lunedì 5 gennaio 2015

La giostra.

In questi momenti penso a Zeno Cosini. Quanto amo quel libro... Oggi mi rivedo in lui. Mi rivedo in lui tutti i giorni, in realtà... Ecco perché piango ogni volta che lo rileggo, anche solo pochi pezzettini... No, non sarà questo il solito post di pippe mentali e puttanate con cui cerco di mascherare la miseria della mia vita ripetitiva e la bassezza dei miei gesti noiosi, frutto di un dolore stantìo.
Mi sono abbuffata, insomma. Mille propositi, mille parole, mille promesse...eppure, eccomi qui. Sono sempre io. Sono lo Zeno Cosini della mia vita: ancora non ho tappezzato il muro di casa mia con date di svolta, date in cui "da domani smetto", non scrivo quelle date con colori ancora più accesi per sovrastare il proposito precedente, non annoto tali date in tutti i miei libri, ossessivamente: niente di tutto questo. Ma in fondo succede così, sempre.
E piangere, sbattere i pugni sul tavolo e dire cazzo, credere che poteva andare meglio questa volta, cercare una scusa tra le mille, tra lo stress, la tristezza, lo sconforto, è solo una perdita di tempo.
NON SI PUÒ FARE NIENTE.
E sono qui, mi sono abbuffata. Tre pacchi di kit kat bianchi, una tavoletta di cioccolato bianco, metà pacchetto di wafer da 175g, salsiccia, formaggio, formaggio fuso. Ed ho avuto il coraggio di cenare ancora, con fresella, olio, sale, salame.
Non ho niente da dire. Mi servo delle parole di D'Annunzio che, ne "Il piacere" consigliatomi da Euridice (finalmente ho approfittato delle vacanze per leggerlo, è straziante e geniale, ho pianto che novità!), esprime come meglio non saprei fare io tutto quello che adesso mi attanaglia il cuore e lo stringe con violenza.

Ma egli non s'era mai trovato in una disposizion di spirito più inquieta, più incerta, più confusa; non aveva mai provato dentro di sé uno scontento più molesto, un malessere più importuno; né mai aveva provato contro di sé medesimo impeti d'ira e moti di disgusto più crudeli. Talvolta, in qualche stanca ora di solitudine, egli si sentiva salire dalle profonde viscere l'amarezza, come una nausea improvvisa; e rimaneva là ad assaporarla, torpidamente, senza aver la forza di cacciarla fuori, con una specie di rassegnazione cupa, come un malato che abbia perduta ogni fiducia di guarire e sia disposto a vivere del suo proprio male, a raccogliersi nella sua sofferenza, a profondarsi nella sua miseria mortale. Gli pareva che di nuovo l'antica lebbra gli si dilatasse per l'anima e di nuovo il cuore gli si vuotasse per non empirsi più mai, come un otre forato, irreparabilmente. Il senso di questa vacuità, la certezza di questa irreparabilità gli movevano talvolta una specie di collera disperata e poi un disprezzo folle di sé medesimo, del suo volere, delle ultime sue speranze, degli ultimi suoi sogni. Egli era giunto a un terribile momento, incalzato dalla vita inesorabile, dall'implacabile passione della vita; era giunto al momento supremo della salvezza e della perdizione, al momento decisivo in cui i grandi cuori rivelano tutta la loro forza e i piccoli cuori tutta la loro viltà. Egli si lasciò sopraffare; non ebbe il coraggio di salvarsi con un atto volontario; pur essendo in balia del dolore, ebbe paura d'un dolore più virile; pur essendo travagliato dal disgusto, ebbe paura di rinunziare a ciò che lo disgustava; pur avendo in sé vivo e spietato l'istinto del distacco dalle cose che più parevano attrarlo, ebbe paura di allontanarsi da quelle cose. Egli si lasciò abbattere; abdicò interamente e per sempre alla sua volontà, alla sua energia, alla sua dignità interiore; sacrificò per sempre quel che gli rimaneva di fede e d'idealità; si gittò nella vita, come in una grande avventura senza scopo, alla ricerca del godimento, dell'occasione, dell'attimo felice, affidandosi al destino, alle vicende del caso, all'accozzo fortuito delle cagioni. Ma, mentre egli credeva con questa specie di fatalismo cinico mettere un argine alla sofferenza e conquistare se non la calma almeno l'ottusità in lui di continuo la sensibilità al dolore diveniva più acuta, le facoltà di soffrire si moltiplicavano, i bisogni e i disgusti aumentavano senza fine.

Un ribrezzo di sé e del suo vizio l'invase. -Vergogna! Vergogna! - La disonorante bruttura gli pareva indelebile; le piaghe gli parevano immedicabili; gli pareva ch'egli dovesse portarne la nausea per sempre, per sempre, come un supplizio senza termine. -Vergogna! - Piangeva, chino sul davanzale, abbandonato sotto il peso della sua miseria, affranto come un uomo che non veda salvezza; e non vedeva le stelle riscintillare a una a una sul suo povero capo, nella sera profonda.

Un gran silenzio le vuotò l'anima. Le si aprì, dentro, uno di quegli abissi in cui tutto il mondo sembra scomparire all'urto d'un pensiero  unico. Ella non udiva più altro; ella non udiva più nulla.

11 commenti:

  1. Buonasera cara Sybik, passo di quì nella speranza che il mio commento ti faccia un po' di compagnia e che ti aiuti a distrarti un po' dalla sofferenza che provi in questo momento.Per prima cosa volevo dirti che dalle righe del tuo blog leggo la vice di una ragazza estremamente intelligente, cosi tanto da non accorgersene neanche! Le tue non sono pippe mentali o puttanate, questo è il tuo spazio e sono i tuoi pensieri a renderlo unico e speciale! Non ho mai letto Zeno Cosini, ma da quello che dici descrive alla perfezione la situazione in cui molti si trovano, avere la speranza del domani, prefissarsi delle date ma poi non riuscire a cambiare nulla! E il pezzo di D'Annunzio mi ha lasciata senza parole, io non sono molto solita leggere per mancanza di tempo o voglia a volte ma tu col tuo modo di scrivere mi hai fatto venir voglia di leggere di più, di questo devi esser fiera sei capace di trasmettere agli altri la tua passione e questo è un dono bellissimo, non concentrarti sull'abbuffata ora, anche se è difficilissimo lo so... Ma pensa a quanto hai da offrire al mondo, veramente tanto mia cara te lo dico col cuore! Un bacione e ti auguro che inizi ad "andare meglio" già da ora e non da domani o dopodomani o tra una settimana! Sei tu a decidere, un bacione :*

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    1. Hai lasciato un bellissimo commento. Grazie :) spero davvero in quello che dici... A volte però esagero perché io mi lascio estremamente coinvolgere dai libri che leggo, classici prevalentemente, perché ognuno si stacca un pezzo di me e mi lascia una dolorosa consapevolezza. Mi chiedo come un essere geniale possa mettere su carta, lucidamente,con parole tanto toccanti, un sentimento Umano. Spero che anche tu capisca quanto hai da offrire al mondo. <3 Ti abbraccio!

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    2. Mi era sfuggita la tua risposta, scusa per il ritardo tesoro! Wow è incredibile quanto tu sia coinvolta nelle tue passioni, e non sai quanto hai ragione quando dici che quando ritrovi te stessa in quei testi ti lasciano una dolorosa consapevolezza... È davvero incredibile ora che mi ci fai pensare, il sentimento umano è qualcosa di cosi complesso e quasi astratto che riuscire a descriverlo in quel modo cosi concreto è qualcosa che mi lascia davvero spiazzata! Sono io a ringraziare te perché mi dai sempre spunti di riflessione e mi distogli un po' dal mio mondo fatto di stupide ossessioni. PS: ce la farai, ce la faremo tutte insieme un passo dopo l'altro ne sono sicura! Ti stringo fortissimo! <3

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  2. è esattamente come mi sento io...ho scritto proprio un post...

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    1. Ciao... È l'ultimo che ho commentato? Mi spiace che ti senta così. Cosa si fa, si incassa e ci si rialza. Tutti ti vogliono forte, tu stessa lo pretendi da te stessa. Un abbraccio... Scusa sono sempre dal cell; aspettando il wi fii non posso ancora aggiungerti tra i blog che seguo, ma lo farò. Ti abbraccio...

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    2. sì è quello che hai commentato...
      sei stata carinissima...un commento bellissimo...
      poi ti sei firmata...che onore!!!
      grazie!!!

      forse il dolore fa più compagnia del piacere...
      è un amico petulante e assordante...
      e il masochismo è sempre dietro l'angolo...


      ti abbraccio forte

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  3. Sapevo che ti sarebbe piaciuto, l'ho letto per la prima volta a diciotto anni, quando non sapevo decidermi se lasciarmi sopraffare dalla malattia o uscirne a mio parere sconfitta, tornare grassa, non essere più motivo di preoccupazione per nessuno, dover ricominciare ad elargire sorrisi a tutti perché era quello che si aspettavano da me. Ed ho fatto un'orecchia a questa pagina (so che un'intera categoria di lettori mi odierebbe ma io sono incline a maltrattare i miei libri: li piego per esser più comoda quando leggo, faccio orecchie e sottolineature, mi scrivo delle noticine...) perché rappresentava al meglio le mie sensazioni di allora, e non nego che mi ci ritrovi anche ora, più spesso di quanto vorrei. A volte è rassicurante, quasi, trovare i propri pensieri esternati così bene dalle parole di qualcun altro. Ci fa sentire meno sole, anche un po' speciali, eroine tragiche degne di essere cantate, e comunque leggere quello che si prova aiuta a comprenderlo meglio, lo rende più chiaro, e comprendere il grumo di sentimenti che ci attanaglia è il primo passo per cercare di mettere un po' d'ordine.
    Un bacio!

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    2. Dicono che un vero lettore non fa orecchie né sottolineature, quindi non posso definirmi tale :) come te, riempio i libri di orecchie, graffette, sottolineature ahah. :) Grazie per avermelo consigliato: è splendido. Mi ha sconvolta, un po' svuotata... Un po' perché mi sono innamorata del cinico Andrea :), un po' perché la sua continua ed esasperata ricerca del piacere gli fa perdere tutto... Anche lui a buoni propositi non è proprio avanti XD e sinceramente ciò mi consola, anche se per la fine che fa non saprei nemmeno esserne tanto sicura... Sto cercando di ricominciare anche oggi. Già che vado avanti a "ricominciamo"...

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  4. "La coscienza di Zeno"... non me ne volere, Sybil, ma mi ha fatto leggere questo libro un prof d'italiano quando facevo le scuole superiori, e l'ho trovato proprio noioso... Menomale che c'era già Internet da cui scaricare le recensioni, perchè mica ci riuscivo ad arrivare in fondo...

    Okay, gusti letterari a parte (il mio autore italiano preferito è Pirandello, figurati...), appena ho aperto il tuo blog ed ho iniziato a leggere questo nuovo post, l'occhio m'è caduto sulla frase "Non si può fare niente". Facile, mi dirai tu, è quella scritta in stampatello, si nota di più... Sì, okay, è vero, però più che altro mi ha colpito perchè anch'io l'ho usata nel post che ho scritto oggi, anche se nel contesto completamente opposto. E, onestamente, mi sento di contraddirti: sì può fare tutto. Ed ho la mia stessa vita, che è cambiata diametralmente negli ultimi 15 anni a dimostrarlo.
    Si può pensare di non poter fare niente, si può convincersi di non poter fare niente, e fintanto che ci suoneremo e ci canteremo questa profezia che si auto-avvera, rimarremo effettivamente nell'impasse. Ma, all'atto pratico, si può fare di tutto. Solo che... va fatto. E non che sia facile, magari. Non che sia divertente. Non che sia rapido. Lungi da me dire una cosa del genere. Dico solo che è possibile.
    Perchè l'ho fatto io, che sono la mediocrità per antonomasia. E se l'ho fatto io perciò, è garanzia che lo può fare chiunque.
    Ti abbraccio forte forte...

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