Questa mattina, alle sette, è
morto un mio compagno delle scuole medie.
Incidente d’auto, 20 anni.
È morto di mattina presto, e mi
è arrivata la notizia mentre ero al mare, dove non potevo scrivere niente. Ho avuto voglia di scrivere immediatamente,
avevo così tante cose da dire, così tanti pensieri, tanto dolore..
Ho pensato subito ad un
messaggio che mi ha mandato ieri una mia amica di penna, che vive qui ma che di
persona ho conosciuto solo una volta, tantissimi anni fa.Mi ha scritto un messaggio chiedendomi “Di che colore è, secondo te, la morte?” a cui io ho risposto che non lo sapevo, non ci avevo mai pensato.
Mi ha raccontato che, proprio ieri, è morta la mamma della sua migliore amica.
Così, quando oggi è morto il mio compagno delle scuole medie, sebbene io e lui non ci sopportassimo quasi per niente, sebbene avessimo soltanto suonato il violoncello insieme in qualche teatro, mi sono chiesta anche io di che colore potesse essere la morte.
Questi episodi di morte fanno posare il mio pensiero su un libro che ho letto tantissimi anni fa, “Cioccolata per due”, uno di quei romanzetti da spiaggia, che però mi ha colpita nel profondo.
Parla di una ragazza, una trentenne sposata da appena cinque anni con un ragazzo altrettanto giovane, morto improvvisamente una mattina.
Malattia, incidente, non ricordo; ricordo solo le sue sensazioni.
Lei raccontava che, il giorno del funerale, una baraonda di persone addolorate avevano riempito casa sua: persone disperate, persone che piangevano e la abbracciavano e che lei, impassibile, non riusciva proprio a capire.
Cucinava, lavava, stirava, portava da mangiare alle persone che stavano nel suo soggiorno e continuavano a piangere, a porgerle condoglianze, ad emettere versi strazianti e straziati, ma non sentiva niente se non un’impazienza implacabile: quando sarebbe tornato suo marito? Era un sacco di tempo che era via, senza essersi fatto sentire, e nel suo soggiorno c’era quella gente a cui lei doveva dare conforto, a cui lei serviva da mangiare e a cui lei prometteva un sacco di cose che loro volevano sentirsi dire, del tipo “stai bene, mi raccomando” o “tira avanti” o ancora “Lui avrebbe voluto vederti felice”.
Lei non le capiva, quelle raccomandazioni.
Successe, raccontava lei nel libro, mesi, mesi e mesi dopo.
Successe che lo chiamava al cellulare, e lui non rispondeva. Successe che le scarpe che lui metteva sempre per andare al lavoro erano nello stesso angolo da mesi e si stavano impolverando; successe che nel letto, quando la notte si girava, lui non le era accanto.
Successe che lo chiamava in casa, distrattamente, in certi giorni, ma lui non rispondeva.
I suoi vestiti erano immacolati nell’armadio, il suo spazzolino nel bicchiere sul lavabo.
Ma nessuno usava più niente.
E, raccontava lei, nel momento in cui succedeva questo, usciva per la strada: la prendeva allora da dentro una tristezza folle, un dolore al cuore, allo stomaco, qualcosa che spingeva le lacrime e lei si ritrovava a piangere e a desiderare che qualcuno piangesse con lei, adesso, come tutti avevano pianto quel giorno in casa sua.. ma erano questi i momenti in cui si accorgeva con disperazione che il mondo era tornato a girare.
Che ADESSO, dopo mesi, quando lei si era accorta veramente che lui non c’era più, adesso, non c’erano più nemmeno gli altri, quelli che prima si disperavano.
Dove erano tutti?
Dove erano tutti adesso, quando
il mondo si era fermato per lei, quando le cose avevano perso colore, forma,
profumo, senso?
Avrebbe voluto abbracciare
qualcuno ADESSO, ma ormai la quotidianità aveva assorbito anche quelle poche
facce addolorate di tanti mesi prima.
Penso spesso a questo libro,
quando muore qualcuno. Penso che a tutti dispiace, ma tra qualche mese a me, a
voi, ai signori per strada non importerà semplicemente più nulla del mio
compagno delle medie che è morto questa mattina, semplicemente perché è giusto
così. I suoi genitori, invece, tra
tanti mesi si continueranno a svegliarsi nel dolore perché nella sua stanza non
ci sarà più nessuno, mentre io che oggi piango, la mia vecchia classe che si
organizza in lacrime per partecipare al funerale, i miei zii e tutti i parenti che
si commuovono perché era un ragazzo tanto giovane, non soffriremo più. Forse
nemmeno ce lo ricorderemo.
Per questo penso a quello che
succederà dopo, e soprattutto penso (mio malgrado) a cosa farei se dovesse
capitare al mio ragazzo.
Io penso che tutti, tutti
possiamo vivere senza qualcuno.
Solo diventa atroce farlo
quando questo qualcuno muore. Perché, per quanto tu possa andare avanti senza
di lui, vorresti comunque che continuasse ad esistere, da qualche parte, nel
mondo.
Ecco perché io, anche se con il
mio compagno delle scuole medie non ho più nessun tipo di rapporto, desidererei
tanto che lui esistesse ancora, da qualche parte, nel mondo.