martedì 23 dicembre 2014

Io non esisto

Io non esisto.
Se non scrivo non esisto e mi permetto di vestire di solitudine e amarezza i giorni che mi rifiuto di vivere: un no detto all'abitudine.
Maschero l'arroganza con la fragilità, mentre sono sicura di me a tal punto da credermi intelligente.
L'idea di bellezza lascia gradualmente il posto alla frustrazione: per quale motivo non sono bella? Penso spesso e a lungo a cosa farmene di questa testa vuota e piena di sé, e finisco sempre per concludere che questo mondo non sia alla mia altezza. Le pretese di comprensione da parte di qualcosa di diverso da me si affievolisce e non è più un'ossessione.
Penso che la malattia della magrezza abbia iniziato a divorarmi nel momento in cui ho deciso di credere che sarei stata Geniale.
Una punizione per mettere a tacere il mio egocentrismo, il mio vittimismo, tutte quelle teorie e quelle seghe mentali che risultano una tentazione per me; una punizione a tutto questo infinito bisogno di essere IO.
Una punizione che copre e nasconde tutto questo lasciandomi le briciole di un corpo anoressico da perseguire e un'attitudine ambita alla RINUNCIA.
Ecco quello che le parole che credo di padroneggiare mi lasciano, infine: immagini di una vita ricca di originali teorie bruscamente strappate via dal muro dell'inettitudine che circonda la mia buia esistenza.
Pensavo di essere Dio, invece non sono ancora nemmeno IO. Beato l'onnipotente che ci ossessiona!
Non vedo niente.
Una corsa infinita e stancante, una giostra potente, verità finte.
Respiro il gelo di Torino ma non sento niente.
Non sento niente.
I dubbi riguardanti il cosiddetto futuro si sciolgono dolcemente e ora capisco che la mia strada è semplicemente quella che io sento di voler fare. Il fallimento è inevitabile conseguenza dei propositi che mi impongo, è approdo sicuro, certezza; leggo Lucrezio, leggo e rileggo Svevo cercando di capire come un essere così incapace di stare al mondo possa esservi immerso a tal punto.
L'autodistruzione è parte di una guerra combattuta contro l'ignoto nemico che si ciba della mia vita: il peso, il cibo, la pasta, il pesto, la carne, la panna suonano come stonate e sgradevoli note nella melodia di tanta leggerezza che le parole e gli ideali compongono.
Non ho niente, eppure ho sempre troppo.
La materia di un corpo che mi inchioda alla realtà e mi impedisce di volare veloce con i miei pensieri, così speciali, così incomprensibili... Non esisto. Bisogni concreti che appesantiscono ed ingombrano la mia dimensione astratta.
Piango. Il pianto mi rende umana, non sono in grado di amare più. Censuro la disperazione, nascondo la vergogna e ripulisco il dispiacere.
Cerco l'autorità di mio padre inesistente nell'uomo che invece semplicemente mi ama, e non sopporto questo. Vorrei intransigenza, vorrei emozioni, vorrei essere brutalmente sottratta alla monotonia del rispetto. Mi sfiora spesso il pensiero di voler essere picchiata, maltrattata, ammazzata.
Il rispetto ci frena, la paura di esprimerci ci inchioda a quello che ripugnamo con tanto entusiasmo. Non sono in grado di lasciarmi apprezzare.
Per me scrivere è vivere e non riesco ad esprimermi in altro modo, a parte attraverso il mio corpo martoriato di cui però nessuno si accorge (o per lo meno, non interpreta ciò che critica e condanna).
Uomo, gli occhi di Dio per te sono chiusi, tu sarai perdonato perché hai costruito un Dio che ti perdona sempre.
Un giorno avrò il diritto di lamentarmi, perché ce l'ha solo chi sta male di un dolore misterioso, incomprensibile ma concreto e visibile.
Invece vivo nell'invisibile, il mio corpo si consuma e io esisterò solo quando nessuno riuscirà più a vedermi...
Non rimane che la cenere

mercoledì 29 ottobre 2014

Cibi da abbuffata, per farvi ridere un po'!

Ciao ragazze, i vostri commenti mi hanno invitata a riflettere, vorrei provare a prendermi un po' cura di me, vorrei provare a riflettere in maniera un po' simpatica su me stessa. Ovviamente ancora dal discorso alimentare non riesco a staccarmi, ma leggendo poco fa il post di Euridice, che ringrazio :), ho avuto l'idea di elencarvi (spero brevemente!) i cibi delle mie abbuffate, per farvi fare due risate :)
È stranissimo di cosa mi abbuffo io, molte di voi davvero si metteranno a ridere, e penseranno "per quella volta che ti abbuffi, che diamine, abbuffati di cioccolata e bomboloni alla crema, wafer, biscotti!" e invece, sentite un po', ho raramente voglia di questi cibi proibiti.
Sapete di cosa principalmente mi abbuffo? Mi viene da ridere solo a scriverlo, mi sento ridicola perché molte mi diranno che sono vere e proprie abbuffate da carenza di cibo, da morta di fame!
Ebbene si. Perché i cibi di cui ho sempre avuto il terrore non sono cioccolata, caramelle, torroni (certo, se ho sottomano quelli e voglio abbuffarmi, facendo 2+2 mi strafogo) perché dovete sapere che anche nei miei periodi più sottopeso non me ne sono mai privata, a colazione ho sempre mangiato una piadina con la cioccolata bianca (signore e signori, non mi piace la nutella! La detesto! Ahah), perché non mi spaventava. Sapete cosa mi sono sempre tolta e di cosa mi abbuffo?? Ahah ancora un po' di suspense e mi uccidete, lo so.
Le mie abbuffate consistono in pane, olio, sale, tonno, acciughe, formaggi salatissimi, arachidi salate, crackers con granelli di sale e soprattutto, ripeto, litri e litri di olio!
Faccio ridere, lo so, ma sono per me i cibi categoricamente vietati, io non mangio MAI sale e condisco con un filino di olio, l'ho sempre fatto, ma, ahimè, sono i cibi che prediligo nelle mie abbuffate :(
Raramente mangio biscotti o roba dolce, e se succede, subito dopo taglio mezza Panella di pane e ci schiaffo un litro di olio con un barattolo di sale e lo mangio! È assurdo, lo so ragazze, ma è praticamente sempre di questo che mi abbuffo, anche perché non è che in casa mia ci sia tutta questa gamma di merendine o biscottini. Ma anche quando esco a comprare con l'intenzione di abbuffarmi, compro un sacchetto di panini, pancetta, crescenza, provolone, una volta ho comprato una provola piccante e l'ho finita :( starete ridendo o pensando che sono matta, e non vi do torto... Ma vi giuro che quando voglio abbuffarmi mi basta una Panella, tonno in olio di oliva, acciughe, formaggio, salumi e sbam, mi ingozzo e immergo tutto in olio e sale, è il paradiso per me XD ma durante i miei giorni tranquilli questi cibi sono praticamente banditi, soprattutto il sale, che io non utilizzo assolutamente.
Bene, era un post frivolo per farvi sorridere, spero commentiate con riflessioni e pareri, sarebbe interessante!
Se riuscite a capire qualcosa in più di me, non esitate a scrivere! :) Accetto anche insulti del tipo "Sei stupida, niente cioccolata?".
PS l'unico dolce che mi attira è la torta al limone dell'Auchan, piena di crema di limone, ma subito dopo mi ci mangio una focaccia con il salame piena di olio, più olio e sale possibile XD
PPS: potete consolarvi, che io le 3000 calorie le supero alla grande solo per l'olio che divoro :):) un abbraccio ragazze!

lunedì 27 ottobre 2014

Muss es sein? Es muss sein. Es muss sein, es muss sein, ja, ja, ja.

Cara Sybil, come stai?
Sono nel baratro. Attualmente sono in un baratro da cui non riesco ad uscire. L'altro ieri mi sono abbuffata per l'ennesima volta ed ho vomitato, per l'ennesima volta, con la solita voglia di arrendermi e con la solita abitudine a soddisfarla.
Volevo coltivare la bellezza, ragazze, in ogni suo aspetto. Ho provato anche a leggere di più, ho fatto un tema bellissimo, ho sorpreso me stessa, il mio professore mi ha proposto di partecipare alle olimpiadi di Italiano, ho anche vissuto un momento di estrema fiducia in me stessa: ho pensato seriamente di fare filosofia e intraprendere la carriera di giornalista, ho anche deciso che avrei scritto un libro, ho deciso che sarei andata all'estero per imparare le lingue, avrei fatto un viaggio per scrivere e avrei fatto della scrittura la mia vita perché è l'unica cosa che riesco a vedere per me: cambiare e stravolgere la vita delle persone con le parole, dimostrare la loro potenza e penetrare nel cuore, un obiettivo ambizioso ma in cui ho creduto. Ho davvero pensato di valorizzare me stessa nella scrittura, ho fatto piangere il mio ragazzo facendogli leggere i miei temi, che ho steso in un'oretta scarsa, di getto, strappandomi il dolore di dosso e disponendolo accuratamente sulla pagina pulita; ho riordinato le mie contraddizioni ed ho proprio creduto che solo una pazza come me che mangia e vomita può riuscire ad essere così precisa e profonda in cinquanta righe, solo una persona che si crede unica perché si sfonda di cibo e poi si infila le dita in gola può riuscire a razionalizzare e rendere il proprio strazio interiore insospettabile con tanta pacatezza.
Eppure, ragazze, come sapete, i miei stati d'animo sono solo macchie sporche nel mio corpo enorme, ed io ormai ho smesso di contarle, perché si creano e si dissolvono con una facilità che non riesco a spiegare.
Ecco che il mondo mi crolla in pezzi addosso, con la pesantezza di tutto ciò da cui non si può scappare e sopra cui non si può costruire ed immaginare: un messaggio "Cecilia, gira voce che tu sia incinta. Ti senti bene? Non esitare a chiedere se hai bisogno".
Pensavate non ci fosse niente da immaginare oltre a delle parole così chiare, no?! E invece Sybil è riuscita a fare un dettagliato elenco di motivi per i quali dovrebbe girare una voce tanto assurda, e le sue motivazioni, rileggendole con attenzione, le sono parse anche fondate e assolutamente probabili, all'inizio, fino a subire una rivalutazione determinante, sempre da parte della nostra Sybil che non può sbagliare quando si tratta di sparare su se stessa, che le ha trasformate in verità assolute ed incontestabili (come del resto come tutte le sentenze che sputa Sybil) !
Ebbene, ecco cosa Sybil ha elaborato con la sua geniale mente malata.
Dovete sapere che Sybil va a scuola con lo stesso maglione enorme di suo padre e i pantaloni della tuta tutti i giorni da due settimane, e li toglie per lavarli solo nel weekend; ha smesso di fare cyclette, di lottare, si lega i capelli che ha tagliato cortissimi (Anais a cui avevo inviato delle foto sa di che capelli parla Sybil), ne viene fuori giusto un codino microscopico, è ingrassata in modo spaventoso, non le entrano nemmeno più i calzini.
Ergo, Sybil è incinta.
E va beh, a nessuno è saltato in mente, per fortuna, che Sybil possa aver ricominciato a vomitare e ad abbuffarsi (ma che idiota, nessuno sa nulla, perché dico RI-cominciato?!) e per mettere la ciliegina sulla torta a tutti questi strati farciti di merda, occhi rossi e vestiti deformi, il suo ragazzo (di Sybil, si intende), le ripete che è bellissima.
In precedenza, ad affermazioni di questo tipo, Sybil reagiva con pianti isterici e insulti, ma adesso la nostra geniale suicida, nota per imparare dai propri errori come voi che la leggete potete constatare, ha adottato una nuova tecnica che ha definito "Asseconda il tuo ragazzo che andargli contro non serve", e che consiste, come spiega chiaramente il nome, nel continuare ad ingrassare a dismisura "tanto-al-mio-ragazzo-piaccio-lo-stesso-e-non-vuole-sentire-le-mie-paranoiche-manifestazioni-di-disgusto-nei-miei-stessi-confronti", a vestirsi senza la minima cura, a lavarsi per inerzia e a evitare ogni genere di occasione sociale che non sia il compleanno della mamma.
Ragazze, ho trovato la pace dei sensi! Grazie a questa idea geniale
1) mangio quanto e quando voglio e ingrasso come un bidone
2) posso dare la colpa di ciò al mio povero ragazzo
3) non spendo soldi in inutili abiti quali pantaloni e magliette
4) tutti pensano che io sia incinta e non che mi sfondo di cibo fino a rotolare e contorcermi dal dolore (soffro anche di reflusso gastroesofageo, sfioro l'inferno ogni volta che mangio) e poi vomito tutto perché il mio corpo si rifiuta di ricevere un trattamento tanto eccessivamente strabordante di attenzioni che già pensava di non meritare e che ora gli sembrano a sproposito.
Bene, ragazze, ecco da una semplice domanda, dubbio, preoccupazione o quel che preferite, cosa Sybil è riuscita a tirare fuori, a leggere tra le righe. Questa è la meravigliosa situazione in cui Sybil si adagia, e di cui pensava sarebbe stato interessante mettervi al corrente dato che si sente compresa solo da chi fortunatamente non la vede e non deve avere a che fare con la sua brutta personalità.
Ragazze, Sybil ha un disturbo alimentare e a volte cerca di combattere, prova a reagire. Lei lo sa quanto sia facile affondare e lasciarsi trascinare a fondo. Sa anche quanto sia bello venire a scrivere qui e avere qualcosa di cui lamentarsi. È per questo che per tanto tempo non lo ha fatto.
Sto scrivendo adesso perché ho bisogno di sentire che c'è ancora qualcosa perché sono sicura che c'è sempre qualcosa.
Sto scrivendo adesso per ricevere le vostre attenzioni, anche se preferisco leggervi. Quello che voi raccontate mi sembra sempre così coinvolgente, in ognuna di voi leggo una vita, tra le righe.
Sto scrivendo perché ho bisogno che qualcuna di voi mi dica dove la legge la mia vita tra queste righe che forse si differenziano formalmente da tutte quelle degli altri post, ma che sostanzialmente sono le stesse.
Perché io non vedo più niente.
Vedo solo una povera persona frammentata e delusa, disillusa, presuntuosa.
Vedo un ammasso di chilogrammi e qualche briciola di sogno, ma niente di più, perché il resto non è altro che un disperato desiderio di piacere istantaneo. Di gloria, di soddisfazione, di cibo.
Scrivo qui perché scrivere è l'unica cosa che adesso può coccolarmi, tra le tante richieste d'aiuto che lancio contro i mulini a vento alti, imponenti, tanto inutili... Scrivo perché qualcuna di voi mi dica che lei, dietro tutto questo, vede una persona che vuole vivere ed ha una vita.
Mi alzo la mattina e vorrei iniziare a gridare, mi specchio e quello specchio vorrei distruggerlo, mi lego più stretti i capelli sottili e rovinati, mi butto quella sottospecie di tuta che ho addosso, metto le stesse scarpe rovinate e vado a scuola. Il freddo mi punge il naso e l'aria che inspiro sa di sporco ma non mi interessa, non vorrei essermi svegliata (come ogni mattina) e so che quella non è la mattina giusta.
Penso a quando ero magra, ovvero SEMPRE nella mia vita, coprendo gli ultimi due anni con un pesante velo pietoso, e penso a come mi svegliavo insoddisfatta, ma almeno ero insoddisfatta in un paio di jeans taglia 38. Penso a quando pesavo quaranta chili e penso che erano venti chili fa, adesso molti di piu, e penso che mi ci sto allontanando ed ora nel mio corpo non si vedono più, i chili segnano i miei miseri anni di disperazione.
Sono delusa e arrabbiata, non ho voglia di affrontare niente, né di scoprire che non passerei nemmeno una selezione in quelle stupide olimpiadi di italiano, né tanto meno di cambiarmi i vestiti.
Io voglio riprendermi in mano me stessa. Ma questa non sono io.
Il mio ragazzo mi ripete di andare da una nutrizionista, ma io sono stanca di spiegargli che non potrei permettermela e che mia mamma me lo impedirebbe. Non ci crede, dice che non ho bisogno del consenso di mammina ma la situazione è incomprensibile per lui, lui non conosce mia mamma.
Mia mamma non ci crede a questa cose, mia mamma non crede a me, mia mamma dice NO perché mia mamma NON PUÒ AVERE UNA FIGLIA MALATA, non se la può permettere, non esiste, mia mamma parlava con i medici tappandomi la bocca e diceva che io con il cibo non avevo alcun problema, lei cucinava ed io mangiavo e a casa nostra si mangiava bene, e basta, la storia finiva lì, abbiamo smesso di vedere dottori quando sono finalmente ingrassata e la faccenda, per mia mamma, si è risolta.
I miei tentativi di parlarle venivano stroncati dai suoi "Non ti permettere" e il silenzio ha sempre dominato come un dittatore autoritario.
Lui non capisce, ed io sono stanca di spiegare.
Per questo la storia finisce qui, con io che non voglio farmi curare, io che sono testarda, io che mi arrangio.
Ragazze, la mia battaglia contro il dca finisce qui, diventa una piacevole convivenza. Io ho un dca e non voglio guarire: al diavolo le giustificazioni, al diavolo le scuse, mia madre, la vergogna, avete ragione voi, ha ragione il mio ragazzo, e sapete che vi dico?
Che se volete non sono causa del mio mal, ma ho tutto il meritato dovere di piangere me stessa in silenzio, senza fracassare i coglioni agli altri. Per questo scusate, il mio ragazzo mi perdonerà, tutte le ragazze che invece stanno lottando coraggiosamente mi perdoneranno e hanno tutta la mia ammirazione, il mio incoraggiamento, la mia stima.
Ma io non sono fatta per stare bene, io penso che probabilmente troverò un modo per uccidermi passando il meno possibile attraverso il dolore fisico.
Sono stanca di vivere. Sono stanca di non essere capita.
Sono stanca di essere sola. Stanca di essere sputtanata. Stanca di ricevere rimproveri, stanca di persone che mi dicono che non voglio guarire.
Mi sento offesa, mi sento mortificata, io che lotto da anni, io che ho anche provato a seguire lo schema alimentare di una dietista, io che ho provato a far capire a mia mamma ma lei è sorda, io che non ho la fortuna di avere una famiglia come la vostra, che nonostante tutto il dolore che vi infligge non vi nega un supporto psicologico o nutrizionale. Vi prende comunque sul serio.
Ed io vi ammiro perché anziché autocommiserarvi vi date da fare, lottate, vi alzate le maniche e in qualche modo vi fate del bene. Ci provate. Provate a volerlo.
Vi ammiro perché ognuna di voi ha un talento, una passione che nella sua università vuole far brillare nonostante tutti i momenti in cui non vi sentite all'altezza, non vi sentite brave, vi sentite perse.
Io ho riflettuto a lungo e credo che mi iscriverò a filosofia e, se sarò capace di vivere, la mia vita sarà accompagnata dal sottofondo che risuona nella testa di ognuna di voi mentre legge questo post ansiosa di finirlo, adesso, e che fa piu o meno così "Può permetterselo. Farà la mantenuta, mentre noi ci spacchiamo il culo nelle aule di medicina, ingegneria, giurisprudenza, taglio e cucito lei sarà lì a filosofare, pensare, fare cose inutili alla società, fini a se stesse, per il suo piacere personale, per soddisfare un suo capriccio, e poi pretenderà anche uno stipendio che forse noi nemmeno avremo pretendendo di occupare un posto nel mondo che noi abbiamo a malapena ricevuto con sangue, sudore e rinunce. E si lamenterà della morte del pensiero e della cultura, mentre noi cureremo persone, salveremo vite, aiuteremo chi ha bisogno; e ora, giustifica il suo fallimento e il suo disimpegno con una vocazione che non ha in nessun altro ambito."
Forse è quello che sto pensando io ma ho bisogno che lo pensiate anche voi, giusto per essere sicura di avere qualcos altro su cui piagnucolare.
So che questo post è una mancanza di rispetto per chi tra voi sta combattendo, sta provando a cercare la luce, per il mio compagno che in ospedale fa le chemio, per chi soffre davvero. Mi dispiace tanto. Mi dispiace di non essere all'altezza nemmeno del dolore, che dovrebbe accomunare tutti gli esseri umani.
Mi dispiace di non essere amata. Mi dispiace tanto. Tanto. Mi dispiace.
Muss es sein?
Es muss sein.
Es muss sein, es muss sein, ja, ja, ja.

sabato 18 ottobre 2014

Riflessione estiva, a breve Sybil vi spiegherà la sua disastrosa situazione (yuppi)

Pensavo adesso al momento più bello della mia vita. Non so perché, ma ci stavo pensando.
E l'unica cosa che mi viene in mente è legata tristemente al peso. Tristemente perché c'è ben poco della mia vita che non sia legato al peso.
Ricordo che il momento più bello della mia vita è stato due anni fa, a fine giugno, il giorno dopo che morì mia nonna. Mia nonna è morta di demenza senile, e sinceramente non mi è dispiaciuto per niente. Quella che mi ha distrutto è stata la malattia che l'ha ridotta in uno stato pietoso, in condizioni in cui nessuno dovrebbe trovarsi, e che ti fanno sperare silenziosamente, nel tuo letto "muori, nonna, muori. Ti prego" Ma queste cose annoiano anche me, mi hanno distrutta ed ora mi annoiano, mi hanno distrutta perché ho visto un essere umano spogliato della ragione ed è una cosa agghiacciante. Non ne parlerò, non l'ho mai fatto e non lo farò mai.
Ma ricordo quel giorno perché ero al supermercato con mia mamma in quanto era il compleanno di papà e dovevamo pranzare a casa, e facevamo la spesa. Avevo dei jeans piccolissimi perché in quel periodo stavo dimagrendo molto, di nuovo, e una maglia nera aderente. Non avevo tutto questo seno, quindi le maglie strette non erano un mio problema. Credo che in quel periodo portassi una seconda, perché come dicevo stavo dimagrendo. Mi sentivo sempre grassa, in realtà, nella mia vita mi sono sentita sempre grassa, sempre, anche a quaranta chili. Preciso, ed è importante, che mia sorella è sempre stata sottopeso: è alta piu di 1.70 e ha sempre pesato 41 chili, fino ai quindici anni suonati. Ha poi iniziato ad ingrassare ed ora soffre di binge, credo, non ne parliamo ma soffre di dca anche lei ed io mi sento colpevole; ora è sempre magra ma molto meno di prima. Quel  giorno abbiamo incontrato i miei vicini, ci siamo salutati, condoglianze e puttanate varie, e poi quel commento, che mi ha infilzata e ferita piacevolmente: non me lo aspettavo, per niente, mi ha fatta sentire la persona piu felice del mondo. Il mio vicino mi ha guardata, ha spalancato gli occhi e ha detto quasi urlando "Cecilia, ma quanto sei dimagrita??" poi si è rivolto a mia mamma e ha esclamato "mica vorrà fare la modella! A dicembre l'ho vista, ma non era cosi! Una figlia ti sta ingrassando (riferito a mia sorella) ed una ti dimagrisce!" poi si è di nuovo rivolto a me "Non esagerare! Con questo corpo puoi fare la modella, ma non esagerare, è spaventoso!". Mi hanno attraversata una serie di brividi dolci e piacevoli, ed ora quella sensazione mi manca da impazzire, e darei qualsiasi cosa per riprovarla sulla mia pelle, cruda così come è. Era la prima volta in cui qualcuno mi paragonava a mia sorella senza darmi della palla. Del "maialino" (si, una volta, nel mio periodo "grasso" - 50 kg, mi hanno chiamata maialino). Della "paffutella". La prima volta, ed è stato indescrivibile. Quel commento infelice su mia sorella mi ha riempito spaventosamente di orgoglio, cazzo, era la mia rivincita su di lei, finalmente qualcuno mi vedeva, ero trasparente, come mi chiamavano le amiche (fantasmino è sempre stato il mio soprannome), ma mi vedevano. Mi guardavano. "sciupata", "ciao magrissima", mi hanno sempre tutti salutata così. Non sono mai stata veramente magrissima, ma il mio seno ha sempre pesato un bel po', quindi il resto del peso è sempre stato ben distribuito, e sono sempre sembrata piu magra. Sono sempre dimagrita da magra, mai ho superato in vita mia i 50 kg, mai, sono stata sempre quella magra, è per questo che non mi riconosco ora che ne peso 60. Sono sempre voluta essere ancora più magra, è paradossale, perché ora che sono veramente in sovrappeso io voglio guarire.
Sono sempre stata così sottile, così bella, così perfetta. Stai scomparendo, mi hanno detto una volta, ma a me non bastava. Non mi è mai bastato niente, era tutto sempre non abbastanza.
Mettere tutto sopra una pagina mi aiuta a razionalizzare un po', non dovete leggermi per forza, non voglio essere giudicata poco profonda, o superficiale. Davvero, ho bisogno di scrivere questo adesso. Il terrore di non essere all'altezza sarebbe placato da venti chili in meno, ma ho detto che voglio guarire, anche se lo dimentico sempre. Lo dimentico quando mi compaiono all'improvviso immagini nella mente e non mi fanno dormire, immagini in cui si riflette il mio corpo in uno specchio ed io sono davvero magra, ma non me ne accorgo. E adesso io vorrei tanto avere quel corpo per imparare ad amarlo, ma è troppo tardi. È tardi per piangere, è tardi per recuperarmi. Dimagrire è gratificante il doppio che mangiare, ma ci vuole tempo, mentre ingozzarsi è istantaneo e lenisce il dolore acuto di un secondo sbagliato. E di secondi sbagliati riempio le mie giornate, a volte sbaglio i secondi solo per soffrire.
Ieri sera ho vomitato di nuovo perché ero nervosa, un paio di questioni irrisolte, parole lanciate senza pensare, sospese nell'aria, pungenti, in mezzo alla tavola apparecchiata, parole immobili e fredde appiccicate ai muri, parole cattive, sorrisi finti e battute, ed io che mi alzo dalla sedia furiosa per scappare da tutte quelle parole, mi chiudo in bagno e vomito, solo un po', non per essere magra e bella, ma per liberare un po' di endorfine e stare meglio; e poi il rumore dell'acqua fredda e dello spazzolino, lavo i denti con rabbia, ma sono abbastanza in estasi, posso tornare in quell'aria rarefatta della cucina tra gli sguardi assenti fissi sulla televisione dei miei amici, che non so se sono amici, ma dopo aver vomitato non importa più, e nella testa giuro che è l'ultima, l'ultima volta. Non lo faccio più, ma non ho sensi di colpa, non come quando mi abbuffo, la gola brucia più del solito perché soffro di reflusso gastroesofageo da quando ho 10 anni, ma niente che mi distrugga psicologicamente. Non è istantaneo come un'abbuffata, che quando hai finito ti vorresti uccidere, torturare, annullare; è a scoppio ritardato, ma gradevole se escludiamo il gusto acido in bocca e la sensazione di avere sbagliato, in fondo. Di non doverlo fare più, in fondo.
In un angolo di cuore coperto dall'autoconvinzione che non lascia intravedere ragione. Il cuore non le ha, come dicono molti. Il mio, anche le avesse, non potrebbe fare altro che divorarsele. Come un bambino che non vuole finire quello che ha nel piatto, abbassa la testa e mangia con gli occhi lucidi, così fa il mio cuore, deve divorarsi consapevolezze e verità di errori che solo lui conosce, e che deve nascondere.
Comando io, nel mio corpo? Quando mangio mi pare di servirlo, ma quando non lo faccio servo una parte di me che mi possiede, a cui non riesco a ribellarmi.
Ma sento che sarebbe giusto, in fondo.
Quando ero piccola ho chiesto a mia mamma "Mamma, che parte sei tu del tuo corpo?" e mia mamma mi ha risposto "Gli occhi. E tu?". Io ci ho pensato un attimo e ho risposto che io ero la bocca, perché poteva parlare, esprimermi. Avevo sette anni e lo ricordo bene, mia mamma lo racconta sempre come fosse un prodigio, forse perché i grandi si aspettano che i piccoli non abbiano cervello, ed è una convinzione che poi si tramanda e si eredita, e poi si dimentica di rifiutare. Come ci si dimentica di cambiare idea, di essere malleabili. Ma sono concetti che non mi appartengono. Forse davvero la vita consiste nell'imparare a deframmentare il dolore, masticarlo, modellarlo, come mi ha detto una mia amica. Forse davvero la felicità è condivisa, il dolore isola perché nessuno può e vuole entrarvi in empatia. Forse davvero bisogna fare a cazzotti con se stessi per trovare un equilibrio, e forse davvero, come penso io, alcune persone sono portate per il disequilibrio. Forse bisogna pensare meno.
E forse davvero è stata l'ultima volta che ho buttato fuori del cibo dal mio corpo.
Arriva un momento in cui le parole stancano ma i pensieri continuano ad affollarsi ed io non voglio lasciarli nella mente, a nuotare nel vuoto, io li scrivo. Riempio quaderni, fogli libri e sono sicura che prima o poi imparerò a scrivere, davvero. In fondo ho imparato a vomitare a furia di farlo, ho imparato ad abbuffarmi allo stesso modo e a dimagrire pure. Perché non adottare le stesse strategie per scrivere, per cantare, per studiare? La mia vita è un cerchio noiosissimo in cui tutto si ripete. Spezza il cerchio, Cecilia, spezza il cerchio. Chi può spezzarlo? Io. Io che ci ballo e ci sguazzo, nel cerchio. Io che l'ho costruito con tanta fatica... Mah, sento solo musica troppo alta. Parole che hanno senso e per questo non piacciono: alle persone piace l'ignoto. Io non credo che l'uomo cerchi la verità, la certezza. L'uomo è ricerca per antonomasia, l'uomo è fatto per cercare e non trovare. Non vuole risposte, vuole nuove domande da porsi. Vuole parole a cazzo e vuole fingere di capirle. Vuole pagine di poesie da interpretare e vuole riempirsi il cervello e il cuore di balle.
Balle che si racconta, che racconta agli altri, che impone, che condivide. A me diverte tutto questo, sono una ragazza molto allegra. Mi piace raccontarmelo. Perché il mio Dio mi ha resa tanto suggestionevole e suggestionata? Il sangue mi terrorizza, io vorrei tanto farmi del male fisico, ma credo sverrei, sono una vera fifona. Ho pensato tante volte a quel ricordo felice, a quelle parole, a quegli occhi aperti, spalancati per cercare di trovarmi, mentre io cercavo di scappare.
Ricordo che quel giorno, dopo quel commento, a casa, a pranzo, mi sono abbuffata. Allora non sapevo fossero abbuffate, e forse per questo non sono mai ingrassata: le vivevo come "sgarri", quindi non pensavo "tanto ormai" e non continuavo. Restringevo e dimagrivo. Mi sono abbuffata non di quantità, ma nel modo. Prendevo formaggio e salame come in trans, non riuscivo a fermarmi. Eppure mi avevano appena detto che ero magra... Ma che ne so. In fondo non volevo davvero essere magra. Volevo ammazzarmi, volevo distruggermi, il mio desiderio è sempre stato quello.
Penso che Sybil dovrà morire, perché è cosi che va a finire, è questo che Wilde vuole. Penso che devo staccarmi da lei, perché altrimenti morirò anche io. È troppo innamorata, è troppo affamata di me. Ed anche io ho fame, ho una fame immensa, una fame indescrivibile. Non la banale fame d'amore (niente è banale, ma mi piace crederlo), una fame diversa. Una fame di ascolto, una fame di perdono. Una fame di affetto, amicizia. Una fame di solidarietà. Una fame di sole, di aria, una fame di vita.
Ricordo quel bellissimo giorno in cui non è successo niente tranne aver poi visto il corpo di mia nonna freddo e rigido, e aver annusato la candela accesa accanto alla bara. Ma lo ricordo perché è stato il piu bel giorno della mia vita. E non mi ha dato niente. Non mi ha lasciato esperienze, riflessioni, ricordi profondi. È il giorno più bello della mia vita perché non ha significato niente. Io, il funerale di mia nonna, un supermercato, il mio vicino che commenta il mio corpo magro, la mia abbuffata, la bara di mia nonna con il suo corpo morto e la candela. Mi accontento di poco, ma l'effetto che ti fa dimagrire è questo, è stupido.
È vuoto.
È stato più bello del giorno in cui ho dato il mio primo bacio, o di quando ho fatto l'amore per la prima volta. È stato più bello di quando ho incontrato il mio ragazzo, più bello di quando lui mi abbraccia, è stato il più bello.
Non starò mai più cosi bene, ma ora devo crescere, devo uscire. Liberarmi. Perché il resto è merda, Cecilia, e tu sei stanca della merda.
Perché sei una merda di autocommiserazione che non ha la forza di uscire, o non vuole cercarla, o non vuole trovarla, e gli altri ti biasimano. Ma sai una cosa? Non è il mondo che è cattivo. È che tu non sei in grado di viverci. E chi non è in grado di stare al mondo allora non deve autocommiserarsi. Si deve levare dai piedi. O si sveglia.

giovedì 2 ottobre 2014

Parole al vento perché non riesco a darmi da fare per salvarmi...

Sono sulla cyclette. Vi scrivo da qui perché ho voglia di scrivere e perché devo fare cyclette.
Devo farla perché dovrei studiare per il compito di domani di letteratura e non ci riesco, non combino nulla. Sono più propensa a sfruttare il mio tempo al meglio, investirlo nel sudore.
Vedo il mio grosso corpo consumarsi lentamente e provo una perversa felicità, una gioia pura, una soddisfazione indescrivibile.
Litigo spesso con il mio ragazzo perché lui è distante da me, mi sembra stanco delle mie ossessioni ed io sono davvero disperata, anche se confessarlo non è facile: vorrei potervi dire che che con un'ora di cyclette soffoco tutto il dolore dei suoi sguardi assenti ma purtroppo non posso, perché non è cosi.
Mi sento cosi sola... Ragazze, mi sento sola. Mi sento triste. La cyclette è inutile ed io non ne faccio abbastanza; il controllo è così instabile, la mia vita è appesa a un filo e sotto di me c'è un vuoto immenso: ragazze, ho paura.
Vorrei che qualcuno mi salvasse perché il mio corpo non basta piu, per quanto io mi impegni per distruggerlo, è un suicidio troppo lento. Posso anche mangiare bene un giorno ma le ore in una giornata sono troppe per impedire che la grinta diventi sconforto, e il contegno abbuffata.
Ragazze io sono dimagrita, ma non mi basta. Mi sento sempre più grossa e sempre più in colpa, vorrei tanto trascinarmi in salvo ma non ho le forze, c'è una voce che in testa mi obbliga a finire la mia giornata sulla cyclette. A sacrificare lo studio per la cyclette e il poco cibo che mi rende stanca.
Ragazze vorrei gridare aiuto ma nessuno mi sente, solo io e sento che resterò sola. Il mio ragazzo non mi ama, lo sento, lo percepisco, io sono sempre più sola con la mia cyclette.
Ho traslocato, ragazze, ho lasciato la mia infanzia in quella casa e mi fa poco effetto perché l'unica cosa che mi importa adesso è continuare a dimagrire. L'odio che provo si ingrandisce, è incontrollabile ed io a stento riesco a rendermi sorda mentre pedalo e conto calorie. Pedalo e perdo il tempo, il mio ragazzo, la mia famiglia, la scuola. Non ho prospettive per quanto riguarda il futuro, sono sempre più convinta che farò filosofia perché sono innamorata della filosofia. Sono innamorata della letteratura e vorrei tanto invece essere utile.
Mi sento a terra, mi sento stanca, mi sento tanto sola. Sto buttando la mia gioventù, la mia storia d'amore, sto buttando tutto.
Qualcuno mi aiuti, qualcuno aiuti Sybil perché lei non ce la fa ad aiutarsi. Può solo chiedere aiuto, AIUTATEMI. Ascoltatemi...

giovedì 25 settembre 2014

Mamma, ti prometto che sarò magra e non dovrai vergognarti.

Ho il cuore che pesa quintali, il cervello completamente invaso dalla rabbia.
Sono arrabbiata, sono arrabbiata con mia madre. Perché mi ha messa al mondo, perché sbaglia e non dovrebbe farlo, perché non mi ama, perché mi ha cresciuta male. La odio perché sono sgarbata, scortese, urlo a mia nonna, non mangio piu un cazzo, piango, sono maleducata, scazzata, arrogante. Presuntuosa. La odio perché lei ama tutti, ama i miei cugini, ama gli altri bambini e le brillano gli occhi, ma non ama me. La odio perché io sono al mondo con tutti i suoi difetti e tutto lo schifo che mi si appiccica vivendo con lei. E la odio quando dice "guardate come è educata vostra cugina. Come sei brava, Ida, le mie figlie non fanno questo e quello, rispondono sempre male". Ed è vero. Io e mia sorella siamo acide, cattive, trattiamo tutti a cazzo, male, ci chiudiamo spesso in camera finché mamma non viene a prenderci a schiaffi.
Ed io la odio. La odio perché parlo con mia sorella e pensiamo le stesse cose: abbiamo ricordi di quando da bambine mamma ci picchiava sempre, esageratamente, per ogni cosa. Ci picchiava, e ho rimosso molte cose. Ma le sue convinzioni, le stronzate che dice, il suo bruciare i costumi nel camino quando ingrassiamo... Quello mi resta infilzato nel petto come una spada avvelenata  e affilata...
E sono arrabbiata per come mi ha educata, perché non mi vuole mai ascoltare, perché l'unica volta in cui mi ha detto qualcosa riguardo il mio disturbo alimentare è stata: "perché ti vergogni a dire che vuoi dimagrire?" ed io avrei voluto gridarle che lei non aveva idea di cosa fosse la vergogna, quella vera, che ti fa venire voglia di sparire sotto una valanga di parole inopportune, di commenti ingiusti, di osservazioni fuori posto, per te, e fuori luogo. Per tutto il resto delle volte il suo preoccuparsi per me e per mia sorella si riduceva a ceffoni e labbra che sanguinano per non aver ringraziato, per non aver salutato, per non aver chiamato nonna almeno due volte al giorno... E il suo montarci la testa di quanto la sua educazione fosse migliore di quella di tanti altri genitori permissivi che erroneamente usavano il dialogo e non le mani con i figli era una melodia che stava da sottofondo a tutti i nostri litigi, le nostre parole sospese perché NON SI DEVE PARLARE, i nostri silenzi.
Mamma fa bene, ed io ne sono sempre stata convinta; mamma lo fa per me, perché lei non è come gli altri genitori che parlano, perché lei usa le mani, perché io ne ho bisogno, perché come dice sempre lei io voglio schiaffi anche se non lo so, tutti i bambini li vogliono.
Credevo non fosse importante, ma mi tremano le mani ogni volta che arrivano a casa altri bambini, e mi ripeto che devo svegliarmi, devo crescere, che sono sottigliezze, che ogni genitore è imperfetto e non ci si può deresponsabilizzare per affibbiargli tutte le colpe delle nostre mancanze, che è infantile e stupido, ma mi tremano le mani perché mamma li prende per mano e li porta a passeggiare, li abbraccia, gli fa i regali e in quei pochi attimi io non riesco lucidamente a realizzare che lo fa per gentilezza e perché non essendo figli suoi non può fare altrimenti: io penso irrazionalmente che lo fa perché non sono figli suoi, e quindi li ama.
E la ragione non mi assiste, la ragione è strana, e i miei pensieri credono di adagiarsi sul giusto, di funzionare come marchingegni eccellenti della mia macchina imperfetta: il corpo che tanto odio.
Viva la libertà di pensiero! E intanto mi si strappa il cuore a desiderare un amore che non mi spetta, non più, e che è tardi per pretendere.
Ascolto lei che mi rimprovera nel letto, prima di dormire, mentre soffoco il pianto nel cuscino, sussurrandomi dolcemente che ha capito il mio gioco, che trattando male mia nonna faccio stare male lei e tutti quelli che ci circondano, mentre io cerco di spiegarle che evidentemente io e mia sorella siamo state educate diversamente da tutti i nostri cugini che salutano, non rispondono con ironia spicciola, non urlano; e quando lei mi spiega che ci ha insegnato il rispetto ma che noi non lo usiamo io vorrei tanto rivelarle senza piangere che è proprio questo il problema, perché l'amore costretto non può essere amore né può diventarlo proprio perché privo della libertà che è propria dell'amore.
Costringerci a trattare bene nonna anche quando lei ci toglie il cibo dal piatto dicendo "guarda come vi siete fatte chiatte" perché "poverina è anziana certe cose non le capisce" non può che generare un disprezzo tale da distruggere ogni barriera tra la sincerità e la maleducazione, che prima o poi ha bisogno di uscire.
E intanto lei non ci ama, se ne va senza salutare perché per lei amare è essere disposti a fare per i figli qualsiasi cosa, a morire per loro ma io credo fermamente che l'amore sia tutt'altro che un gesto eroico e decisivo, perché banalmente l'amore si compone di gesti che valgono molto più qualsiasi sacrificio di vita la cui occasione tanto non si presenterà mai. In mente scorrono le immagini di quando gli altri bambini hanno sempre ragione, perché mamma non ci difendeva mai, dovevamo pentirci, chiedere scusa indipendentemente dal fatto, noi dovevamo prendere quei maledetti schiaffi che io ho sempre odiato perché mi minacciavano sempre, e gli altri bambini erano sempre difesi, vantati, coccolati.
Per lei le coccole erano vizi e lo sono ancora, e lei due figlie viziate non le voleva.
Mi dico che ho diciotto anni, che ho un ragazzo che mi ama, che devo smetterla di colpevolizzare mia mamma e assumermi le mie responsabilità, e mi ripeto che ora posso fare a meno di quell'amore. Spesso me ne convinco, ma altrettanto spesso non ci riesco e vorrei tanto convivere con questo vuoto che mamma ha creato, non lasciato.
Mamma, guardami, sono qui! Ma ormai sono grande e tu non devi guardarmi se non con gli occhi di chi pretende un futuro meraviglioso per me, anche se tu, mamma, lo fai da quando sono nata.
Non ti importa di amarmi adesso e tu non cambi, me lo hai detto, anche se fai di tutto per cambiare me.
Perché mia mamma non ascolta nessuno, tratta male mio padre, lo fa aspettare ore ed ore quando gli da un orario e lui sbuffa, bestemmia, si chiede perché l'ha sposata, quei litigi normali tra mamma e papà, ma che da me si ripetono giornalmente da quando sono nata.
Perché mia mamma non va incontro a nessuno, lo dice sempre, e non lo faccio nemmeno io, nella mia vita.
Quello che ci distingue è il senso di colpa, che lei non ha. L'autocritica, che forse io possiedo per tutte e due. Il bisogno di migliorarsi in continuazione, anche questo parte esageratamente significativa della mia personalità.
Stupida vacca che sono! Incolpo gli altri e mi lavo le mani dicendo che sono così per colpa di mamma.
Perché non mi ama? Io lo sento nel cuore che è così, e non voglio crederci, del resto lei non mi coccola, non mi difende, mi dice che dovrei comprare una cyclette e dimagrire perché non voglio capire che sono grossa, ma si butterebbe da un palazzo per me, lei lo dice sempre.
Lei non cambia ed io non so capacitarmene, e basterebbe farlo per mettermi il cuore in pace ed essere felice con un ragazzo che ha tutto l'amore di cui chiedo, e non vede l'ora che io lo accetti.
Ma ho dentro, nella parte più profonda dell'anima, quella convinzione che qui abbiamo inspiegabilmente tutte, ovvero di non meritare amore. E lo rifiutiamo, lo trasformiamo in un mezzo per farci del male, lo calpestiamo per sostituirlo con l'odio che ci fa vomitare, abbuffare, restringere, guardare con profonda ammirazione un corpo che scompare, un corpo martoriato, un corpo stanco.
E lo guardiamo con una perversa gioia, una gioia pura quel corpo disintegrato dalle botte, dai tagli, dalla pancia gonfia, dai capillari rotti.
Personalmente penso "è questo che merito".
E non vedo l'ora di crescere per assumermi le mie responsabilità e lasciare in pace la mia povera madre, a cui ho augurato la morte più atroce ogni giorno della mia vita, da quando ho quindici anni. Me ne vergogno, cerco di reprimere quell'odio, ma io non riesco a non desiderare che lei muoia. Così non ci sarà speranza di ricevere quell'amore, perché la speranza tiene in vita il dolore lacerante della certezza che la speranza è vana. Ma spero. Prima o poi mamma mi amerà come non ha fatto da piccola, prima o poi smetterà di picchiarmi, prima o poi parleremo. Prima o poi accetterà di correggere i propri errori ed io potrò fare lo stesso con i miei. Prima o poi amerà anche papà e papà amerà lei e non la tratterà più male. Non sbufferà più e non le dirà "maledetto il giorno in cui ti ho incontrata" e lei non uscirà di casa piangendo, ed io, quando non succederà, non avrò cinque anni. Non lo ricorderò, non dovrò pensare che amare è questo. Non mi resterà così inspiegabilmente impresso quell'istante, e nemmeno tutti gli istanti in cui mamma non era con me perché aveva sempre tanto da fare.
Perché mamma era irraggiungibile, mamma era quella che picchiava perché lei non era come gli altri genitori, e mamma non poteva abbassarsi a coccole o amore incondizionato, quello che a volte fa perdere ai genitori la rigidità. Per lei la cosa più importante era che chiedessimo scusa. E poi era tutto a posto, gli schiaffi cessavano, e lei si allontanava con un sorriso e andava a fare "altro". Mai si sedeva con noi per guardare un film, accarezzarci, parlarci... Parlare era per i genitori deboli, diceva lei, per quelli che si abbassavano ai livelli dei figli e perdevano il loro rispetto. Con mamma non si parla, mamma si rispetta, mamma si teme. Mamma non è l'accoglienza, l'istinto materno. Mamma è spigolosa, mamma è rigida, mamma è inflessibile.
Ed io voglio un corpo spigoloso, rigido, che non lasci intravedere nessuna forma di accoglienza.
Perché merito le ore sulla cyclette. Studio. Libri, libri. Altre realtà. Abbuffate. Merda.
Sono Sybil.

lunedì 25 agosto 2014

Solita disperazione e visita a Roma!

Sono sdraiata nel letto. E sto piangendo. Sto piangendo tanto e impercettibilmente, sto piangendo silenziosamente. Piango. Non riesco a fermarmi. Piango mentre scrivo e le lacrime scivolano da sotto le coperte mentre scrivo e vedo poco, non so nemmeno cosa sto scrivendo. Piango e non c'è nessun motivo per piangere. Ma io continuo a piangere disperatamente e non riesco a fermarmi e l'unico pensiero che mi accompagna in questo pianto è che ci voleva.
Ne avevo uno strano bisogno e mi sento una scema perché va tutto bene ed io piango.
Non so se piango perché ieri andando a trovare dei parenti mi hanno detto "come sei ingrassata! Ti trovo bella pagnottella, prima eri troppo secca, brava! Ma non ingrassare più mi raccomando!", oppure perché la sera ho mangiato la pasta con le zucchine, la pizzaiola, le melanzane alla parmigiana che avevano cucinato ed io non ho potuto rifiutare, oppure ancora perché sono sbagliata. Non capisco bene ma una serie di sentimenti confusi mi spinge le lacrime con violenza fuori dagli occhi ed io non so ribellarmi, mi adeguo, lascio che tutto questo passi, si sfoghi attraverso il mio corpo. Mi ripeto che mica è una novità, sono ingrassata, non è un segreto, ho piazzato dieci chili sul culo, un dato di fatto, come se avessi tinto i capelli. Lo scrivo al mio ragazzo e lui infuriato dice che la cafonaggine delle persone è sorprendente, che qualsiasi sia la storia o la sensibilità della ragazza non si dovrebbe fare un simile commento.
Ma io tento in tutti i modi di non dargli ragione, in fondo una ragazza potrebbe offendersi a sentirsi dire che è dimagrita, mentre io mi venderei l'anima al diavolo.
Cafone o no, sono incazzata con me stessa per averla presa cosi male, non capisco perché una cosa che io mi ripeto tutti i giorni faccia così male detta da un altro.
Insomma cosa pretendevo, che mi facesse i complimenti per le ossa in mostra che non ho nemmeno a venti metri sotto pelle? Che idiota.
Eppure piango perché non sopporto più tutta questa aria rarefatta della mia stanza, perché sto soffocando, perché vorrei polverizzarmi e andare via. Invece sbam, nella mia vita che da vigliacca non voglio vivere. Non ci riesco.
Ho il terrore di avvicinarmi alle persone. Sto dalla mattina alla sera davanti allo specchio a insultarmi e poi il primo che mi dice che sono una balenottera riesce a ferirmi piu efficacemente di me. Non riesco a capire. Non so veramente odiarmi, in fondo mi proteggo.
Ho una vista bellissima dal balconcino della mia camera... Si vede il mare, ed io non riesco a immaginare niente più di quello che vedo.
A fine mese farò un salto a Roma per incontrare una mia vecchia amica conosciuta qui al mare quattro anni fa, che non ho mai più rivisto e che ho continuato a sentire per e mail e mezzi vari. Finalmente la rivedo, sono così emozionata... Se qualcuna di voi è da quelle parti, magari possiamo salutarci velocemente perché sarò con lei solo fino al 3 settembre, quindi non potrò ritagliare molto tempo.
Avevo proprio bisogno di sfogarmi...ora vado sul balconcino a leggere e ritrovo il buon umore! Vi abbraccio una per una, un bacio.

mercoledì 20 agosto 2014

Deframmentazione del dolore e ragazzo partito.

Ho preparato un sacco di post in cui descrivevo queste giornate insensate e sconnesse, e li ho abbandonati tutti meticolosamente a metà; mi sono lasciata trascinare dal tempo, come faccio sempre.
Questa mattina è partito il mio ragazzo che era venuto a trovarmi in Campania, dove tutti gli anni vado con la mia famiglia (dove sono andata a Pasqua, tanto per intenderci, da mia nonna). Se n'è andato e ora c'è il vuoto, e la mia realtà.
Ci ho sbattuto la testa quando sono salita nella mansarda dove dormivamo io lui e mia sorella, ci sono salita dopo averlo accompagnato alla stazione, e ho guardato il suo letto vuoto ancora sfatto, il suo cuscino in cui non c'era nessunissimo odore, il suo accappatoio appeso che non sapeva di niente, il suo asciugamano anonimo.
Mi manca.
Ma sono troppo impegnata per piangere, per essere triste. Appena è salito sul treno la mia testa ha focalizzato un solo principale fondamentale obiettivo: dimagrire.
Così ho efficacemente demolito ogni altra emozione, immediatamente: ho chiuso le porte ai sentimenti, ho preparato il mio corpo al sonno in quella camera dove ora dovrò dormire sola.
E non mi consegno ad altro che non sia ferrea forza di volontà.
Alla fine non si tratta nemmeno più di questa, visto che esagerare con il cibo non è un mio problema, ora. Visto che ogni boccone è l'ultimo, visto che lascio yogurt e pesche a metà. Visto che il mio pranzo al mare consiste in mezza scatoletta di mais e la cena in melanzane al forno, il tutto accompagnato da due gustosissimi litri di acqua.
Mia nonna fa la sua pizza farcita ed io ne sfioro un pezzo tra tutti e nessuno mi vede, non mi interessa più di assaggiare tutti i gusti, di riempirmi, di sentire lo stomaco stanco. Lo mordo e lo mollo nel piatto, da quando mi fa schifo anche la pizza?
Da quando mi fa schifo la vita?
Sento che non posso vivere mangiando, sono stufa di dovermi preoccupare di aver esagerato, di essere ingrassata, e sono stanca di avere un solo costume coppa E e tutti gli occhi addosso insieme ai commenti che mi trapassano ma non lasciano segni, non glielo permetto; non riesco a mangiare. Non sento la fame, non ho segnali da parte del mio corpo, non percepisco alcuna sensazione o sintomo di insofferenza. Il mio corpo collabora, non manda crampi di fame né stanchezza, né senso di pienezza. Ho chiuso lo stomaco perché mi fa tutto troppo schifo.
Metto in bocca un cucchiaio di yogurt e subito compare nella mia testa l'immagine della mia compagna di classe con quel culo minuscolo, quelle braccia sottili e mi passa la fame. Penso che è colazione, così per lo meno lo finisco velocemente e lo mollo lì, nauseata, piena, stanca. Cento calorie, un macello di calorie. Un'infinità. Sono troppe. Lo penso anche mentre mangio lentamente il mais, penso che è troppo. Che potrei farne a meno. Non mi importa più un cazzo del metabolismo, della distribuzione delle calorie nell'arco della giornata, della dieta sana ed equilibrata... Io non ho fame. Non riesco più a mangiare perché io non voglio. Non voglio mangiare più. Devo scomparire. Non permetterò mai più al senso di colpa di farmi visita. Sono esausta.
E piano piano mi consumo... Mi concentro su altre cose, faccio le foto, non riesco a mangiare. Non finisco le fette di anguria che mi taglio, non finisco di bere il bicchiere di succo che mi riempio. Mi sento stanca di dovermi preoccupare, stanca di dovermi sentire in colpa. Persino stanca di gustare il cibo!
Dieci giorni di lenta distruzione, dieci giorni di barriere.
E senza il mio ragazzo a cui buttare di nascosto da tutti il tiramisù nel piatto, senza lui da coccolare, da abbracciare, senza lui che mi tira le coperte la notte, senza lui che se mi arrabbio mi segue, cerca di capirmi, vuole ascoltarmi; senza lui che se non mangio non mi dice niente, mi sorride, mi accarezza, magari mi prova a far cambiare dolcemente idea, e poi si finisce quel mezzo panino mangiucchiato; senza di lui voglio dimagrire.
Senza di lui non posso permettermi di guardare il letto vuoto e piangere e urlare, senza di lui non DEVO sentire un grumo di lacrime e catarro riempirmi la gola, senza di lui non voglio dover affrontare tutte queste emozioni ingestibili e dolorose. Non ce la farei, non posso.
Lascio il suo letto così, prendo il suo cuscino e provo a dormirci senza cercare una qualsiasi sua traccia, piccola, dolce; e se dovessi iniziare a farlo, io penserei "che cazzo me ne frega. Tanto l'unica cosa che mi importa è essere magra." e me lo ripeto così frequentemente che ci credo.
Mancano così tanti giorni prima di poterlo riabbracciare... Ma in fondo non mi importa davvero. In fondo non piango. Io non percepisco emozioni che non siano dolore post-abbuffata o stomaco brontolante per la fame.
E intanto scompaio e perdo peso, e non so nemmeno quanto, non so nemmeno quanto...
Tutto il resto è uno sfondo senza colore, il dca in primo piano su uno straordinario cartellone pubblicitario di una fantastica giostra nuova che ha avuto tanto successo in tante parti del mondo. Io lo fisso, mi lascio incantare, non mi oppongo perché in fondo il dca è la sola cosa bella che ho. È quello che mi fa sentire viva, che da senso alla mia vita, dopo il mio ragazzo.
Ma ora lui non c'è, e mi fa provare troppi sentimenti ingestibili. Il suo profumo, il suo respiro, le sue braccia, i suoi occhi, come mi guarda, come non gli importa delle mie ossessioni nel senso più pieno del termine, come riesce ad amarmi oltre tutto, con una forza spaventosa.
Lui può andarsene e lasciarmi con un pugno di niente e una voragine nel cuore, lui può farmi stare male.
Il dca mi fa provare quello che decido di provare. E sono una grande bugiarda, perché più che una merda questo è un rifugio.
Mi spiace di sputare nel piatto dove mangio quando parlo del mio dca come di un mostro... Ma ora è l'unica cosa che ho e che non mi abbandona e non mi fa soffrire piu di quanto io non VOGLIA.

lunedì 4 agosto 2014

Avvelenata e velenosa,

ma sempre ridicola.
Vorrei poter dire così tante cose tra tutte le lacrime che non vorrei versare perché io non amo piangere, ma le parole si affollano e finiscono sempre nello stomaco, alla fine. Dove sta tutto quello che non riesco a dire, che non voglio, che non penso. In cui non credo.
Ho pensato tante cose, sempre troppe per il mio cervello esageratamente piccolo ed esageratamente pieno, ho cercato di analizzare i miei comportamenti malati e di convincermi che meritassi una possibilità e una vita anche io.
E invece ho chiuso il capitolo più breve della mia vita con un "magari lo cerchiamo a settembre".
Il capitolo della mia vita si intitola "proposito di percorso guarigione, speranza, grinta, voglia di vivere".
Ed è proprio l'unica cosa che c'è scritta su questo capitolo cosi importante, cosi bello, cosi decisivo.
Le cose belle sono sempre insozzate dai tentativi, per questo ho deciso di chiuderlo perfetto così, senza macchie e delusioni.
"Magari lo cerchiamo a settembre, amore mio, un medico di base che mi faccia la ricetta per quel centro che tu hai trovato solo per me, amore mio, e l'hai trovato perdendo una mattinata alla asl a parlare con una gentilissima signora che ha messo un'ottima parola su quella dietista e quello psicologo, dove mi porterai a settembre, dopo che avremmo fatto la ricetta. A settembre, amore mio. Sei il ragazzo dei miei sogni" le parole al mio ragazzo, queste, e nella testa la vocina "solita merda- l'unica cosa che dovrai dirgli a settembre sarà amore, non sono malata, non voglio nessun centro specializzato, non vedi che peso il doppio della mia altezza? Avevo preso un abbaglio, io non voglio nessun medico, nessun percorso di guarigione (da cosa, precisamente?!), dovrei pagare con i soldi e l'umiliazione di mostrare un corpo di simili dimensioni ad un serio medico che cura seri disturbi, ed è un prezzo troppo, troppo alto per una malattia inesistente."
E non si tratta di non sentirmi abbastanza malata. Puttanate. Né si tratta di autocommiserazione della serie povera-me-è-il-mio-triste-destino-resterò-così-a-vita-quanto-sono-povera-e-triste-non-merito-una-possibilità-sono-sola-al-mondo-ohi-ohi-ohi.
Ammetto di aver pianto un po' quando me ne sono resa conto leggendo l'elenco dei medici di base a cui potrei rivolgermi, ammetto di aver pianto disperatamente. E di aver anche pensato ad una sorta di autocommiserazione mischiata ad un inno alla vita un po' impacciato. Ammetto di aver detto che questo schifo non valeva un cazzo e di aver scomodato anche qualcuno per farmi consigliare la modalità migliore per guarire... Ma sono una persona troppo logica per credere che la mia sia una malattia e soprattutto che mi renda infelice. Quindi il mio capitolo è chiuso, ed ora sono letteralmente tranquilla. Il mio povero ragazzo ancora gira di asl in asl e di medico in medico, ma io non posso dirgli che ho cambiato idea. Insomma, non posso.
Ammetto che sto piangendo anche adesso ma mi passerà, ammetto che scrivo per farmi compatire un po' - tutti i migliori egocentrici Ne hanno bisogno. Ammetto anche che non so cosa fare, era cosi bello sguazzare in quel capitolo della mia vita. Ma sapevo che non avrebbe avuto un futuro.
In fin dei conti, io lo so che punterò al suicidio, ma non per disperazione.
Non lo annuncio qui per non essere creduta, per essere aiutata, per essere salvata, o criticata, o aggredita. Se mi conosceste di persona sapreste che faccio sempre le scelte con meticolosa attenzione. Solo abbuffandomi mi sfuggono un po' le cose di mano, perché mi dimentico di Dover riflettere. Sono molto riflessiva. E cinica.
Lo scrivo perché è oggettivamente cosi che andrà a finire, ed io sarò su quella lista di ragazze che muoiono causa dca che nessuno conosce.
Sono solo numeri, ed io sono un numero.
Vivo perché sono codarda (o coraggiosa, dipende quali libri avete letto, se quelli "la vita è una sfida e la vera vittoria è vivere" oppure quelli della serie "non ho il coraggio di uccidermi allora vivo") e soprattutto per dimagrire. Perché voglio vedere dove posso arrivare. Mai mi ucciderei senza aver almeno sfiorato i quaranta chili di nuovo. Non trenta o quei numeri irraggiungibili lì, a me bastano i quaranta. Giusti per la mia altezza, raggiungibili. E poi mi ucciderò. Perché ragazze, davvero, è una merda.
Lasciate perdere quello che ho scritto sopra ed anche quello che pensate. Questo disturbo (non malattia, disturbo è molto più calzante) non vale davvero un cazzo. Non vale niente.
Se siete in tempo, scappate via. Buttate la bilancia. Se siete sottopeso, tanto, fatevi aiutare. Non me la sento di dirvi "anche se non lo siete", perché non vi crederà nessuno veramente malate. E nemmeno voi vi credete tali. Nemmeno molte stesse ragazze di blogger qui vi credono malate. Eccomi a sparare sentenze. Scusate, ma sono molto presuntuosa. Solo voglio dirvi scappate via. Non ammazzatevi piu, se siete in tempo... Perché poi arriverà un momento in cui vi piacerà cosi tanto farvi del male che vorrete farne il vostro mestiere. E non ci sarà piu niente che potrà aiutarvi a ricominciare, a cambiare testa, a cambiare faccia.
Saranno solo parole, e voi morirete. Ma non morirete con una lametta o con una buona dose di coraggio e un balcone: morirete ogni giorno.
Tutti i giorni, regolarmente, e sarà una morte atroce, lenta, logorante. E sentirete un dolore che niente, niente al mondo potrà mai lenire, né attenuare, né placare. Perché alla fine vi perderete e non avrete piu nemmeno quel briciolo di coraggio necessario a dire vaffanculo.
E non lo dico da donna vissuta. Ma da bambina che è in questa menzogna da cinque anni e sa che sono pochi, sa che sono solo i primi di una serie, sa che dipendono da sé stessa, e sa che è malata proprio perché è debole. Una malattia schifosa: ti ammali perché non hai la forza per affrontare i tuoi veri problemi e per guarire puoi usare solo e soltanto quella forza.
Senza averla mai vista.
Davvero, scappate via. Io chiederò aiuto solo se e quando il mio dolore a cui non so dare un nome (non So nemmeno se esista) sarà ben visibile. Me ne sono resa conto stando qui sul blog e andando fuori, che il dolore annoia tutti. Annoia a sessanta chili, e annoia a a trenta. Non credete che a trenta chili vi prenderanno piu sul serio che a cento. Solo sarà tutto piu visibile. Almeno per me. Ho bisogno di aiuto, ma io mi rendo conto che nessuno vuole stare a sentire le lagne di chi non ha la forza di lottare. Nessuno capisce che quella forza è la stessa che è mancata quando si è precipitate nelle ossessioni e nella merda. In quella che qui tutti chiamano malattia.
Aspettatevi che la gente non capisca. Nemmeno io capisco. Anche a me danno sui nervi quelle come me, che un giorno vogliono essere forti e combattere, e il giorno dopo scrivono post del genere.
Siamo tutti esseri umani. Magari alcuni sono più sensibili. Ma tutti si aspettano qualcosa.
Per questo vi dico scappate. Qui dentro è una merda esattamente come là fuori. Non diventate scheletri e non vomitate, perché tanto poi dovrete trovare la forza sia per guarire da questo schifo, sia per risolvere e affrontare quei demoni che prima avete con fatica sotterrato con la malattia, con il cibo.
Dovrete sbattervi il doppio, e tutti saranno ancora più esigenti con voi. Qui non esiste perdono, non è per niente vero che solo voi non vi perdonate. Non trovate perdono da nessuna parte. A meno che voi non stiate tentando di guarire. Allora lì siete brave, forti, allora lì e solo lì AVRETE IL DIRITTO DI CADERE. Da malate nessuno vi darà quel diritto. Perché voi vi aggrappate ad un disturbo per fuggire alla realtà cruda, la vostra e quella del mondo, e vi trovate sotto gli occhi perfidi e pretenziosi di chi vuole che voi lottiate. Comprese voi.
E avrete solo tanto vuoto e tanto odio con cui riempirlo, solo odio.
E vorrete uscire, ma nessuno capirà perché non ci riuscite. Aspetteranno tutti che siate pronte, nessuno vi considererà piu di tanto fino a quel momento.
Vi ascolteranno solo se voi vi alzate e iniziate a combattere. Non aspettatevi le coccole, né tanto meno l'ascolto.
Sono una serie di scemenze che vorrete credere, come ho fatto io e come continuo a fare.
Adesso ho capito che voglio guarire. Lo so, lo so per certo. Mi sono seduta a tavolino e ho deciso che basta, ora guarisco. Così ho deciso che perderò questi fottuti venti chili e mi farò curare, perché nessuno vede la malattia in un mondo in cui vogliono mettere in passerella le modelle taglia 44. È la realtà, e quella è salute. Ormai anche i medici associano la malattia (dca) alla magrezza. No, tutti no, non voglio generalizzare. Ma io voglio guarire e non ho tempo di cercare il medico che non la pensa cosi.
Mi sono imbattuta in tanti medici che, poiché ero normopeso, non hanno mai considerato un granché la mia amenorrea.
Voglio guarire con tutta l'anima, cosi perderò questi venti chili e mi farò ricoverare seriamente, e non mi opporrò a niente, mi farò psicanalizzare, smetterò di fare la finta piena di dolore e confesserò seriamente tutto ciò che penso mi faccia star male, e lotterò.
Ma non posso farlo a settembre, non posso Pesando cosi tanto. Scappate ragazze, è una vera merda.
Scappate prima che la scelta si riduca alla morte, perché non siete forti abbastanza.
Scappate perché quando vi ridurrete ad un mucchio di ossa forse qualcuno si chiederà se forse non state male, ma se voi non prenderete in mano questa merda nessuno lo farà al posto vostro. Nemmeno a 30 kg.
Lo ripeto, il dolore è noioso.
Allontana tutti, non vi mette al centro dell'attenzione come vorreste. Nessuno vuole scavare nel vostro animo e capire perché non mangiate, perché vi abbuffate, perché vomitate o perché fate cosi tanto casino per una stupida pizza. Solo voi potete farlo.
Per questo, se entrate in questo inferno sappiate che poi dovete uscirne, per forza, perché altrimenti vi toccherà morire sole e incomprese lo stesso.
Non potete vivere malate per sempre, perché vi stancherete. E si stancheranno gli altri, uno alla volta, lentamente e non importa quanto: se ne andranno. E chi avrà il coraggio di rimanere, quelli che vi amano, soffriranno. Piangeranno. E voi seminerete attorno solo dolore e dentro di voi senso di colpa. Non espierete un bel niente.
Non è una figata. Non proverete a lungo quel senso di onnipotenza da "sonofigapesoquarantachili", non se siete malate davvero.
Se siete malate davvero, arriverà un giorno in cui vi strapperete i capelli perché sarete stanche, stanche, stanche. E quella fottuta forza non ce l'avete. Là fuori vi vogliono combattive, qua dentro idem, ma voi siete malate perché non avete forza. Non fraintendete, ovviamente essere malate non significa essere pappe molli... Semplicemente non avete quelle forza per guardare in faccia i veri problemi celati dal DCA. Ma quando urlerete per riavere la vita, come ho già detto, dovrete trovare una forza sovrumana per affrontare i veri problemi e l'inferno del DCA. La merda. L'odio. La bellezza del DCA, l'onnipotenza del DCA, il dolore del DCA che diventa irresistibile. L'unicità del DCA, che vi rende speciali. Vi crederete speciali ad un certo punto, perché voi avete il controllo, vomitate, restringete. Il DCA ha momenti talmente belli da cancellare in un secondo tutto il dolore. Ma quel dolore.... Non vale un secondo di quella felicità, finta.
E quando lo capite è tardi, ci siete immerse. Non si esce, ragazze, se non con le unghie, i denti, o la morte.
E forse scrivo questo perché spero che qualcuna di voi mi dica "non devi pesare venti chili in meno, ti prenderanno comunque sul serio. Non butterai soldi e tempo, ti servirà questo percorso. Hai solo sbagliato medici fino ad ora. Prova, ne vale la pena. Ti prenderanno sul serio."
Forse scrivo perché in fondo io so che sarò talmente stanca che morirò. Sono tanto stanca che morirò... Non ha senso questo post. Capitolo chiuso, niente guarigione per ora...

giovedì 31 luglio 2014

La coscienza di... chi?

Ciao ragazze, sono sul balcone della casa in Liguria, sempre dai miei amici.
Ho comprato "La coscienza di Zeno" perché devo leggerla per la scuola e mi sta piacendo talmente tanto che ve la consiglio. Ho letto una frase che mi ha fatto pensare tanto, volevo condividerla con voi.
"la mia vera malattia era il proposito e non la sigaretta. Dovevo tentare di lasciar quel vizio senza farne il proposito. In me-secondo lui- nel corso degli anni erano andate a formarsi due persone di cui una comandava e l'altra non era altro che uno schiavo il quale, non appena la sorveglianza diminuiva, contravveniva alla volontà del padrone per amore della libertà. Bisognava perciò dargli la libertà assoluta e Nello stesso tempo dovevo guardare il mio vizio in faccia come se fosse nuovo e non l'avessi mai visto. Bisognava non combatterlo, ma trascurarlo e dimenticare in certo modo di abbandonarvisi volgendogli le spalle con noncuranza come a compagnia che si riconosce indegna di sé . Semplice, nevvero?"

Può significare niente.
Ma questa sera volevo scrivere un post molto bello, volevo parlare davvero di me, cercare di capire perché non mi voglio bene.
Non una mini e noiosissima autobiografia, ma un piccolo resoconto delle mie mancanze.
Mi sono resa conto questa sera, ed è da un po' che ci penso, che uso la malattia, o comunque l'ossessione per la magrezza, come giustifica. Giustifico me stessa di tutto.
Da quando sono ingrassata molto, sono diventata una casinista. Lascio le cose a metà, in disordine, non mi preoccupo molto. Mi dico "tornerò a farlo quando sarò magra." Dieci chili fa ero ossessionata, ossessiva: controllavo me e gli altri, e rimproveravo gli altri se non mettevano a posto o se non piegavano bene le magliette. Il mio armadio era pulito e organizzato, mentre ora è un casino. Del resto, quando sarò magra lo pulirò. Perché io non accetto di vivere cosi. O meglio, mi dico che vivo cosi perché sono grassa.
A scuola mi lascio andare perché "fallisco perché sono grassa." non riesco a fare a meno di pensarlo. Il mio disturbo del comportamento alimentare ha creato intorno alla mia figura una pellicola trasparente, una grande bolla di vetro. Tratto i miei amici di merda, litigo con il mio ragazzo, rispondo male e mi dico "In fondo cosa mi importa di mantenere le amicizie. Io voglio essere magra."
Voler dimagrire rende tutto il resto della mia vita uno sfondo grigio in cui non ho responsabilità, in cui sono una bambina, esattamente questo. Ma ragazze, io non sono stupida. Io non sono quella che vomita, che beve, che si abbuffa. Ragazze, io non sono quella che digiuna.
Prima di ammalarmi ricordo benissimo che appena restavo a casa da sola avevo le gambe piene di brividini, e sapete perché? Perché se mamma non c'era, io mettevo mtv e cantavo. Facevo dei concerti pazzeschi. Ho una voce molto bella, arrivo a note impressionanti e questa sera posso dirlo senza sentirmi una vanitosa merda. Non sono una falsa modesta, io canto benissimo. Adesso sapete cosa mi eccita quando mia mamma non è a casa? Abbuffarmi. Vomitare. Digiunare. In serate come questa mi viene da piangere, ragazze io non voglio essere cosi. E come mi diceva Veggie in un commento, io non sto facendo nulla per uscirne. Ma sapete la verità qual è? Che io non riesco ad accettarlo.
Sono molto dolce, lo sono sempre stata. Ora sono acida, cinica. Frustrata. Ora rispondo male, non parlo, mi chiudo in me stessa. Io sono sempre stata allegra! Ho sempre stra parlato, ho sempre rispettato tutti. Sognavo il mio principe. Ed ora che ce l'ho, lo tratto male. Lo accuso ingiustamente. Sono fuori di me. Ma mi dico che in fondo è perché sono grassa. Che in fondo quando sarò magra cambierà tutto.
Perché a me? Ho dimenticato come si canta. Non mi da piu nessuna soddisfazione, tanto che nemmeno vi avevo detto di saper cantare. Sinceramente mi interessa solo che voi siate orgogliose di me perché ho perso venti chili. Perché io lo sono solo cosi.
Amo cantare e scrivere, e so fare meglio la prima, ma infinitamente. Non lo dico da ragazzetta, ho una voce ben marcata, canto falsetto cosi come tenore. Ho cantato in spettacoli, mi hanno chiesto di fare musical, di iscrivermi a corsi, di fare piccoli concerti in scuole di chitarra. Sinceramente non me ne frega piu un cazzo, non mi piace nemmeno piu.... Forse quando sarò magra.
Ragazze, non scherzo. È un pensiero radicato in me, davvero, lo penso e ci credo. Non basta dirmi "accetta! Fallo, crea una vita al di fuori del dca!" perché io non ho più interessi. Mi piace studiare filosofia perché spero di trovare qualche frase che mi motivi parlando di rinunce e di obiettivi (dimagriredimagriredimagrire). Dimagrire mi distrae da tutto. Ed in sere come questa, in cui tutti dormono e non vedono l'ora di svegliarsi domattina, io mi sento davvero male, un dolore profondo. Perché io vorrei addormentarmi per sempre questa sera, e non dovermi affrontare anche domani.
Perché da quando sono ingrassata io non ho più voglia di vivere. Quando ero magra ero certo continuamente alla ricerca del peso impossibile, ma ricordo di essere stata più felice. O non lo so, forse era prima di diventare magra. Quando ero magra lo stesso. Piu di adesso.
Io non riesco a vivere, non riesco ad uscirne come mi dice Veggie, perché io non sono questa. Non è il mio corpo. Questo corpo non è il mio.
Mi chiamo Cecilia e questo non è che il corpo di una sconosciuta, con i suoi pensieri malati e la sua abitudine schifosa di mangiare. Mangiare tanto. Non riesce piu ad avere il controllo, ora non sa piu vivere.
Mi chiamo Cecilia e non so piu chi sono. Mi chiamo Cecilia e non ho voglia di smettere di scrivere, ho paura. Perché quando smetterò di scrivere andrò a dormire. Mi sveglierò domani. E sarò grassa. Vomiterò, forse. Oppure mi prometterò che da oggi basta mangiare troppo.
Mi chiamo Cecilia e la mia vita è tutto un proposito, prima di cominciare a vivere.
Mi chiamo Cecilia e ho una voglia pazza di vivere... Ma non ci riesco. Ho voglia di essere felice.
Forse... Quando sarò magra.
Si. Quando sarò magra andrò da uno psicologo, guarirò, sarò felice. Starò bene. Tornerò ad amare, a ridere, a scherzare. Guarderò il cesso e riderò perché farò tanta pipì li dentro, come ho sempre fatto perché bevo molto. Nient'altro . Guarderò un piatto di pasta senza paura. Non mi farò foto allo specchio. Non rimanderò tutto a... Quando sarò piu magra. Anche se non sarò mai abbastanza magra.
Ma io sono sicura che sarò felice, che sarò diversa. Sono giovane, ho ancora tanto tempo... Una marea di tempo. Mi chiamo Cecilia ed un giorno saprò accettare un fallimento, o forse no; ma il massimo che farò sarà piangere o prendere a pugni qualche cuscino. Niente dita in gola, fa anche male e a me fa schifo. Niente digiuni. Niente restrizioni. Niente abbuffate. Niente sputi sullo specchio. Sono Cecilia e questa sera credo che un giorno nella mia vita mi comprerò dei vestiti carini. Credo che lo farò quando sarò magra. Buonanotte ragazze, siete tutte delle bellissime stelle, questa sera. Perché questa sera ho dimenticato di pesare 58 chili, dieci in piu di un anno fa. Domani tornerò ad odiarmi come una furia. Domani vomiterò da fare schifo, e non auguro a nessuno di vedere quello che vedo in quel cesso. Domani guarderò gli altri mangiare la pasta ed io piangerò nella cameretta perché non posso mangiarla, anche se a cena mi imbottirò di pane ed olio per non sentirmi diversa. Ma domani in fondo è solo domani, ed io adesso sono quella bambina che pesa 47 chili e può volare. Anche se poi decide di dimagrire, dimagrisce, ingrassa, dimagrisce. Ingrassa. E perde se stessa.
Lascia perdere quella che eri, mi hanno detto. Ed io lo so. Sono cresciuta, sono questa adesso. Ma non sono io. E non è il non accettare di crescere... Non è che voglio tornare bambina. Non cambierei il cervello di adesso con niente al mondo, ci faccio riflessioni bellissime, parlo molto con gli altri e mi chiedono sempre cosa ne penso.
Ma mi sono persa, perché sono ingrassata tanto. Perché digiuno. Perché vomito. E allora si che mi manca quella Cecilia.
Mi chiamo Cecilia e imparerò a crescere e volermi bene. E sono sicura che io lo farò, e non rimanderò a quando sarò magra per non dovermi fare il culo oggi.
Io sono sicura che succederà... ecco... Quando sarò magra.
Si, quando sarò magra.
Buonanotte! :)

mercoledì 30 luglio 2014

Io e la mia nuova amica,

la bilancia. Lei, bianca, meravigliosa, funzionante. La mia è rotta da circa due anni, ho scoperto il mio peso solo nei vari ospedali, circa due volte all'anno.
In bagno, sotto la finestra, illuminata dal sole della Liguria. Sono poetica quando parlo di Lei. L'ho fissata per un po'. Ho pensato che non avrei avuto mai il coraggio di salirci sopra. Non dopo le ultime volte, in cui ho visto solo kg in più. Poi mi ero abbuffata quattro giorni di fila, mi aspettavo piu di sessanta chili. Mi sono alzata, sono alta 1.62, due centimetri, questo lo so. Ma il mio peso... Lo stimavo, tiravo ad indovinarlo, ma dentro sentivo di aver superato la decenza, dai quaranta chili ai sessantacinque, ne ero sicura.
Il sesto senso di una donna difficilmente sbaglia, ed il mio, fortunatamente, lo ha fatto.
58 chili. Una merda lo stesso, non è che io sia Megan Fox, ma dopo quattro giorni di abbuffate pensavo peggio. Così ieri sera, dopo un giorno di restrizione in cui i miei amici mangiavano la pasta ed io i pomodori, ho pensato di festeggiare con vodka, disaronno, vino bianco e rosso e sigarette. Odio bere. Non so perché l'ho fatto, forse volevo una scusa per vomitare.
Ero mezza ubriaca ma capivo, ed uno dei miei amici ad un certo punto mi ha chiesto "perché vomiti?". D'impulso, anziché negare, dire "in che senso scusa?!" oppure "vomito che??!", ho risposto stupidamente "come fai a saperlo?". Scema. E lui ha detto che mi osserva da un Po, e quando mangiamo la pizza fuori se ne accorge sempre. Ho iniziato a parlargli delle endorfine e quelle puttanate là, stupido alcol, e l'altra mia amica ha detto "sei bulimica?" ed io stavo per sputtanarmi, davvero, lui è stato tenero perché mi ha detto "stai zitta, questi discorsi si fanno da sobri". Cosi non ho potuto dire nulla. Sono andata in bagno, ho messo le dita in gola e ho vomitato un litro di vino rosso. Stamattina sono andata in bagno, mi sono pesata, e la bilancia segnava 57 chili. Quanto mi mancava la bilancia... Ho pensato di digiunare tutto il giorno per vedere un numero piu basso... Ma poi ho scelto i pomodori, mentre gli altri mangiavano la pasta al pesto. Sono triste, lo so. Ma ora ho la bilancia che non mi permette di fingere di non ingrassare. Ora devo sfruttare questi dieci giorni che mi restano qui in Liguria, pomodori, frittate di zucchine (almeno il secondo lo mangio con loro), carne in padella che loro impanano (io come minimo la vomiterei, rifiuto categoricamente la roba impanata, potrei morire), tonno al naturale che loro mangiano ovviamente con l'olio, sigarette. Ne ho fumate solo due in tutti e tre questi giorni, posso ritenermi una che sa controllarsi. Odio fumare, ma se fumo non mangio. Se non mangio, dimagrisco. Se dimagrisco voglio dimagrire ancora. Se dimagrisco ancora raggiungo un obiettivo. Se raggiungo un obiettivo non mi sento fallita. Se non mi sento fallita sorrido. Se sorrido, vivo. Se vivo con il sorriso non desidero morire. Che è un grande passo avanti per una che di obiettivi ne sente solo parlare. Dimagrire è una cosa che io posso fare. Che dipende da me. Non è cosi banale (potrei pormi come obiettivo sbucciare una mela, mica soffro di dca per avere un obiettivo), ma è la spiegazione più immediata.
Nessuno sta più parlando di vomito oggi, ed io sono contenta.
Non mi arriva il ciclo, ed io non capisco se è perché sono incinta (cosa improbabile dato che la volta di cui posso sospettare avevo il ciclo appena finito e le precauzioni...) o perché ho pedalato come un ciclista (per i miei standard inesistenti) e mi sono abbuffata e ho vomitato. C'è un po' di confusione, ma in fondo va bene cosi. In fondo è la vita che mi sto costruendo. Sarò una persona molto sensibile visto il mio vissuto.
Intanto buone vacanze, viva me, il ciclo che non arriva e la bilancia che mi sbatte in faccia un peso che è troppo, troppo, troppo, troppo. Tutto nella mia vita è troppo, eppure è tutto fottutamente a metà.

domenica 27 luglio 2014

Alla continua ricerca del niente

Ciao ragazze,
sono in viaggio. Sto partendo con un gruppo di amici, andiamo in Liguria. Ed io mi sento sola.
Mi sento sempre sola, in realtà è la mia compagnia che è sbagliata. Che mi rende infelice.
Perché in tutti i posti in cui vado mi porto con me? Sono sempre qui, e i pensieri malati mi affollano il cervello.
Dopo questi giorni sbagliati dovrei digiunare, non merito altro.
Mi sento sola, terribilmente sola, è una solitudine che mi divora e fa male, perché la solitudine è molto affamata.
Questa notte è stata l'ultima a casa mia: dalla Liguria andrò direttamente giu dai miei nonni, e quando a settembre tornerò avremo traslocato.
E la cosa che mi rende più triste è che il motivo principale per cui lasciare casa mia mi distrugge è che in quel cesso ho vomitato tante di quelle volte, ho versato talmente tante lacrime lì per terra, sul pavimento.
C'è la bilancia in bagno ed io ho trascorso quattro anni su quella bilancia. Spero inutilmente che cambiare casa mi farà guarire. È come se potessi lasciare dietro quella porta tutte le mie ossessioni. Tutti gli anni buttati nel cesso. È per questo che dico che sono qui, adesso, con me. A volte mi viene in mente l'idea assurda di avere una doppia identità. Una Sybil malata che viene qui sul blog a piagnucolare e a sputtanarsi, e una Cecilia che si costruisce una vita finta con degli amici finti e una famiglia finta.
Perché a volte mi rende triste che nessuno mi conosca, a parte il mio ragazzo certo, ma comunque non basta. Nessuno mi conosce davvero, forse sono quella 'sempre triste' quella strana. E all'improvviso mi chiedo se in questi giorni potrò vomitare, inventarmi una qualche influenza intestinale, perché le persone sono completamente cieche. Gli amici con cui sono su questo treno mi sparlano dietro la maggior parte del tempo, non mi sopportano. Quasi nessuno mi sopporta. Mi comporto sempre da asociale o da bambina scema, e se qualcuno mi dovesse mai vedere vomitare potrebbe davvero avere un infarto.
Sono una di quelle persone insospettabili: sono quella che è ingrassata perché è cresciuta, sono quella che non aveva il ciclo, probabilmente era piu piccola delle altre. Sono su questo treno e vorrei avere degli amici veri. Vorrei parlare con qualcuno, vorrei essere me stessa. Vorrei poter comprare delle sigarette davanti agli altri perché ho voglia di fumare per non mangiare, ma non posso farlo perché io sono quella che fuma solo occasionalmente. Come lo spiego "ho voglia di fumare cosi non penso a mangiaremangiaremangiare? Come lo dico "ragazzi, io non pranzo perché altrimenti mi sento in colpa e vomito, sapete vomitare è entusiasmante, davvero, non fate quella faccia, mica fa cosi schifo!".
Una persona che mi abbracci, che mi dica "mi interessa quello che hai da dire, parla e sfogati. Non ti giudico."
In fondo va bene cosi. L'ultima notte a casa mia, una nuova vita in cui mi sembra che Sybil sia più ingombrante che mai. Ormai ha lei le redini della mia vita.
vi abbraccio

ps: ho lasciato coraggiosamente a casa il mio D.A, spero che mi aiuti ad essere spensierata... O a digiunare !

giovedì 24 luglio 2014

Mentre la vita scivola nel cesso, precipito e mi crogiolo nello schifo.

Buonasera a tutte, sono pazza.
Mi sono svegliata questa mattina ed ho iniziato a mangiare e vomitare, ho iniziato presto, per non perdere tempo.
Ho mangiato qualsiasi cosa: prendevo, mangiavo e andavo a vomitare.
Così. E mi sentivo bene, ero felice. Ho fatto una doccia, ho vomitato di nuovo, ho mangiato ancora. Ho vomitato. Tanto non avevo un bel niente da fare.
Che schifo. Che esistenza di merda.
Per quale motivo l'ho fatto? Fame? Malattia? Ma no. Niente di tutto questo: sarebbe troppo facile.
L'ho fatto perché avevo una voglia matta di farlo. E questo rende tutto così... spaventoso.
Sì, spaventoso è il termine che meglio descrive la serie di azioni assurde che ho compiuto questa mattina.
Ho persino vomitato una birra analcolica. Oh, sì, ho vomitato tutto.
Domani tornerò ad essere brava, farò tutte quelle cose salutari che fanno le persone che tengono alla propria linea e poi via, la mia vita sarà la solita.
Il mio ragazzo mi sta iniziando a trattare come una bambina malata. Ogni volta che mangiamo insieme mi fissa, mi chiede come sto appena metto un maccherone in bocca, mi ha accompagnata a prendere un costume e mi consolava quando non mi entrava nessuna delle taglie perché sapete, la coppa E non la vendono in nessun negozio.
Gli facevo pena. Ed io odio fare pena. Perché io non voglio fare pena. Non così. Magari lo vorrei a 35 kg. Sicuramente non con tutta questa fottuta merda addosso.
Merda, merda, merda.
Sono una fallita piena di merda, con delle tette enormi e una pancia che adesso è gonfia. E sono infelice. Mentre vomitavo oggi pensavo che era quello che mi meritavo. E mi sono chiesta perché mai quando vomito piango. Non lo faccio di proposito, ma mi ritrovo con dei lacrimoni che scivolano giù, sul mento, ma io sono felice, esaltata per essermi ficcata le dita in gola e aver visto scivolare nel cesso tanto cibo di natura ignota.
Mi viene quasi da ridere. Mi sono asciugata i capelli, tra una vomitata e l'altra, ho messo dell'olio profumato per il corpo, e ho continuato a guardare serie televisive in streaming.
Con una vocina nella testa "è quello che meriti, è solo quello che meriti. Pochi drammi."
Così è più facile accettare tutto. Lasciare che tutto accada. Non mi interessa più pensare. Forse la situazione mi sta sfuggendo di mano, non dovrei vomitare come facessi pipì. Ma sapete, io spero di morire presto. In realtà sono una bambina capricciosa attaccata alla vita, ai suoi sogni stupidi e alla sua malattia che non esiste. Che cazzo di malattia è?
Io sono solo infuriata, non posso perdonarmi quello che sto facendo! Non posso perdonarmi le mie lagne. Cazzo! Ho una rabbia dentro che vorrei vomitare ovunque, non me ne frega niente di cosa pensano gli altri, di essere malata, di essere sana, di vivere, di apprezzare quello che ho... bla bla bla... mentre vomito tutto questo non c'è... non c'è senso di colpa.
Scusate, scusate se esisto, e vorrei tanto essere invisibile. Odio la mia testa. Quando sono in mezzo alla gente mi fotte. Appena sono in mezzo alla gente parte in quarta quella vocina "dovevi sorridere di più. capra. merda. sei uno schifo. perché non hai dato del lei? perché non parli di meno. di le cose giuste. Ma di cosa parli? sei ridicola. Stai più dritta, non troppo. penseranno che sei una giraffa se alzi il collo in quel modo. puttana. lui ti mollerà. guarda i suoi genitori che domande ti fanno, vogliono metterti in ridicolo. rispondi bene, capra! guarda. non ti accetteranno mai. ti stanno prendendo in giro. sei orribile. guarderanno le tue tette. staranno pensando che loro figlio sta con te per le tette. penseranno porcherie su di te per quelle tette. sei la lussuria impersonata. sei una merda. oscena. di cattivo gusto. è estate ma tu non puoi mettere quello scollo. troia" e questo è poco, quella voce parla ininterrottamente.

mi ero illusa di poter stare bene... essere normale... addirittura guarire... ma ora mi sento ridicola perché se ognuno ha quello che merita, io questa merda la merito tutta, tutta.
 
 
Mi sono stancata, davvero. Voglio buttare il mio diario alimentare e fregarmene di tutto. Voglio vomitare quando voglio, o voglio non farlo più... sono così, d'altronde. Io voglio le conseguenze fisiche, voglio i segni. Come i migliori autocommiseratori, del resto. Dimagrire, quello lascia i segni. Tagliarmi, quello li lascia. Vomitare... oh, vomitare no. Ergo, vomitare non fa niente. Posso farlo, ma non è grave. Chi ha un'influenza intestinale vomita. Mica muore. Questo mi ripetevo, mentre l'acqua del cesso mi schizzava sui vestiti.
Doccia, doccia... dovevo fare una doccia, e mi sono anche portata una bacinella nella doccia, ho vomitato un po' lì per svuotarla nel cesso, ma mi ha fatto troppo schifo. Già, non sono ancora pronta per qualcosa di più serio, di più crudo.
Sono sempre stata vigliacca, fin da bambina. Del sangue, della morte, del dolore, del vomito... avevo paura di tutto. Uao, come sono forte adesso!
Sono ridicola. Ma quando mi viene da piagnucolare, da trattarmi bene, quando mi sfiora l'idea dello psicologo, della guarigione... ecco la vocina "Lo meriti. Lascia che accada. Lo meriti."
Il modo migliore per giustificarmi, visto? Così posso fare quello che voglio. Posso piagnucolare qui, con voi. Farmi consolare. Farmi sgridare. Consigliare. Ma sapete una cosa? Me lo merito.
Forse domani farò qualcosa di concreto per uscire da questo schifo. Forse. Forse tra un anno. Forse tra dieci.
Odio far soffrire chi mi sta intorno, ed è l'unica cosa che faccio, davvero. Mi sento in colpa... in colpa... in colpa di esistere. Di occupare uno spazio. Di mangiare. Quindi vomito. Mi sento in colpa ad essere amata. Mi sento in colpa per tutto. Perché i miei non si amano, perché mio papà dice che lo cerchiamo solo per i soldi. Perché lui lavora sempre, non c'è mai... mi sento in colpa. Vorrei guadagnare io... Mi sento in colpa perché mi piace solo filosofia. Invece non la farò. Ho deciso.
 
Conosco quelle minchiate da cartone della Walt Disney "la vita è tua! insegui i tuoi sogni e non ascoltare le opinioni della gente!!", però questa volta passo. Perché il padre del capo di mia mamma, un giorno che sono andata a lavoro da lei, mi ha chiesto che università volessi fare. E mi ha aperto gli occhi. Ha detto che per fare filosofia avrei vissuto mantenuta dai quattrini di papà, che mi avrebbe dovuto pagare tutti quegli studi... "Quando si sceglie un lavoro, si sceglie quello che è utile per sé, e per GLI ALTRI." ha ripetuto GLI ALTRI così tante volte che ne avevo la nausea. Quattrini di papà... ha parlato di sogni adolescenziali... dell'ambiente universitario di merda.... "Già va avanti solo chi ha conoscenze... se poi si fanno facoltà così, alla fine si rimane vittime delle ideologie dei professori. E non si studia filosofia.... si hanno delle idee che non sono proprie" tutto vero, ma lui è un vecchio disilluso.
Uno che dalla vita ha ottenuto un divorzio (la moglie lo ha lasciato), un figlio sempre al verde che appena prende soldi si compra le ferrari, una nuora che ha cercato di suicidarsi... è quasi cieco perché prende erbe miracolose che vendono in tv...
però ha ragione.
Cosa penso di fare? Penso di fare filosofia con i soldi di papà, specializzarmi in dca con i soldi di papà (non è nemmeno detto sia permesso di nuovo ai laureati in filosofia, come l'anno scorso...) e poi? Sono una bambina con dei sogni utili solo a me stessa. E mi sento in colpa.
 
Investirò tutto, giuro tutto l'ultimo anno ad appassionarmi a qualcosa d'altro, anche a costo di farlo contro la mia volontà, anche se mi fa schifo. Ingegneria, matematica, fisica nucleare... qualcosa di simile... forse economia... informatica... quelle cose lì che servono a tutti...
Mi sento colpevole dei miei sogni... colpevole di esistere... di essere così... ingombrante.
Ma questo discorso è banale, è già fatto.
Vomitare. Non vedo il problema, non sono mica una fumatrice incallita. Mica bevo. Mica vomito. Lo faccio ogni tanto, per non sentirmi in colpa. Peso troppo.
Peso sui miei, peso sul mio ragazzo, peso sul conto corrente, soprattutto. Vorrei vivere di aria. Vorrei essere aria.
In fondo vivo bene. In fondo è quello che merito.
Non so nemmeno perché sto scrivendo. Molto d'effetto, sono commovente. Proprio una bella bambina, come sono tenera e giovane... quanta sofferenza... povera me... Io me la spasso, ragazze.
Io mi sfondo di cibo, ogni tanto, e poi lo vomito tutto liberando più endorfine che durante una scopata.
Davvero, me la spasso. Questa è malattia? E' una pacchia. Faccio il cazzo che voglio e mi giustifico con la malattia. Meglio di così!!
E mi dispiace... mi dispiace... mi sento cattiva. Cattiva, stronza, puttana. troia... mi echeggia in testa... puttana. Tette da puttana. Vita da puttana. Puttana che vomita e mangia. Come mi vergogno. Mi vergogno. E scusate se scrivo, è solo una ricerca di attenzioni, perché sono egocentrica quando scrivo. In realtà penso che tutto il mondo giri intorno a me. Il mio ragazzo l'altro giorno infuriato mi ha urlato "Pensi che al mondo stai male solo tu? Hai mai pensato che stanno male anche gli altri??" Urlava, urlava come un matto. Io sono stata zitta e ci ho riflettuto. Non è vittimismo. Semplicemente è vero, solo che io ero troppo impegnata con me stessa per accorgermene.
Che strano, non ci sono solo io al mondo... giusto, effettivamente può essere.
Sì, anche gli altri soffrono. Peccato che io non soffra. Io mi lagno, che è diverso. Che ne pensate?
Me la spasso. La gente quando sta male di stomaco e si sfonda di cibo sta a letto, prende digestivi. Io vomito e sono come nuova. La gente si contiene, sta a dieta. Io, appena voglio, mi sfondo di cibo. Porcherie, poi le vomito. Oppure no. Oppure poi torno alla normalità. N O R M A L I T A.
Ma Sybil è troppo presuntuosa per essere normale. Troppo egocentrica. Cattiva. Puttana... puttana... volgare. Merda. Merda merda merda merda....
Buona serata...


lunedì 21 luglio 2014

Perchè non merito niente?

Ciao ragazze, questi giorni procedono alla grande: riesco ad andare in bici per due ore al giorno facendo fuori 400 calorie in una volta sola, tutti i giorni, anche se mi sembrano una miseria, e vorrei poter fare più di 28 km.
Ogni mattina mangio uno yogurt, una fetta biscottata e un po' di frutta fresca, aspetto un paio di ore e poi parto in bici, e sono sei giorni che faccio così.
Pranzo tardi perché mia madre arriva a quell'ora e mangio cetrioli, pomodori, insalata e un secondo, come bresaola, mozzarella, simmenthal ecc...
La sera preparo della pasta integrale (i miei rompono, vogliono la pasta) con le verdure, scondita, e mangio solo quella.
Almeno non rischio di mangiare troppo a cena... cioè, il mio difetto è che mangio tanto e velocemente, anche se leggero. Mentre una porzione di pasta integrale con le verdure mi sazia e la mattina dopo spero finisca sulla bicicletta, con le altre 400 calorie.

Eppure, non sto bene.
Perché diavolo non sto bene? Perché sto dimagrendo, piano piano, sono sgonfia, più regolata, più sana. Metto oli per il corpo per mantenermi idratata, mangio verdure e frutta. Eppure, non sto bene.

Non sto bene perché questa sera c'è la pasta con i funghi ed io vado con il mio ragazzo a prendere una granita. Potrei saltare cena e cenare con la granita, ma io adoro la pasta con i funghi. Ma poi starei malissimo. Credo che berrò la granita e basta, fa troppo male.
Non ci riesco ad essere normale. Non ci riesco a vivere.
Non merito quella pasta con i funghi, Non insieme alla granita. Non io.
Sto male, ho un magone, un groppo in gola. Vorrei piangere per una pasta con i funghi. Vorrei urlare. Voglio anche io quella pasta. Ma non posso.
Perché? Non lo merito...

sabato 19 luglio 2014

Comportamenti sbagliati, sono proprio fuori di testa

Ieri sera alla fine è stato bellissimo, perché con il mio gruppo solito di amici siamo andati a dormire a casa di uno del gruppo che aveva casa libera.
La serata era stata programmata da settimane e nominata "serata ubriaconi", in cui, dopo cena, avremmo giocato al gioco dell'oca alcolico.

Abbiamo comprato malibù, coca, rum e succo di pera e, dopo una cena ipercalorica con pasta salsiccia e pomodorini abbiamo iniziato a giocare.
Ieri pomeriggio ho pedalato due ore, infine, 28 km bruciando appena 400 calorie... Potevo fare di più, dovevo, ma pazienza, sono fatta così. Non mi basto mai.
Mi ero promessa di mangiare la pasta senza paranoie, in fondo mi erano rimaste in corpo le 300 calorie della colazione... ma era sera e sarebbe rimasto tutto sul culo... così dopo cena sono andata a vomitare un bel po' di pasta, di quella merda di olio e cibo, cibo, cibo. Sono tornata in cucina fresca come una rosa, come nulla fosse, e mi sono seduta attorno al tavolo.
Avevo anche deciso di non bere, ma poi mi sono detta che volevo non pensare per una sera, così mi sono veramente sfondata di alcol. Non sono comunque partita del tutto, però mi girava la testa e ricordo di aver pianto con il mio ragazzo perché il giorno dopo avrei dovuto pedalare sei ore per bruciare tutte le calorie dell'alcol.
Ad un certo punto, mentre si continuava a giocare e tutti eravamo bene o male un po' andati, barcollando mi sono fiondata in bagno, ho infilato le dita in gola (l'alcol mi da una certa determinazione!) ed ho vomitato la restante parte della cena e il Malibu. Ho recuperato un po' di lucidità, sono tornata in cucina, il mio ragazzo mi ha guardata con aria rassegnata e mi ha detto "hai vomitato, vero?" ed io gli ho detto la verità, ha detto che mi si leggeva in faccia.
Mi ha abbracciata e gli ho detto che il senso di colpa era troppo grande, non mi sarei perdonata quelle calorie.
Abbiamo continuato a giocare ed io con loro stavo bene, così ho pensato di scolarmi anche il rum, bicchierino dopo bicchierino, con il mio ragazzo un po' scocciato ma comprensivo, e gli altri che bevevano più di me, senza fare danni, niente vomitate a terra, solo gente che gironzolava a vuoto nella stanza ridendo.
Con l'alcol nel cervello ho fumato anche il narghilè, insomma, penso che per una sera possa essere spensierata anche io. Ma per me non vale, io devo sentirmi una ladra.
Ho bevuto tazze di caffe e ho detto al mio ragazzo che volevo vomitare ancora, volevo levarmi quel rum dal corpo, e lui ha detto "Siamo già a due, sarebbe la terza volta che vomiti."
Come sapeva della prima? Ha detto che lo ha immaginato, quella cena era fin troppo per me.
Ha detto "puoi vomitare solo se mi fai venire con te"
Roba da pazzi! Avrebbe dovuto stare in bagno a guardarmi mentre mi infilavo le dita in gola?? Eppure l'alcol non mi faceva riflettere molto, così ho ceduto, e sono riuscita a mettermi le dita in gola davanti a lui! Giuro, non capivo granchè!
Che casino di serata. Ho vomitato tutto, ma tutto, e la testa a poco a poco ha smesso di girarmi. Sono stata più allegra, sveglia fino alle tre a bere caffe e ridere, giocare a carte, e poi ho dormito vicino al mio ragazzo.
Questa mattina sto benissimo, perché so di aver vomitato il possibile, e perché la notte poi ho parlato tanto con il mio ragazzo, è stato un angelo.

Come fa a sopportarmi? Non voglio più comportarmi così, non posso vomitare di proposito per ubriacarmi di nuovo, vomitare la pasta, fare quel casino per un po' di cibo.
Se bevo, devo bere tantissimo. Se mangio, devo mangiare tutto. E poi non ce la faccio, sto facendo sacrifici, ore di bici, e non posso mandare tutto a puttane per una serata tra amici. Così vomito.

Non posso farlo diventare normale. Uffa...che rabbia... eppure sto così bene questa mattina, ed è la cosa più assurda! Perché non posso avere una vita in cui sto bene anche se non ho vomitato salsiccia e pasta e alcol? :(

venerdì 18 luglio 2014

Brucio asfalto, calorie e vita, ma tutto bene, grazie.

Sono giorni che è tutto un po' strano, un po' felice. Sento il mio disturbo in una sua fase che somiglia ad un equilibrio, sono io che sono un po' strana.
Questa mattina sono andata con mia mamma al mercato in Piazza Benefica, a Torino, ed ho dovuto comprare per forza qualche magliettina visto che quelle che ho non mi entrano più (non senza che il seno cerchi di uscire gridando "sono qui, guardatemi!!" -.-).
Così ho preso tante maglie larghe smanicate, di tanti colori e fantasie, e mi mettono un po' di allegria.
Ma comunque l'unica cosa a cui penso è dove le metterò quando mi staranno troppo grandi, quando sarò magra magra, piccola piccola.
Sono tranquilla, comunque. Niente camerini dei negozi con quegli specchi e quei jeans che non ti entrano e tu non sai cosa fare e ti vergogni a dire "scusi, questa 44 mi sta stretta sembro un salame, mi porta una.... taglia più grande????". Per questo adoro i mercatini. Poi questo mercato a Torino è conosciuto perché vende roba firmata (magari taglie non vendute o capi leggermente rovinati o semplicemente fuori moda) a cinque/dieci euro.

Comunque dicevo che sono tranquilla, ovviamente con le mie ossessioni tanto care, ma sono calma. Non impazzisco, niente pianti. Ho trovato su you tube il segreto della vita, si chiama legge dell'attrazione, per cui in breve tutto il negativo della vita ce lo attiriamo. Basta un pensiero negativo che sbam, eccocelo realizzato. Così come quelli positivi.
Mi sono per questo convinta di essere magra, di pesare almeno i miei 47 chili fissi e portare una terza di seno. Magari lo attiro.
L'altro ieri ho pedalato un'ora. Ieri due ore. Oggi ne faccio tre, domani si vedrà. Voglio riuscire a bruciare calorie più che posso, visto che sono sola a casa e il culo sul divano lo rifiuto proprio.
Mi sento male, ma male fisicamente se non vado a pedalare. E quando sono sulla bici penso che potrei pedalare quattro ore, che brucerei più di settecento calorie, ma poi mi dico di fare con calma, così ho iniziato con un'ora e spero che prima di partire riuscirò a pedalarne anche otto o nove. Mattina e pomeriggio.
Mangio regolare, oggi ho preso con mia mamma una pesca prima di pranzo (mangio sempre la frutta prima del pasto), un po' di riso con pollo e carote in un piccolo ristorante biologico, e ho mangiato due mini panini vuoti. Piccoli come la metà di un pugno. Sembra un'immensità di cose, ma tanto le brucerò.
Non doveva essere questo il mio obiettivo, dovevo mantenere un introito calorico accettabile (sulle 1200 sarebbe il mio sogno) e bruciarne un paio di centinaia. Per svegliare il metabolismo. Ma poi mangio e mi sento tanto in colpa, quel senso di colpa che proviamo un po' tutte.
Ma sono calma, non penso che avrei dovuto non mangiare perché tanto non sarebbe servito a nulla, se non a peggiorare le cose. Prima o poi dovrò mangiare nella mia vita, e se il mio corpo non conosce il cibo credo sarà un po' difficile non mettere su 400 chili in sei giorni.

Voglio essere felice, voglio essere stabile. Ora vado a pedalare perché rifletto, pedalo con la mia musica, brucio calorie e penso. E' perfetto. Si dovrebbe vivere così. Pedalare non mi fa sentire in colpa. So che sto facendo bene, che posso andare avanti ore, è l'unica cosa che non mi fa stare male.
L'unica cosa di cui non devo chiedere scusa al mondo. Scusate se esisto... vi siete mai sentite così?

Vi abbraccio ragazze, vi auguro un'estate un po' serena!