sabato 18 aprile 2015

Conversazioni profonde

Ho scritto questo post tre giorni fa.

Sono le otto di sera.
Sono disperata: disperazione nelle ossa, nel cuore, nella carne, la depressione nei nervi e nei muscoli.
“Ti sei mai sentita profondamente infelice senza sapere perché?”, le scrivo.
Ebbene si.
Ho preso il telefono ed ho scritto ad una persona che esiste nella mia realtà, nel mondo che considerate voi. In quello che ci sta intorno. Ho scritto ad una mia compagna di classe, E.
Io e lei parliamo da anni, io e lei ci sentiamo diverse. Le uniche a voler fare della nostra vita il pensiero. Il troppo pensare, il tentativo vano di omologarci, amalgamarci, il desiderio di essere come gli altri.

Lei non ha un disturbo alimentare.

Mi risponde: “Troppe volte.”
Passa un minuto. “Cosa fai stasera?”
Panico. Per un secondo ho pensato di non aver capito la domanda: in che senso cosa faccio questa sera?
“Ho bisogno di parlare a voce con qualcuno. Mi sento troppo sola.”
A voce? Confronto? No. Ho cominciato a fare come al mio solito, rimandando, cercando un altro giorno, un altro momento, altro, altro, altro...
“Giovedì va bene?”, ho risposto.
“Non importa, lascia perdere. Per quel giorno mi sarà già passata.”

IO VOLEVO PARLARE. Io ho un disperato bisogno di parlare ma nessuno vuole veramente ascoltarmi profondamente e gliel’ho scritto, “Non me lo chiede mai nessuno VERAMENTE, usciamo.”

Ci siamo viste alle dieci in centro ed io l’ho trova su una panchina, con una birra vuota di fianco e una sigaretta in bocca, che piangeva, e ho provato una profonda comprensione. Si è alzata, ha buttato la birra, siamo andate in un parco isolato scavalcando la rete, ci siamo sedute sull’altalena e non sapevamo da dove cominciare.

Avevo paura che avrei rivelato tutto, che me ne sarei pentita, che in preda alla foga del momento io le avrei parlato delle mie abbuffate, del vomito, dello schifo, del cibo: pensavo di non essere in grado di sostenere una conversazione VERA con una persona che non soffrisse di dca.
Io ho sempre creduto di poter avere un rapporto vero solo con una persona come me, che vive le mie stesse cose anche se mi accorgo ogni giorno, tristemente, di essere sempre più sola indipendentemente da chi mi stia di fianco.
Mi ha detto che nessuno vuole veramente capirti, mi ha detto “Siamo universi a sé stanti. Ognuno ruota attorno al proprio sole; ed anche se possiamo scontrarci non entreremo mai in empatia, mai davvero”.

Ragazze, la testa di chi non ha un DCA  è magnifica. Per quelle due ore in cui siamo state insieme ho ignorato i mille messaggi di mia mamma, e l’ho ascoltata.
Abbiamo parlato di tutto: dell’impossibilità di esprimerci, della NAUSEA che proviamo nelle ossa, in mezzo alla gente, dell’insoddisfazione e della convinzione di essere nate nel mondo sbagliato.
Mi ha detto “Vorrei essere sola nel mondo, a volte. Io e nessun altro.”
Ho cercato di superare le barriere mentali del resto delle persone, quell’idea che senza gli altri non saremmo nulla, non siamo Dei, e ho provato a CAPIRLA.
Ho scoperto che anche io vorrei essere sola.
Io ho dovuto fare l’intenso sforzo di comprendere un’altra anima e lei soffriva e parlava, finché ad un certo punto non mi ha commossa. Mi sono commossa come una bambina, ho pianto mentre lei parlava e mi raccontava che si è innamorata.
Che faceva parte di un’amicizia immensa di quelle che non capisci più chi sei tu e chi è l’altro, di quelle talmente forti da dormire insieme senza fare niente sapendo che lui se le scopa tutte e che quella notte, invece, abbraccia forte te. Cerca il tuo calore, il tuo profumo.
Mi ripeteva “Ceci, io l’ho cambiato, io ho cambiato lui, io mi sono sentita diversa..”
Hanno fatto l’amore. Lui ha fatto l’amore con lei. E me ne parlava confusa, mi ha raccontato che lui è sbiancato, tremava, che lui non avrebbe voluto, che ha iniziato a urlare e bestemmiare dicendo che lei era diversa e lui l’aveva usata come tutte, l’aveva trattata come una qualsiasi, e in lacrime lei mi ha detto “Ceci, gli ho detto che ero innamorata di lui. E lui è scappato.”
E io piangevo perché sentivo il suo dolore, sentivo la sua infelicità intrecciarsi con la mia e quando mi ha detto che non lo sapeva nessuno all’infuori di me io mi sono sentita vuota. Per un secondo. Persa.
Noi non siamo amiche. Lei ha un gruppo di amiche ricche e snob, fa parte di quelle pettegole da salotto eppure è diversa: io sono quella a cui scrivere e con cui riflettere, da sempre.
E ieri mi ha affidato un pezzetto di vita, ma vi giuro che mi tremano le mani a scriverlo perché lei non è come le altre, lei è persa come me.
Lei mi somiglia così tanto, eppure è così sola, così magra da fare impressione, così infelice, così lacerata.. lei è come mi sento io.
Mi ha detto che non lo ha detto a nessuno perché tutti ne avrebbero fatto un pettegolezzo, o comunque un affare di conquista. Lei non vuole riconquistarlo: lei non sa come fare a ritrovare quell’anima che ha perso.
E mi ha detto “Come si fa Ceci a tornare da soli quando si è incontrata la non solitudine?”
Lei vuole ritrovare la non solitudine. Lui ha fatto l’amore con lei fugacemente e lei mi piangeva accanto ed io amavo il suo cervello libero e sofferente, una sofferenza pura.

Mi ha raccontato del divorzio dei suoi e io piangendo le ho urlato che pagherei perché i miei divorziassero, perché mia mamma non mi svuotasse l’armadio ogni giorno per controllarlo, perché non mi fotografasse la notte il diario con gli orari di scuola per controllare quando esco, perché non mi urlasse che sono una pazza, che non mi rendo conto dei loro sacrifici e che mangio tutto quello che c’è in casa, perché non mi nascondesse il cibo, perché non si portasse i biscotti a lavoro per non lasciarli nella credenza.
Pagherei.
Lei vive con il papà che, come il mio, è inesistente, lavora giorno e notte e a volte la lascia sola per settimane. Lei può vivere.
Io sento di non avere il diritto di essere infelice in questa casa.

Con lei mi sono sentita per un secondo un essere umano. Non una conta calorie, non una macchina di cibo.
Un essere umano. Vorrei incontrare qualcuno così, che abbia un dca. Una persona che soffra ogni giorno della sua vita, anche solo per sapere che non sono sola. Che esiste.

Ed intanto mi abbuffo. Perché nessuno ha capito che il mio problema non è il cibo: il cibo è il sintomo di un altro problema. Il male di vivere. Il lacerante, soffocante male di vivere.
Straziante.
Sapete il momento più brutto qual è? Come diceva Kiki in un commento, ho imparato a gestire le mie abbuffate.
Se so che non posso vomitare faccio in modo di fermarmi prima di stare male, per continuare ad abbuffarmi lentamente per tutto il giorno.
Cerco di fermarmi quando non entra più nulla.
Ecco, quella è la sensazione più brutta che si possa provare: non avere più fame. Non avere più la fame fisica, dover aspettare che vada giù tutto, torta, pacco di brioches, pacchi di bueno, tutto. Deve scendere perché non posso vomitare, mia sorella è di là, nell’altra stanza, sentirebbe.
Ed è un tormento mentre aspetto di poter ricominciare a mangiare. Perché in questa eterna pausa io penso, penso, e il dolore ritorna, più forte di prima, più forte, potente. In tutta la sua autenticità. Mi urla “non hai risolto niente.”
Eppure io so che mentre mangio non ci sono. È... alienante. Fortunatamente nessuno può capire. Ma sono in un altro mondo, quello del non-essere.

Non sono mai stata più male di così. E sto così male che non ho idea di cos’altro scrivere. Se non che voglio sparire. Davvero.
Ma domani sarò di nuovo qui. A farmi divorare dalla sofferenza, divorando lei.

19 commenti:

  1. Un abbraccio e non lasciarti divorare dalla sofferenza,guardati attorno per davvero e capirai che non ne vale la pena.Un bacione

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    1. Grazie...grazie per commentare sempre... Un abbraccio anche a te, è bello che qualcuno ti stia vicino...anche da lontano :)

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  2. Questo post mi ha commosso
    Ti abbraccio fortissimo ❤

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  3. fa piangere il tuo dolore......

    io credo che fin quando ci nasconderemo sotto la 'salvifica'aurea dell'etichetta 'sono malata'saremo condannate a essere sole....
    come possiamo trovare qualcuno se non sappiamo trovare noi stesse?
    ogni maschera richiede un compromesso.....



    ps alcuni giorni fa ti ho commentato anche il post precedente...mi sa che non l'hai visto....colpa mia che ho commentato in ritardo...



    un abbraccio di cuore

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    1. Lo so, hai ragione...ma è un nascondiglio comodo, e so che mi capisci... È come una scusa per non affrontare veramente gli altri.
      ci nascondiamo dietro il fatto che nessuno potrà mai capirci

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  4. Io sono un essere umano che soffro similmente a te, che imposta la sua vita, ogni sua giornata in base al cibo.
    E ti comprendo, non interamente, ormai lo sai, ma viviamo sempre un dolore lancinante pur essendo realizzato in strategie differenti.
    A me hai fatto piangere con questo post. Perché mi hai fatto sentire un granello di sabbia, di una solitudine pazzesca. Una solitudine creata da un malessere interiore lacerante.
    Il male di vivere cara Sybil è il vero problema. E hai ragionissima quando scrivi che èil cibo è sintomo di tale problema.
    Te lo dissi nel commento precedente, nell'altro post, una spiegazione alle tue abbuffate c è. Una motivazione ai tuoi, ai nostri comportamenti esiste.
    E Oggi, domani sei e sarai di nuovo qui non a farti divorare dalla sofferenza, ma a combattere. Tienilo sempre presente, cavolo!!!!

    Se hai bisogno di parlare, di sparare tre cavolate puoi scrivermi per mail ;)
    Un abbraccio.

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    1. Grazie davvero... Ma poi divento pesante, quindi meglio che non scrivo :( qualche ragazza con cui parlo lo sa :(

      io sento la tua vicinanza Ilaria, di un dolore diverso eppure devastante e profondo che ti spinge a comprendere le mie parole, a volerle leggere tutte...
      dovrei imparare a chiamarla battaglia, se pur di una fallita è comunque una battaglia. Chi lo sa...grazie, davvero, con il cuore.
      è sempre bello leggere i tuoi commenti, perché so quanto tu sia dolce ad avvicinarti ad un comportamente diverso dal tuo... Sei davvero una persona ricca, non finito mai di dirtelo... Grazie!

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    2. Purtroppo avevo risposto e il commento non era stato pubblicato chissà per quale arcano mistero.
      Volevo dirti però che cerco di esserti vicina perchè secondo me meriti il mondo.
      Mentre ti leggo mi emoziono ogni volta, mi viene il magone allo stomaco perchè tante sensazioni li ho provato pure io. (e alcune sono sempre presenti!)
      Sei una persona matura, molto più della tua giovane età, una ragazza forte e combattiva, nonostante pensi di essere una debole.
      So' quanto sia difficile lottare con questi demoni, per questo ti rinnovo l'invito a scrivermi... magari a parlare un po' ti senti meno sola, meno delirante poichè compresa.
      Ma sopratutto non preoccuparti della pesantezza.
      Io non divento pesante, lo sono gia'.
      (Lo vedi? ho fatto un poema per dire cosa?!? Abbi pazienza, scusami!!!)

      Grazie per definirmi "ricca". Io non vedo nessuna ricchezza, anzi, tanta povertà d'animo. Ma grazie.
      Un bacio.

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  5. Mi dispiace per te, per il tuo dolore sconfinato, e come sempre spero che le cose migliorino. Noi persone che pensiamo troppo saremo sempre più inclini alla tristezza e all'angoscia, purtroppo... ma non lasciare che ti divorino.
    ti abbraccio

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    1. Quanto hai ragione...vorrei tanto spegnere il cervello a volte.
      grazie per ascoltarmi sempre, e scusa se sono oppressiva :(

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  6. Come le altre mi sono emozionata di fronte a questo tuo post, è inevitabile. È incredibilmente triste sentirsi soli, è la tua amica ha fatto un discorso che non fa una piega secondo me, anch'io la penso così, alla fine ognuno è un universo a se stante ed è impossibile pretendere completa comprensione nel vero senso della parola, ma sappi che anche se non posso comprendere il tuo immenso, lacerante dolore perché non è oggettivamente possibile una parte almeno la comprendo. È bello beh tu abbia trovato una persona con cui confidarti e con cui poter parlare così simile a te, è davvero una bella cosa ed è speciale...
    Ti capisco benissimo per il male di vivere, dietro alle abbuffate, alla restrizione, ai pensieri malati e al pensiero costante del cibo e quindi ai DCA c'è proprio questo, ed è terribile, è un peso soffocante, un'angoscia che sembra non volerci abbandonare e allora ci anestetizziamo pensando al cibo, controllandolo o perdendo il controllo...
    Che onore essere stata nominata nel post! :) eh sì è questo il problema, e posso solo immaginare come tu ti senta quando devi aspettare che vada tutto giù per riprendere, in quel momento sei costretta ad affrontare tutto, tutto quanto ed è tutto ancora più amplificato, cavolo quanta forza ci vuole... Le emozioni e il nostro dolore sono il nostro più grande nemico ed è per questo che cerchiamo di comprarle in ogni modo con il solo metodo che conosciamo... Quanto è brutta la vocina che ti dice "non hai risolto niente" l'ho provata anch'io, nonostante restringessi e perdessi peso inizialmente ero felice ma alla fine mi stavo solo distruggendo senza aver affrontato il disagio radicato dentro di me e senza dargli un nome, spesso non ci proviamo neanche a riconoscerlo e ad affrontarlo di petto, ma solo perché è così dannatamente difficile ed è troppo complesso per essere colto forse, ma spero per tutte noi che il modo di affrontarlo lo troveremo! Intanto definirlo "male di vivere" è azzeccatissimo... Chissà cosa c'è dietro?
    Dopo questo contorto discorso ti mando un abbraccio forte e affettuoso, spero che tu arrivi!!!
    P.S. GRAZIE MILLE PER ESSERMI VICINA.
    ❤️

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    1. Grazie a te, direi!!! Davvero... Sarà che essere cosi vicine come età ci rende piu facile magari capirci, ma tu maturi sempre delle riflessioni vere, infatti scusa se a volte uso le tue parole!
      È che la tristezza piu grande la provo quando mi dico "cosa farò quando sarò magra? Ci sarà una magrezza che mi andrà bene?" scusa se te lo dico, non voglio essere indiscreta, ma spesso me lo sono chiesta guardando le tue foto.
      mi sono detta che tu pesi praticamente venti chili meno di me e ti vedi esattamente come mi vedo io. Dalle tue descrizioni mi sembra di riconoscere me stessa, invece vedo solo una ragazza magra.
      Magrissima, magra, mettila come vuoi... E mi chiedo, spaventata "ma cavolo, sarà cosi anche per me?" se io dovessi avere il tuo peso credo che mi venderei l'anima al diavolo, eppure poi vedo te, così intelligente e con il corpo che sogno io e un po' mi intristisco perché lotti per concederti una pizza.
      Credo tu sia fantastica....devi solo capirlo, perché evidentemente dimagrire non è la soluzione che crediamo...

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  7. Il male di vivere è la chiave di tutto. E di tutti quelli che soffrono. L'anoressia, il binge, la depressione, l'autolesionismo, ne sono manifestazioni esteriori, alcune delle tante possibili, che lacerano fisicamente ciò che qualcosa di oscuro lacera da dentro.
    Pensa che io alle volte ho trovato persino "comodo" il mio dca, perché mi permetteva di dare un nome al dolore che provavo, ho addossato la colpa sul sintomo per non dover cercare la causa, e sono stata talmente brava che il mio ultimo analista, risolto (almeno apparentemente) il sintomo, ha creduto di aver risolto anche la causa profonda che l'aveva generato, ha creduto forse che sintomo e causa fossero la stessa cosa, che il mio dolore fosse unicamente generato dal peso, che semplicemente, boh, volessi essere magra.

    Siamo tutti infinitamente soli nel nostro dolore. La mia amica L., filosofa, ha scritto una tesi su Husserl e ricordo che mi colpì una delle prime cose che mi disse di questo filosofo che io non conoscevo affatto: parlando dell'intersoggettività Husserl dice che per quanto pensiamo di conoscere una persona, di essere in sintonia con lei, non potremo mai pensare quello che pensa e quindi gli altri rimarranno sempre profondamente inconoscibili. Universi altri, appunto, che seguono leggi diverse da quelle che valgono per me e che per me sono la norma.
    Credo però che questo non significhi che non si possa accostare la nostra solitudine a quella di qualcun altro e provare almeno a lenirla, cercando e dando conforto, cercando e dando comprensione. Nessuno potrà mai comprendere il nostro dolore, noi non potremo mai comprendere il dolore di un altro, ma possiamo farci un po' compagnia, sostenerci a vicenda e renderlo un po' meno duro, il dolore che ci affligge.
    Forse parlare con questa ragazza ti aiuterebbe a sentirti meno sola. Forse no, potrebbe anche avere l'effetto opposto, ma se ti ricapiterà di essere così in intimità con lei potresti provare a raccontarle il tuo dolore. Forse non ti darà la soluzione, ma saprà almeno darti l'abbraccio che vorremmo darti tutte noi, se fossimo più vicine.
    Ti stringo forte!

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    1. Sarebbe bellissimo... Grazie per il tuo commento, non finito mai di dirti che scrivi proprio bene, e soprattutto riesci sempre ad esprimere quello che spesso non riesco ad esprimere io.
      Sai, mi accorgo ultimamente di avere un disperato bisogno di PARLARE. Ho creato il blog che non lo sapeva nemmeno il mio ragazzo del mio dca, e sono arrivata al punto che vorrei urlarlo (sebbene, fortunatamente, io non ci riesca). Vorrei un abbraccio sincero, vorrei qualcuno che all'orecchio mi sussurrasse quello che mi hai scritto tu, che anche se sono sola io ho compagnia, ho una spalla...tristemente mi accorgo che questo non c'è. Sono sempre restia ad aprirmi con le persone, non riesco a capire se riuscirebbero a considerare seriamente il mio dolore...
      Non capirlo, perché come dici tu non ci riusciamo noi stesse nei confronti degli altri; semplicemente considerarlo.
      grazie, davvero. È un peccato, mi dico sempre, che tutte queste menti intelligenti girino attorno ad un solo ed unico martellante e mediocre pensiero: dimagrire.

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    2. Anche io ho sempre difficoltà a "mettere a nudo il mio cuore", come direbbe Baudelaire. Non tanto perché non voglia farlo - c'è stato un periodo in cui avevo paura di ammettere anche a me stessa di stare male, allora non avrei mai potuto né voluto dirlo a qualcun altro - ora invece vorrei poter parlare, ma poi qualcosa mi frena: la paura di non essere presa sul serio, forse, il terrore che qualcuno possa trovare il mio dolore sciocco, indegno di considerazione, persino ridicolo. Il fidanzato di una mia amica sosteneva che le malattie mentali non siano malattie "reali", come se necessariamente per essere reale il dolore debba essere visibile. Il morbillo ha le macchie, la depressione non ha segni tangibili, quindi non è una malattia. Mi disse che dovevo solo prendere il mondo con più leggerezza, e imparare a ridere di più. Ma, insomma, io non credo di essere una completa cretina: vorrei ridere, vorrei ridere fino a stare male, ma come faccio a ridere mentre il dolore mi stringe la gola?
      Insomma, anche io non riesco a sfogare davvero il mio dolore. C'è sempre qualcosa di me che tengo nascosto, anche alle persone più vicine, a quelli con cui riesco a parlare davvero di tutto, in particolare il mio fidanzato, la mia amica L. che mi conosce da vent'anni ed è come una sorella per me e il mio amico I. che conosco solo da cinque anni ma con cui ho condiviso tante cose e che è davvero un ottimo confidente. Non riesco ad essere del tutto sincera, e non so neppure io perché. Per non spaventarli, per non attirare troppe attenzioni, perché ho paura che non capirebbero la profondità del mio dolore e sarei delusa da loro...forse soprattutto quest'ultima.
      Scusa lo stream of consciousness! Devo venire a trovarti, magari possiamo parlarne nel bellissimo parco di Torino (io amo i parchi nelle città!)
      Un bacio!

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  8. Piccola Sybil, anzi, piccola Cecilia.
    Ogni volta che leggo un tuo post mi viene una voglia incontenibile di saltare su un pullman per la tua città, e abbracciarti fortissimo, e dirti.., cosa? Dirti cosa,poi? Non lo so nemmeno, cosa ti direi, perchè sento di essere molto simile a te. Mi ritrovo tantissimo nelle tue parole, parole che trasudano il dolore di chi ha paura di non essere compreso. Sento il tuo dolore, ogni lettera e ogni riga, anche se il mio deriva da situazioni diverse.
    Anche io spesso mi chiedo se non derivi tutto dalla paura del "dopo". Ci sono quei giorni in cui tutto va bene, le calorie sono già contate, io non ho fame.. però mi abbuffo lo stesso? Perché? da dove deriva questo auto sabotaggio?
    Spesso ti sento vicinissima, Cecilia. Troppo spesso paragono me stessa a un albatros (sai, l'uccello della poesia di baudelaire ), ed è proprio quella la definizione che affiancherei a te. Tu sembri così sì "avanti" in molte cose da dimenticarsi che alla fine siamo solo umani, da dimenticarsi come dovrebbe svolgersi la nostra vita se solo fossimo ordinarie persone, se solo non fossimo "così". Sembri talmente "avanti" da non ricordare più come si recita un ruolo che hai abbandonato perché ti stava stretto, anche se poi chi fa questa scelta a volte si pente o si dimentica i motivi per cui l'ha fatta. L'ordinarietà ti sta stretta, forse. Forse perché sei destinata a fare di più.
    Probabilmente non si capisce nulla del mio commento, ma l'ho scritto di getto e non saprei come migliorarlo.



    Un abbraccio grandissimo!

    p.s. se hai bisogni di parlare o ti senti sola, contattami pure, ne sarei felice!
    p.p.s. Volevo dirti che sei una di quelle persona che più mi piacerebbe conoscere nella vita "reale". So che non te ne frega nulla, ma volevo dirtelo ugualemente.

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    1. Che commento meraviglioso... Sai io ho pensato che eravamo simili quando avevo letto un post in cui dicevi di amare filosofia :) ho capito benissimo il tuo commento, invece: solo che io non mi sento cosi. Tutto il contrario! Sento che l'ordinarietà mi sta strettissima, ma mi vedo sempre un gradino piu giu. Mi manca sempre qualcosa...ho letto la poesia di Baudelaire e ti giuro che quando ho letto il tuo commento mi sono quasi spaventata perché avevo fatto una riflessione molto simile alla tua...

      grazie, ma nella vita reale non sono poi così speciale...
      sono davvero incredula, come può qualcuno volermi conoscere? Proprio me che non vedo niente di buono nella mia testa, non ho prospettive, ambizioni, desideri, aspettative...solo un grande buco nero davanti a tutto: alle abbuffate, all'università, ai rapporti con gli altri... Solo un vuoto...
      se vuoi ti lascio la mia mail, se ti va di scrivermi:
      cecilia.me33@gmail.com

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  9. questo ieri notte mi ha paralizzata.. forse mi ha salvata il pc scarico, che ad un certo punto ha deciso di morirmi sul letto... sono stata per tutta una vita in compagnia di me stessa che leggere qualcosa del genere mi blocca... non sono abituata a riflettere su una tale richiesta d'aiuto e speranza che non sia la mia..

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