martedì 18 agosto 2015

La morte.


Questa mattina, alle sette, è morto un mio compagno delle scuole medie.
Incidente d’auto, 20 anni.
È morto di mattina presto, e mi è arrivata la notizia mentre ero al mare, dove non potevo scrivere niente. Ho avuto voglia di scrivere immediatamente, avevo così tante cose da dire, così tanti pensieri, tanto dolore..
Ho pensato subito ad un messaggio che mi ha mandato ieri una mia amica di penna, che vive qui ma che di persona ho conosciuto solo una volta, tantissimi anni fa.
Mi ha scritto un messaggio chiedendomi “Di che colore è, secondo te, la morte?” a cui io ho risposto che non lo sapevo, non ci avevo mai pensato.
Mi ha raccontato che, proprio ieri, è morta la mamma della sua migliore amica.
Così, quando oggi è morto il mio compagno delle scuole medie, sebbene io e lui non ci sopportassimo quasi per niente, sebbene avessimo soltanto suonato il violoncello insieme in qualche teatro, mi sono chiesta anche io di che colore potesse essere la morte.
Questi episodi di morte fanno posare il mio pensiero su un libro che ho letto tantissimi anni fa, “Cioccolata per due”, uno di quei romanzetti da spiaggia, che però mi ha colpita nel profondo.
Parla di una ragazza, una trentenne sposata da appena cinque anni con un ragazzo altrettanto giovane, morto improvvisamente una mattina.
Malattia, incidente, non ricordo; ricordo solo le sue sensazioni.
Lei raccontava che, il giorno del funerale, una baraonda di persone addolorate avevano riempito casa sua: persone disperate, persone che piangevano e la abbracciavano  e che lei, impassibile, non riusciva proprio a capire.
Cucinava, lavava, stirava, portava da mangiare alle persone che stavano nel suo soggiorno e continuavano a piangere, a porgerle condoglianze, ad emettere versi strazianti e straziati, ma non sentiva niente se non un’impazienza implacabile: quando sarebbe tornato suo marito? Era un sacco di tempo che era via, senza essersi fatto sentire, e nel suo soggiorno c’era quella gente a cui lei doveva dare conforto, a cui lei serviva da mangiare e a cui lei prometteva un sacco di cose che loro volevano sentirsi dire, del tipo “stai bene, mi raccomando” o “tira avanti” o ancora “Lui avrebbe voluto vederti felice”.
Lei non le capiva, quelle raccomandazioni.
Successe, raccontava lei nel libro, mesi, mesi e mesi dopo.
Successe che lo chiamava al cellulare, e lui non rispondeva. Successe che le scarpe che lui metteva sempre per andare al lavoro erano nello stesso angolo da mesi e si stavano impolverando; successe che nel letto, quando la notte si girava, lui non le era accanto.
Successe che lo chiamava in casa, distrattamente, in certi giorni, ma lui non rispondeva.
I suoi vestiti erano immacolati nell’armadio, il suo spazzolino nel bicchiere sul lavabo.
Ma nessuno usava più niente.
E, raccontava lei, nel momento in cui succedeva questo, usciva per la strada: la prendeva allora da dentro una tristezza folle, un dolore al cuore, allo stomaco, qualcosa che spingeva le lacrime e lei si ritrovava a piangere e a desiderare che qualcuno piangesse con lei, adesso, come tutti avevano pianto quel giorno in casa sua.. ma erano questi i momenti in cui si accorgeva con disperazione che il mondo era tornato a girare.
Che ADESSO, dopo mesi, quando lei si era accorta veramente che lui non c’era più, adesso, non c’erano più nemmeno gli altri, quelli che prima si disperavano.
Dove erano tutti?
Dove erano tutti adesso, quando il mondo si era fermato per lei, quando le cose avevano perso colore, forma, profumo, senso?
Avrebbe voluto abbracciare qualcuno ADESSO, ma ormai la quotidianità aveva assorbito anche quelle poche facce addolorate di tanti mesi prima.
Penso spesso a questo libro, quando muore qualcuno. Penso che a tutti dispiace, ma tra qualche mese a me, a voi, ai signori per strada non importerà semplicemente più nulla del mio compagno delle medie che è morto questa mattina, semplicemente perché è giusto così. I suoi genitori, invece, tra tanti mesi si continueranno a svegliarsi nel dolore perché nella sua stanza non ci sarà più nessuno, mentre io che oggi piango, la mia vecchia classe che si organizza in lacrime per partecipare al funerale, i miei zii e tutti i parenti che si commuovono perché era un ragazzo tanto giovane, non soffriremo più. Forse nemmeno ce lo ricorderemo.
Per questo penso a quello che succederà dopo, e soprattutto penso (mio malgrado) a cosa farei se dovesse capitare al mio ragazzo.
Io penso che tutti, tutti possiamo vivere senza qualcuno.
Solo diventa atroce farlo quando questo qualcuno muore. Perché, per quanto tu possa andare avanti senza di lui, vorresti comunque che continuasse ad esistere, da qualche parte, nel mondo.
Ecco perché io, anche se con il mio compagno delle scuole medie non ho più nessun tipo di rapporto, desidererei tanto che lui esistesse ancora, da qualche parte, nel mondo.



martedì 11 agosto 2015

Vietati commenti incoraggianti.

Situazione:
in Campania, con tutti i parenti ed il mio ragazzo.
Compleanno di mia mamma, pranzo: antipasti di mozzarella, patate, acciughe e provola in porzioni ridotte, lasagna in grande porzione, arrosto, insalata,
dolce, dolci dolci dolci.
La nostra Sybil, ovviamente, non ha assolutamente pensato di saltare qualche portata: sebbene i sensi di colpa la stessero divorando come mostri, lei ha perseverato in quello che sapeva essere solo il principio di qualcosa che sarebbe poi esploso tutto insieme, di colpo.

L'abbuffata.

No, ragazze, non preoccupatevi, niente pianti; andava avanti così da giorni. Da Parigi, quando ho mangiato le schifezze così allegramente prendendo tre chili (arrivando a 67 chili), non ho smesso un attimo di strafogarmi.
O meglio, se per voi mangiare yogurt e frutta a colazione, crackers e tonno al naturale a pranzo e poi sfondarsi di cibo (biscotti, brioches, latte e biscotti, panino melanzane e formaggino, savoiardi e poi cenare) è un'interruzione allora sì, può darsi che la cosa non sia avvenuta ininterrottamente.

Piacerebbe un sacco anche a me.

Mi sembrava passata una vita dall'ultima volta che mi ero sfondata di santa ragione. Ho voglia di abbuffarmi da quando mi sveglio la mattina a quando vado a dormire, periodo durante il quale sogno e fantastico sui digiuni che non farò e sulle tette piatte che non avrò.
O meglio, che penso bene di conquistarmi con l'abbuffata successiva.
Ebbene, tra otto giorni in teoria dovrei raggiungere amici in Sicilia, dove ci sarà anche la ragazza magrissima che mi palpava le tette sfottendomi perché ero ingrassata (lei prima aveva una sesta, quindi giustamente sono un ottimo bersaglio su cui sfogare le sue frustrazioni del passato), infatti in pratica credo proprio che non andrò.
Questo "appuntamento" mi sta mandando piuttosto in crisi, mi sta facendo mangiare come una fogna.

Vedete, ecco servito il capro espiatorio per potermi dare un alibi.

E, ovviamente, ogni giorno dopo essermi sfondata mi alzo, metto il costume e mi umilio pubblicamente al mare, sotto gli occhi viscidi dei vecchi che mirano le mie tette e quelli dolci ma ciechi del mio ragazzo che, ovviamente, è entusiasta del mio seno.

Ma non importa, non starò qui a dirvi quando io mi strugga per il seno che ho, non vi ripeterò quanto io vorrei uno, UN reggiseno carino soltanto, diverso da quelli bianchi e pendenti da nonna che mi ha regalato - guarda caso - proprio mia nonna, non starò qui a sentirvi dire che chiunque lo vorrebbe come me e bla bla bla.
Conosco un'amica che vorrebbe il culo grosso.
Io credo che se ce lo avesse sarebbe già a dieta.
Anche io preferirei il culo grosso. C'è chi se lo rifà.
Voi che dite?

Non importa.

Qui è tutto uno schifo, qui dentro, dentro di me.

"Raramente il cielo fa nascere insieme l'uomo che vuole
e l'uomo che può"

disse probabilmente qualcuno di molto simile a me; ed io, io, non posso.

Durante questa vacanza mi sono accorta molto tristemente che non riesco più a restringere, non riesco più a digiunare come facevo anche solo l'anno scorso: sembra che il mio corpo mi chieda cibo, sempre più cibo, e schifo, sempre più schifo, della serie come cazzo è possibile se peso venti chili più di tre anni fa, quando mangiavo la metà (ovviamente, dato che non mi abbuffavo ed ora mi abbuffo tutti i giorni).

Sono DISPERATA. Mangiare sano non mi fa dimagrire. Mangiare poco funziona per due giorni, e non mi fa dimagrire perché poi mi abbuffo.
Non mangiare funzionerebbe due ore, credo.
Non esistono più quei digiuni, quelle ore di pedalate, quei chili che se ne andavano, quella inconsapevolezza di cosa fosse un'abbuffata, quando, come a volte mi dice Kiki, anche io dicevo "se potessi mi abbufferei, ma poi non lo faccio perché razionalizzo!".
Come sono lontani quei tempi, e quante cose non sapevo.. non credevo si potesse mangiare così, così tanto, e non credevo che nessuno avrebbe capito, io ho sempre sperato che qualcuno invece ci sarebbe stato, come me, nel mio mondo. Invece tutti dicono di capire e le loro voci si confondono, si mescolano tutte insieme ma.. più passa il tempo più mi accorgo di essere sola, lentamente, di andare sempre più a fondo, verso l'incomprensione e a volte mi dico che se continuo così io non ci tornerò più, in superficie.

Più parlo con le persone a cui voglio bene più stanno guarendo ed io sono immensamente felice quanto immensamente sola; so che suona stupido ma a me piaceva parlare con persone che si abbuffa(va)no, percepivo tanta solidarietà, invece piano piano il binge sembra fortunatamente essere snobbato molto tranquillamente (da tutti, meno che da me. Ave, binge.). Adoro ricevere messaggi con su scritto che "ho deciso che la mia vita vale di più"
"non ho più il desiderio di magrezza di prima o, se ce l'ho, è per qualche secondo", "non mi abbuffo più", mi danno speranza, ma mi ricordano che mentre gli altri salgono, io scendo.

E arriverà un giorno in cui sarò così sotto, così nel profondo se non mi decido a fare qualcosa che non solo nessuno riuscirà più a vedermi, ma tutti mi calpesteranno.
Eppure continuo a mangiare, a divorare cose e non sento sazietà, non sento dolore alla pancia, non sto male, solo devo mangiare mangiare e mangiare perché sono stufa di fare sacrifici, mangiare sano, mangiare TROPPO e non vedere risultati se non chili in più; l'anno scorso in questo periodo ero 58 chili, e allora perché ora ne peso 67?
Cosa è successo?

Perché io non riesco a controllarmi, perché devo mangiare così tanto, e perché non riesco anche io a mangiare due pomodori con un cazzo di pezzetto di carne e convincermi che è tanto e che mangio tanto e che sono brava perché mangio tanto?
Perché io ho bisogno di strafogarmi?

Ovviamente in costume sono inguardabile. E mi chiedo come sia possibile passare da 47 chili a 67, mi chiedo come mai, mi chiedo chi, perché, mi chiedo DOVE?

Il bello, ragazze, è stato che a metà di questo fantomatico pranzo di compleanno erano tutti strapieni, mentre io.. ragazze, io! Io avrei sinceramente mangiato la teglia intera di lasagne e tutto l'arrosto, ma non ho potuto, ahimè, così  subito dopo ho finito il pacco intero di wafer al limone che aveva comprato il mio ragazzo e il pacco di cereali che mi ero comprata a colazione, una brioches, un dolce fatto da mia nonna e poi ho continuato fino a cena, in cui ho mangiato due freselle con olio e pomodoro, pane duro perché era finito ma io lo volevo, il pollo avanzato che nessuno voleva (sono anche una martire! Mi sacrifico per gli altri!) e tre fette di torta con la panna che odio, ma dovevo assolutamente mangiare.
Non una, ma ben tre!

IL problema più vero e profondo di tutto ciò è che domani è mercoledì, e quando ricomincio, secondo voi? Non c'è assolutamente motivo per ricominciare a metà settimana, come faccio?
E domani, come mi metto in costume?
Qual è il mio problema più grave?

Ho voglia di farmi un bel taglio con la lametta nuova nuova che ho comprato per i peli, ho voglia di farmelo sul braccio.
E non importa se andrò al mare. Le mie tette distoglieranno l'attenzione.
E spero vivamente di riuscire a morire, perché di uccidermi non ho voglia, come dice Sartre bisognerebbe compiere un gesto e creare dell'esistenza, creare le reazioni degli altri, lacrime di troppo, sangue di troppo.. vorrei semplicemente morire così, da un giorno all'altro.

Oppure dimagrire.
Stavo pensando di fare un voto, voi che dite?
Se Padre Pio mi fa perdere 20 chili gli organizzo una festa all'anno a casa mia, e siete tutte invitate, voi che dite?
Mia madre mi ha raccontato che un suo amico di gioventù lo ha fatto, non per dimagrire ma per una cosa meno importante tipo un tumore o cose così, Padre Pio lo ha esaudito ed ora lui gli organizza la festa.

Caro Padre Pio, se mi fai smettere di abbuffarmi e mi fai perdere 20 chili entro settembre io ti organizzo una festa all'anno, tutta per te.



lunedì 3 agosto 2015

IO NON MI PESO.

Sono tornata da Parigi oggi: siamo stati con il mio ragazzo cinque giorni in quella città magica, lontani dal caldo afoso di Torino e lontani dagli italiani e dalla gente che capisce quello che dici, sebbene superficialmente.
Inutile dire che sono stata BENE: mi sono accorta di quanto la mia famiglia influisca sulle mie giornate: i problemi dei miei, le urla, i loro litigi e mia mamma che nemmeno aspetta mio padre per cenare la sera, lui che arriva e abbiamo già finito, il suo disinteresse, lui che tratta male mia mamma … insomma, l’unica persona che mi è seriamente mancata è stata mia sorella.
Ho per la prima volta condiviso con il mio ragazzo la quotidianità, finalmente ho dormito insieme a lui, l’ho abbracciato, ho sentito il suo profumo, ci siamo amati tanto e abbiamo parlato, organizzato giornate, riso, e mi sono accorta di quanto cazzo io mi dimentichi SEMPRE che ho un ragazzo come lui.
L’ho detto più volte e lo dico a tutti che io ho un ragazzo meraviglioso, io che mi lamento di tutto, io che sempre potrei avere di più, io che sono sempre in cerca di altro, mi ero letteralmente dimenticata di quanto lui fosse fantastico..

Spesso io e il mio ragazzo facciamo un discorso molto triste, perché a me viene sempre in mente: improvvisamente, mentre mi abbraccia e fa il cretino (perché sì, il mio ragazzo mi fa MORIRE dal ridere, è estremamente simpatico per me), io lo guardo negli occhi e immagino la mia vita se lui dovesse morire.
Lo so, è un pensiero assurdo, ma io inizio a piangere e gli dico che se mai lui dovesse morire io pregherei il cielo per poter avere altri cinque minuti con lui, solo per guardarlo, solo per sfiorargli le labbra, solo per accarezzarlo e per sentirlo respirare …Ho tanta paura di darlo per scontato, lui mi ama tantissimo e mi guarda con degli occhi… con degli occhi! Lui mi trova seriamente bella, anche se io lo accuso di amare le ciccione per spiegare questa attrazione che prova nei miei confronti; lui mi trova dolce anche se sono isterica il più delle volte, lui si arrabbia e quando si arrabbia io ho paura che si stanchi di me ma lui non si stanca mai ed io a volte sono così DISPIACIUTA di stare male, mi sento in colpa, mi sento in colpa quando ho una voglia di uccidermi così forte, mi sento in colpa perché io sono innamorata di lui, perché lui pensa a tutto, perché non dice niente se io mangio pomodori carote e hamburger ed il giorno dopo mi sfondo di pane e olio e biscotti.
Questi cinque giorni sono stati diversi.
Eravamo io e lui, le nostre abitudini, il metterci d’accordo su tutto, il condividere intimità e svegliarci allo stesso orario..
Abbiamo visitato il Louvre gratis, abbiamo visitato il Museo D’Orsay, il Centre Pompidou, visto i quadri di van Gogh, Picasso, Monet, Delacroix,  Matisse, Dalì…
Abbiamo fatto il giro sulla ruota panoramica, abbiamo giocato a carte nei giardini di Luxenbourg, abbiamo camminato per gli Champs Elysees, sotto l’arco di trionfo, abbiamo visto Notre Dame di giorno e di sera, siamo stati sul battello facendo il giro sulla Senna.. Siamo stati sotto la Tour Eiffel illuminata ma, soprattutto, abbiamo MANGIATO.
Abbiamo mangiato pane fritto con patatine fritte e verdura, abbiamo comprato vino e schifezze e ci siamo ubriacati in camera mangiando orsetti e Saikebon, patatine; abbiamo assaggiato la fonduta, la raclette, l’omelette, la crepe, abbiamo camminato per ore… il dolore è iniziato il penultimo giorno, quando mi sono (stranamente, direi!) sentita grassa, gonfia, orribile, e sono visibilmente e sicuramente molto ingrassata.

Lui mi ama lo stesso. Ama le mie forme, ama il mio corpo, ama i miei capelli che si sono allungati, mi ama anche se sono grassa.
Prima di partire, come Kiki sa (e ne approfitto per dire che è meravigliosa anche se suona banale, ma è meravigliosa), ho comprato la bilancia per pesare i bagagli.
Non mi dilungherò su quanto sia stato difficile decidere di pesarmi, non sottolineerò il fatto che sia stato strano, dopo tanti anni, riavere in casa una bilancia, insomma, ragazze, infine sono salita su quel malefico attrezzo ed il verdetto è stato: 64.
Un peso abbastanza insignificante. La prima cosa che ho pensato è stata “devo aggiornare il blog, sulla pagina, sotto il titolo, dico di pesare 57 chili” (ed infatti un anno fa era così); la seconda è stata “sono forse dimagrita da quei 65 sulla bilancia del mio amico? O quella sera NON erano 65?”; la terza è stata “è tardo pomeriggio, peserò di meno”.
Ma la mattina dopo, prima di partire, mi sono ripesata.
63.9, quindi immagino che 64 sia il mio peso.
Dovrei dire sia stato, perché non ho assolutamente il coraggio di pesarmi, adesso. Credo di sfiorare i 70, e non sono pronta assolutamente.
Oramai sapere di pesare così tanto non mi tocca quasi più, io credo di essermi abituata. In fondo, mi dico, l’unica testimone della mia precedente estrema magrezza sono io.
Per gli altri io sono Cecilia la cicciona. A parte qualche compagno delle medie e qualche stronza che mi palpa le tette per sentire se sono vere, nessuno mi ricorda magra.
Ho scoperto, sapete, che chi non ha un dca non si accorge facilmente se le persone ingrassano o no.
Io… oh ragazze, IO! Io noto ogni minima variazione di peso di tutti, tutti: mi accorgo se qualcuno ingrassa, se dimagrisce, ricordo come era prima, sono talmente malata da scaricare (come Kiki sa) le foto delle mie amiche che sono dimagrite sul cellulare e guardarle e riguardarle e guardarle ancora. Così, tanto per ricordarmi quanto sono merda e quanto i ruoli si siano invertiti: una volta quelle ragazze mi dicevano “non è giusto che tu sia così magra”.
Non sono mai stata uno scheletro, però avevo un corpicino che ora vedo probabilmente in miniatura, ma che certo non era questo corpo qui, quello di adesso.

Comunque, ho divagato, Parigi è stata un’esperienza meravigliosa, tanto che appena ho rimesso piede in casa mia senza il mio ragazzo mi è piombata addosso una malinconia, una tristezza, un dolore… E domani, anche se non è lunedì, riprendo la mia dieta, sì, proprio quella che si prolunga da sei anni, lei, la DIETA.
Forse domattina mi peso, probabile che io scriva un post in cui comunico solo il numero, perché ho pensato che così quando tornerò dal mare potrò assicurarmi di essere dimagrita un po’ di più.
Eppure ogni estate dico così, ed ogni estate ingrasso. Ricordate la scorsa estate, in cui vi avevo detto di pesare 58? Ecco, ora quel peso è un miraggio. Se vedessi 58 sverrei dalla gioia, invece a quel peso vomitavo come una dannata e piangevo e mi ubriacavo e vomitavo e fumavo e vomitavo.
Mi manca l’indipendenza, mi manca dormire con il mio uomo, mi manca essere coccolata, mi manca organizzarmi senza sentire la voce dei miei, mi manca ubriacarmi con lui e mangiare schifezze e ridere facendo la spesa e confrontare il nostro carrello con quello degli altri, orsetti e biscotti con patatine vs zucchine e peperoni.
Mi manca sederci nella piazza di Montmartre, dove era il nostro Hotel, e bere il vino bianco a mezzanotte.
Mi manca tanto pagare con le MIE borse di studio, sentire quei pochi soldini MIEI per togliermi i piccoli sfizi, mi manca tanto ridere e fare foto stupide con il mio amore.
Mi manca insultare la gente in metro perché tanto sono tutti stranieri, mi manca dire “coglione muoviti a scendere dalla metro” a quello davanti perché tanto questo parla cinese, e mi manca il mio ragazzo che dice “Questo scemo sembra il cameriere di prima” ad uno che poverino sta solo seduto sulla panchina, che tanto non capisce niente.
Mi sono accorta di quanto sia importante parlare la stessa lingua (ho fatto gite scolastiche, non era la prima volta che stavo all’estero, però io sono diversa), però soprattutto mi sono accorta di quanto non sia infine così importante. Non mi sono sentita sola in mezzo agli altri perché tanto non mi capivano, e non mi arrabbiavo se ero incompresa, perché sentivo una rassicurante incomprensione superficiale, niente a che vedere con quella profonda che mi ritrovo nel petto in mezzo ai miei amici italiani.

Domani, comunque, io, famiglia, mio ragazzo, mia sorella partiamo per il mare da mia nonna, la Campania di cui vi parlo da quando ho aperto il blog. Questa volta lui rimane, forse pure tutto il mese, questa volta io voglio seriamente dimagrire e voglio seriamente stare bene.
Questa volta il costume dell’anno scorso non mi entra e voglio proprio vedere come farò, questa volta, come tutte le volte, sarà diverso; questa volta sarò sempre io, ma questa volta avrò capito, me lo sento, che la mia vita è unica.
Starò lontana dall’ipocrisia, da chi mi esclude, da chi non mi capisce.. starò lontana dal solito mondo e forse mi chiarirò le idee, e forse scriverò qualche post o forse no, forse ci risentiremo a settembre.
In ogni caso io metto il costume in valigia: questa volta sono seriamente curiosa di vedere come farò ad indossarlo e come farò a non vergognarmi. La mia vita è un mistero, e probabilmente la prossima estate peserò 80 chili.
Allora perché non vedermi bella adesso?

PS: ANDATE A PARIGI, è assolutamente bellissima!