVERE di informarsi. Su internet le ragazze come me (di cui, ti assicuro, io sono la più piccola) creano uno spazio virtuale per non essere bombardate non dai media, ma dalla superficialità schiacciante.
Spero che leggerai molto attentamente questi post e, ripeto, anche tutto il blog: se non vorrai farlo, allora, per favore, evita in futuro di spiegare cose che non conosci e non vuoi conoscere; se lo farai e continuerai a non capire e a pensarla allo stesso modo di prima, sarebbe bello che lo tenessi per te, senza necessariamente condividerlo con persone che soffrono, e soffrono davvero, e soffrono da anni, e soffriranno sempre. Un bacio!”

Mi piacerebbe tanto ricevere un vostro parere. Ormai l’sms l’ho inviato, e mi è stato chiesto di raccontarmi (cosa che, ovviamente, non farò) ma mi piacerebbe sapere se ho avuto una reazione esagerata.
I blog che gli ho consigliato sono quello di Veggie e “Trappola per topi”.
Non so se ho reagito troppo duramente, anche perché lui poi mi ha detto di essere rimasto sveglio fino alle quattro per pensare a me, estremamente dispiaciuto. Lo conosco da anni e so che è molto sensibile, proprio per questo ho pensato, forse presuntuosamente, di chiarirgli le idee: il fatto è che è talmente sensibile da essere stato il primo ad accorgersi che qualcosa in me non andava (poi, quando l’ho detto al mio ragazzo, ho provato a spiegarlo anche a lui, ma non ha evidentemente funzionato), solo che da quel momento ha iniziato ogni volta a fare commenti tipo “Eh, anche io non mi trovo bene nel mio corpo”, o a mandarmi messaggi come che “Anche la mia ragazza ha attraversato questa fase, sono cose dell’adolescenza e passano”.
Lui ha 25 anni, non 250. Non ha mai avuto un dca. Mi scazza chi senza aver vissuto le cose, ne parla senza nemmeno informarsi.

Scusate, ci tenevo a sapere la vostra opinione.

PS: del compagno di classe è vero. Lo sa solo Anais perché non mi sentivo di raccontarlo, ma qualche mese fa, vedendo un mio compagno dimagrito e preso in giro con frasi del tipo “non mangi ahahah!” gli ho chiesto se qualcosa non andava e lui senza esitazione mi ha detto di avere un brutto rapporto con il cibo. Ovviamente ha capito che io ho i suoi stessi problemi e di tanto in tanto mi scrive e si confida. In un messaggio mi ha anche scritto:

“Grazie Ceci sei un’AMICA (l’ha scritto in maiuscolo.); in questi giorni con poche parole, per messaggio, mi hai fatto capire quanto sia importante fermarsi un attimo e riflettere su quello che sto facendo, su me stesso, e su cosa sia DAVVERO importante per me. Grazie”

Non l’ho detto a nessuno nella classe: il fatto che si sia aperto con me mi fa sentire davvero bene. Ho pianto per giorni, lo confesso, non accettavo che qualcun altro potesse vivere questo e per di più un ragazzo.

Vorrei poter fare qualcosa per lui ma per ora l’unica cosa che spetta a me è spezzare una lancia in suo favore, ed urlare al suo posto: basta ragazzine quindicenni viziate che si fissano con le modelle! E, nel mio piccolo, con quel messaggio, spero di aver cambiato almeno un angolino di mondo: il suo.

mercoledì 4 febbraio 2015

La serietà.

La fregatura dei giorni è il tempo: quando è troppo, quando è poco.
Non riesco a prendere le cose sul serio. Vi succede mai? Di guardare ciò che vi accade come a voi estraneo, o di credervi così intelligenti, quasi di un altro mondo, da pensare che sia tutto una grandissima puttanata?
Come sapete, piccina come sono, quest’anno ho la maturità. Non ho nessuna intenzione di fare quella geniale che non studia e prende dieci, non ne ho motivo: non è vero e sinceramente che voi lo pensiate o meno non mi rivoluziona l’esistenza.
Dunque, posso assicurarvi che quest’anno ho la maturità e non me ne frega un emerito cazzo.
Non ho dieci, non ho nove (solo in filosofia, perché mi piace), non ho otto, qualche sette, non sono una mente (non più. Lo ero, ma sono precipitosamente calata in tutto). Non studio quello che non mi interessa (cioè tutto, meno che letteratura e filosofia), ma non è che nonostante ciò brilli chissà quanto. Sono mediocre e sinceramente mi sta bene così, se lo sono in biochimica o fisica, che tanto non mi piacciono.
Dovete credermi: non me ne frega un cazzo.
Quello di cui, però, mi frega e non poco è di come gli altri, invece,  concepiscono l’esame di Stato: preparano tesine, studiano, si interessano addirittura delle materie esterne od interne! Mentre io sinceramente me ne frego pure di quelle in terza prova.
Non me ne frega un cazzo di stare davanti alla commissione all’orale, non mi interessa fare bella figura; fosse per me e non per le aspettative (che, purtroppo, quelle sì, gravano su di me enormemente) farei scena muta e non sprecherei le mie (troppe, dopo l’abbuffata di oggi) energie nemmeno a scrivere la mappa concettuale della tesina.
Quante risate mi sono fatta nel cervello vedendo i miei compagni angosciati, tutti che pullulano di idee brillanti per la loro super meravigliosa tesina!; qualcuno la sta già scrivendo, alcuni tra poco iniziano a studiare per il tema (?!), altri ancora credo vogliano farne addirittura una copia per il New York Times.

Io riesco solo a pensare ad una scuola di adolescenti, una scuola di bambini che usciti di lì non saranno nemmeno ancora ragazzi, a malapena giovanotti, una scuola di professori frustrati, una scuola di gente che

si preoccupa si preoccupa si preoccupa PER NIENTE.

Sarà che io penso solo al mio futuro, a quando mi iscriverò a filosofia, a quando il mio ragazzo si laureerà, a quando andrò a vivere con lui, a quando preparerò i miei esami, a quando viaggerò oppure a quando resterò al mio posto facendo la cameriera o la cassiera con la mia amatissima laurea, a quando avrò (come spero!) dei figli; sarà che per me tutto ciò che sta al di fuori del mio SERISSIMO (?!) disturbo alimentare è una cagata colossale; sarà che io penso a Riccardo che ha un tumore e che tra poco si opera e la sua preoccupazione è di svegliarsi la mattina; sarà, ma io sinceramente di questo ridicolo e fasullo esame di Stato me ne sbatto allegramente i coglioni.
Ed ODIO i miei compagni che turbano i miei stati d’animo inclini allo stoicismo con le loro preoccupazioni che mi fanno sentire dannatamente in colpa per l’assenza delle mie.
Odio i professori che chiedono la tesina entro inizio marzo, odio fregarmene, odio dover perdere il tempo che potrei dedicare a dimagrire per preparare l’ennesima interrogazione (perché di questo si tratta) di cui non mi importa per niente.
Tanto si sa che con più di ottanta non esco, si sa che i più cretini prenderanno quanto me, si sa che andrà male anche il tema – per la profezia che si auto avvera, per il mio pessimismo porta-sfiga, per quello che volete voi, sbizzarritevi – tanto si sa che io sarò sempre grassa.
E tanto si sa che l’unica cosa che mi importa davvero è, dopo il mio ragazzo, dimagrire.
Si sa che un cento alla maturità non mi gratificherà mai come perdere dieci chili, si sa che se ho deciso di non essere un numero sulla bilancia, ho scelto anche di non essere un voto.
Non sono un voto.
È che tutto questo mi sembra semplicemente NIENTE. Niente davanti alla vita, niente davanti ad una sola delle mie abbuffate, niente di fronte ad un sarcoma o una metastasi o una chemioterapia, niente.
Non ho nemmeno voglia di assecondare l’idea di scrivere una sottospecie di tesina sui disturbi alimentari, e nemmeno di farla su Kundera e sulla anoranza, ignoranza, nostalgia.
Non ho voglia di esporre me stessa in dieci righe, come ci dicono di fare. Semplicemente questo esame per me non è niente.
Eppure qualcosa mi dice che dovrei essere seria.

lunedì 2 febbraio 2015

Motivi in ricerca

L’esistenza vuota. Ed io impregnata di esistenza.
Tento invano di fuggire alle mie abitudini, abitudini perché abitano. Non le riesco a sfrattare e a volte sono delle buone compagne di vita: nei momenti in cui la vita, io, non la sento più.

Mi sveglio, dopo dodici giorni che non mi abbuffavo è proprio vero, è la realtà, ieri mi sono abbuffata. Pochi drammi: salgo sulla cyclette, pedalo un’ora, mi lavo, faccio il silk epil, la routine mi mangia come un cioccolatino da scartare, spalmo l’olio idratante, penso di poter essere una nuova persona: in mente le sue gambe, il suo culo; le mie gambe, il mio culo …
Non importa, per questa mattina non è importante che io non sia come lei, questa mattina importa che io non mi schifi di essere me.

Ecco perché Zeno mi piace tanto, e mi piacciono parimenti le emozioni di pietà e compassione che leggerlo mi provoca. Ecco perché il suo muro dei propositi io vorrei portarlo a casa con me, ecco perché continuo a leggerlo, rileggerlo, leggerlo ancora: mi sono abbuffata.

Di nuovo? Ma non avevi ricominciato con la cyclette, ti eri lavata, depilata, asciugata i capelli, non avevi messo l’olio idratante?

Già, il che rende tutto più drammaticamente STUPIDO.
Ma come si dice in questi casi, “la torta era avanzata ed era veramente tanta e veramente buona, al limone, poi c’erano le acciughe in frigo, il pane con l’olio” e scusate se non proseguo ma in questo preciso istante sto lottando per non vomitare.
Sto lottando per non vomitare.
Sto lottando per svegliarmi domani e convincermi che non è vero, che non posso averlo fatto per una ragione così stupida come una stupida torta IO, proprio IO che avevo deciso di ricominciare, proprio io che adesso mi prometto di non farlo più, proprio io che stavo cercando un equilibrio, un compromesso: “le verdure e il pesce a pranzo con una mela, e un muffin al farro al pomeriggio per premiarmi”.
Sto lottando per non piangere.
Sto lottando per razionalizzare.
Sto lottando per collocare l’accaduto in una dimensione che giustifichi almeno in parte il mio delitto imperdonabile: la noia, lo stress, la rabbia, la solitudine …
Stronzate.
Sto lottando per comprendere meglio cosa ha scatenato il tutto: insomma dai, leggo, rifletto, penso, scrivo, coniugo; non posso veramente essermi abbuffata perché era avanzata la torta al limone ed era buonissima!
Deve esserci stato qualche motivo profondo, qualche dramma, uno di quei drammi che solo io con il mio cervello contorto e sempre in funzione posso comprendere …
Puttanate.
E più me ne rendo conto, più abbasso la testa. Chiudo i miei occhietti brillanti e mi spengo, come una stella che implode.
Mi sento sconsolata, arrabbiata, delusa, triste. Spremo le meningi, cerco e non mi rassegno e continuo a cercare quel grande motivo che possa farmi dire “è comprensibile che tu ti sia abbuffata! Dai, eri nervosa, arrabbiata, triste, annoiata!” e cerco sfogliando il diario verifiche, interrogazioni lontane il cui pensiero potrebbe avermi fatta sentire …
Cazzate.

E adesso vorrei chiudere gli occhi e proiettarmi nel niente; adesso vorrei scavarmi una profonda fossa e rimanere lì per anni, rimanere lì dentro per anni, portare con me quintali di tristezza e nutrirmi per anni solo di quella, nutrirmi solo di quella tristezza! Nutrirmene per anni! E per anni non esserci per nessuno, per anni non esserci, per anni! Non esserci per anni!

Ecco perché mi piace tanto Zeno. Perché prima di leggere quel libro io avevo preso l’abitudine di attaccare al muro un post-it ogni volta che mi abbuffavo. Lo chiamavo “il muro dei fallimenti”.
Un giorno mia mamma pulendo ha buttato tutto via.
Non capiva quei post-it.
Nessuno poteva capirli!
E quando ho letto Zeno ho capito che invece qualcuno aveva avuto la mia stessa idea.
Cosa c’è di piacevole o triste, in tutto questo?
C’è che io leggo quelle pagine ogni giorno, per ricordarmi ogni giorno che non sono sola e per assicurarmi che ogni giorno ci sia qualcuno che costruisce un muro di fallimenti grande come il mio!
Un muro di fallimenti grande come il mio!
Un muro di fallimenti!

Ecco perché detesto tanto me stessa. Perché mia mamma ha buttato giù il mio muro dei fallimenti. E se non è più lì, dov’è il muro di fallimenti? Dove sono i fallimenti?
Voi dove andreste a piangere un morto, se non avesse una tomba? Io non voglio piangere un morto nel mio cuore!
Non sono pronta a metabolizzare (metabolismo? Cos’è il metabolismo?) i fallimenti senza prima vederli attaccati al muro. Eppure non voglio fallire più.
Ho lo stomaco che tira, la gola irritata, la bocca impastata, mi propongo con veemenza di non abbuffarmi più e intanto già penso al muro dei fallimenti che dovrei ricominciare a costruire?
Per farlo diventare grande come il mio? Grande come il mio! Un muro di fallimenti!
È incredibile. È troppo stupido per una come me, o semplicemente no.
O semplicemente è una malattia, alla pari dell’anoressia, della bulimia (io sono bulimica? Da quante settimane non vomito? Come posso essere bulimica?), della schizofrenia.
Ho scartato già questa opzione, nella mia testa vuota.
Ho scartato tante cose. Motivi, scuse, ragioni.

Io non trovo più niente.
Ma domani … domani sarà diverso.