martedì 8 marzo 2016

Centro.

Oggi è martedì.
Venerdì sono partita per Milano per andare a trovare mia cugina che vive lì per studiare.
Inutile dire che ho provato ad essere spensierata con il cibo, inutile dire che nonostante gli sforzi non ci sono riuscita; inutile dire che qualche caffè con la panna e qualche pancake di troppo hanno fatto scattare quella vecchia vocina che da tre anni ormai urla dentro di me quelle fottutissime parole insopportabili:

tanto ormai.

Sabato sera sono ripartita per Torino, e contro ogni manifestazione di intelligenza ho divorato un pacco di biscotti che mia cugina mi aveva dato "se avessi dovuto avere fame" e che invano avevo tentato di rifiutare.
Poi sono scesa alla stazione dove avrei dovuto prendere un altro treno e, nell'attesa, ho prelevato alle macchinette due tramezzini di quelli schifosi e grassi, una merendina di quelle che mai avrei mangiato se fossi stata in me, ed ho divorato tutto (contemporaneamente, ragazze: un morso di tramezzino, un morso di merendina - per compensare dolce e salato e non stufarmi né dell'uno, né dell'altro).
Sono salita sul treno e mia sorella mi chiama dicendomi che aveva ordinato le pizze, i miei non c'erano, ed io sono stata presa dal panico immediatamente: come avrei fatto a mangiare la pizza?
Avevo mangiato un muffin con del caffe alla panna un'ora prima di partire, un pacco di biscotti, due tramezzini enormi farciti, una merendina nel giro di due minuti, senza vomitare; come avrei spiegato che non avevo fame per una pizza?
Io desideravo la pizza (naturalmente)!
DOVEVO VOMITARE.
Così sono scesa dal treno disperata; nel buio mi sono incamminata verso il bagno che è dentro la stazione ma era chiuso, così ho cercato un cestino in cui poter vomitare; ho seriamente pensato di vomitare per terra, come gli animali, tanto non c'era nessuno; qualsiasi cosa per potermi liberare di tutto quello schifo che mi separava dalla pizza.

Ero come morta dentro, non ero in me: avrei dato tutto pur di vomitare almeno un po'.

Mentre pensavo e cercavo, ho visto la macchina del mio ragazzo in lontananza; ho realizzato, sono tornata in me, ho pensato che fosse finita, che non avrei potuto vomitare, ma poi ho pensato che avrei potuto vomitare a casa, anche se c'erano mia sorella e lui.

Per fortuna non ce l'ho fatta, ero certa mi avrebbero sentita, e non voglio deludere il mio ragazzo dopo un'estate che aveva trascorso a sentirmi vomitare in bagno dopo che mi ubriacavo, o dopo cena a casa sua, o a casa degli amici.
Non voglio tornare indietro, non voglio tornare a vomitare così, due tre volte al giorno, bere e vomitare vino da cucina con le dita in gola, o pane e olio in vacanza in Liguria nel mezzo della notte.
Non voglio tornare a quello, non voglio trovarmi a casa da sola la sera dopo venti giorni in cui non mi abbuffo, mangiare un pacco di biscotti spalmati con il miele, legarmi i capelli, solito rituale della carta igienica nel gabinetto per non far schizzare (eh sì, ho dovuto perfezionare questa tecnica...) e trascorrere la serata sul cesso.
Non voglio più.
Questo ultimo anno sono ingrassata smisuratamente, è vero; però ho nettamente ridotto gli episodi di vomito autoindotto; talvolta quando mi abbuffo è automatico vomitare per me, ma lo faccio con meno frequenza e soprattutto meno che posso.

Non ho vomitato.

Però ho mangiato tutta la pizza (sapete che il binge dilata lo stomaco, abbiate pietà di me..), e poi sono andata a casa di amici a guardare un film con il mio ragazzo.

Però mi sono rotta le palle, e ieri ho richiamato il centro.
Ero certa che di nuovo non avrebbero risposto; invece mi ha risposto una signora scortese, purtroppo; ha esordito con un "Mi dica".
Mi tremava la voce e le parole uscivano in automatico.
"Volevo sapere per prenotare una visita al centro come devo fare..."
"Che tipo di problema ha?"
Come una stupida bambina ho risposto "Un disturbo alimentare", come dire "Ciao come ti chiami?" "Sì, ho un nome!"
...
Lei allora mi ha apostrofata: "Sì, ma che tipo di disturbo alimentare", scocciata.
"Bulimia", le ho risposto.

Non sapevo cosa dire, in realtà. Se dovessi descrivere cosa ho io risponderei sempre

"Anoressica. Sono anoressica. Nella mia testa peso 40 chili e voi mi dovete aiutare. Non voglio mangiare, rifiuto il cibo, nella mia testa digiuno ed ho le ossa che escono. Aiutatemi a capire perché vorrei ridurmi così. Non considerate il fatto che peso 70 chili. Per favore, considerate che nel mio cuore e nella mia testa io desidero ridurmi uno scheletro pelle e ossa e lasciarmi putrefare in solitudine."

Ma non funziona così.
Funziona che "In cosa consiste la bulimia?".
In un'interrogazione, consiste, troia.
Secondo te chiamo un centro per disturbi alimentari, ti dico che ho la bulimia dopo sei anni che soffro come un cane e finalmente mi decido navigando nella vergogna e nella resistenza a chiedere aiuto, e mento???
Mi invento che ho la bulimia?
Così, data la domanda di interrogazione, le ho risposto proprio come c'è scritto sul Wikipedia: "Per bulimia intendo abbuffate per almeno tre volte a settimana per sei mesi consecutivi con condotte di eliminazione quali vomito autoindotto, digiuno o sport eccessivo".
"Ok, bene. Ora mi dia pure i suoi dati. Nome. Cognome. Indirizzo. Data di nascita. E ora scelga in che condizione si trova: sottopeso, normopeso, sovrappeso."

Sapevo cosa voleva significare, ma ho deciso di non mentire.
"Leggero sovrappeso."

E poi, la risposta che aspettavo: "Le tempistiche sono parecchio lunghe, parliamo di mesi, perché siete tante. La richiameremo."

Questi maledetti 65 chili mi faranno morire. So cosa significa la lista di attesa, lo so bene; equivale ad un "non ti richiameremo mai".

Non è colpa loro, è vero, siamo tante, non possono farci nulla; poi a Torino, alle Molinette, uno dei centri più richiesti; ma stabilire chi passa prima in base al peso è una profondissima ingiustizia.
Non so se si aspettano che tutte ci riduciamo a scheletri ad un passo dalla morte, e solo allora saremmo ascoltate...

Ho chiuso il telefono e mi sono messa a piangere.

Lo sapevo e peggio ancora sapevo che fosse giusto così.
Io lo SO che è giusto che venga messa in cima alla lista una poveretta di 40 chili che non si regge in piedi; quello che non accetto è che è bastato che dicessi "sovrappeso" (ma anche se qualsiasi bulimica avesse detto "normopeso" sarebbe stato uguale) e sbam: il termine bulimia è sparito, il contesto "Disturbo alimentare" è sparito pure lui, insomma, solo peso peso peso.

Probabilmente quella poverina era solo un'infermiera che a malapena ha sentito parlare di DCA, figuriamoci se per lei è importante che vomiti o non vomiti, ti abbuffi o non ti abbuffi, ti sfondi di cyclette o meno, restringi per settimane per perdere i 300 chili accumulati con quella roba schifosa di cui ti sei imbottita; probabilmente ero una delle migliaia di ragazze che oggi avrà chiamato quel centro, e lei era stanca, voleva solo andare a casa.

Comunque sono contenta di aver chiamato. Dopo l'ultima esperienza con il vomito e i pensieri di sabato sera e le abbuffate spaventose di questi giorni, io voglio solo provare a darci un taglio.
Pensavo di farcela da sola, un po' lo penso anche adesso, ma oggi ho realizzato che io il mese prossimo compio 20 anni, ed il mio disturbo alimentare
ne compie 7.

Euridice scrisse un post meraviglioso per i 7 anni del suo dca, quindi eviterò di ripetermi, andate a leggere il suo che è chiarissimo, vero e toccante;
solo voglio sottolineare che è praticamente come se io stessi crescendo un figlio.
Un bambino di 7 anni che quest'anno andrà alle scuole elementari: come potrò permettere che me lo strappino via dal cuore?
Penso in continuazione al mio dca come ad un figlio.
Però poi penso a Riccardo, a cui mando messaggi ogni giorno, per cui non riesco mai ad addormentarmi prima delle due di notte, quando mi arrivò quel maledetto messaggio: penso che se lui avesse avuto la fortuna di mettersi al mio posto, avrebbe lottato con le unghie e con i denti come ha fatto contro il suo cancro.
Lui mi disse "non smettere di scrivermi" ed io non lo farò mai.
E prenderò in mano la mia vita, forse.
Tra cinque o sei mesi, quando mi richiameranno dal centro, insomma; dopo 7 anni di questa romantica storia d'amore tra me e mio figlio, il mio dolcissimo e capriccioso bambino, io ho deciso di farmelo portare via.

A volte mi chiedo se sia davvero la strada giusta.
Non voglio perdere la mia intelligenza, perdendo la bulimia. Non voglio perdere la mia ironia, non voglio perdere la mia disperazione. Non voglio perdere il mio disturbo alimentare.
Voglio dimagrire (forse anche guarire.....), ma non so se riuscirei a vivere senza abbuffarmi, senza restringere dopo, senza vomitare. Non lo so.
Ma devo provarci, per Riccardo.

Devo provare ad affrontare le situazioni, anche quelle inesistenti, senza l'abbuffata e il vomito, la cyclette, o qualsiasi altra cosa..

Ci tenevo a raccontarvi questa novità.

Un bacio!


3 commenti:

  1. Scrivi Cecilia, scrivi la tua lettera di vita.
    Anche quando sei stanca, anche quando vorresti mollare tutto e ti sembra che non ci sia più nessuna speranza.
    Scrivi, fossero anche grida sconnesse.
    Grida, fossero anche scarabocchi.
    Scrivi la tua vita come puoi, come sai... per Matteo, per Riccardo, per te stessa.

    Un abbraccio.

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  2. Sei sempre difficile da commentare.
    Cercherò di essere drammaticamente semplice.. secondo me hai fatto bene a contattare il centro. Non lasciarti demotivare dalla durezza della signora che ti ha risposto. Magari non sa neanche cosa dice, magari per lei è solo lavoro. Oppure deve essere un po' dura per fare una specie di scriminatura tra le mitomani e le malate vere e proprie.
    Esistono e non neghiamolo, ne ho conosciute un paio live in tempi non sospetti.
    Che ti richiamino tra mesi non è detto.
    Io ero stata quasi cacciata e poi sono stata ricontattata e reputata un caso difficile pure in leggero sovrappeso e in apparente meravigliosa salute.
    Ma perché la bulimia è una porca sordida e bastarda, ecco. Sconforto, decontrollo, angoscia.
    E' l'angoscia, il senso di vuoto, il nulla cosmico e totale che uno ha dentro che ti porta a mangiare qualsiasi schifezza peggio che una bestia.
    Allo stesso modo ti stordisci di pensieri, magari anche di roba tosta, puoi anche leggere Kant tutto il giorno fino a che ti sanguinano le orbite.
    Puoi mangiare e riempirti di parole per sentirti intelligente, speciale, pieno. Vivo.
    Una merda, davvero.
    Il mio bambino lo ucciderò.
    Ha diciassette anni... se ne andrà mai?
    a volte penso di s^, altre volte immagino di no, immagino che mi seppellirà in una maniera sordida e silenziosa della quale non si accorgerà nessuno.
    Ti sono sempre vicina e ti invito come sempre a scrivermi quando ti senti morire. Non che abbia la bacchetta magica, ma credo di sapere cosa senti.

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  3. ciao...sono nella tua stessa situazione...
    sono stata 'anoressica' circa 9 anni fa (o forse non la sono stata, i miei genitori mi hanno presa per tempo -> pesavo 44 kili 1.62 di altezza) ... adesso..da circa 8 anni convivo con la bulimia... io non faccio vere e proprie abbuffate... diciamo che le mie 'abbuffate' cmq rientrano in non troppe calorie, ma appena mangio qualcosa che non dovrei, o vado oltre un certo limite , vomito...e lo faccio spesso.. quasi tutte le sere..
    anche io come te vorre guarire...o forse no... nella mia mente anche io vorrei essere 40 kili, vorrei che il mio ragazzo toccasse le mie ossa, vorrei che la gente mi guardasse e pensasse 'ma come è magra' ... so che potrei portarmi alla morte... ma è quello che voglio...
    seguimi se ti va..

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