venerdì 4 luglio 2014

Come mi muovo nel mio mondo?

Ho un ginocchio fasciato perché sono volata dalla mia amatissima bicicletta, e potrei avere il menisco rotto, sto aspettando una risonanza magnetica per scoprirlo. Questa fascia mi strizza la coscia e me la mostra enorme, perché è così che è.

Quando lo accetterò? Oggi ho mangiato troppo, ma non mi importa molto. Sono giorni che sto brava, che pedalo, che mangio pochissimo. Ma niente.
E' un mese, niente di niente. Niente.
E quando dico niente, è niente. Non sto meglio. Non dimagrisco. Stessi commenti sulle tette. Stesse occhiate al mio culo, stessi sguardi. Niente.
Sempre io. E mi odio.
Non voglio nemmeno guardarmi, non voglio ascoltarmi.

Dovrei imparare a vivere così, ma io sono ossessionata. Sono matta.
Sono davvero matta.
Penso continuamente a quando andrò al mare. Sarà la prima estate in cui andrò al mare con la maglietta. Non mi spoglierò mai al mare. E questo mi rende tanto triste.

Ho bisogno di sfogarmi, ho bisogno di urlare, ho bisogno di qualcuno come me, che mi capisca, e che stia sulla spiaggia con me con la maglietta a coprirsi le tette.
Perché io non posso essere normale?
Me lo chiedo sempre, e non vedo l'ora che finisca l'estate, non vedo l'ora che finisca la mia vita. Non ne posso più di vivere in un corpo che non riesco a cambiare, ed ora non potrò più pedalare, fare sport, correre. Sono immobile, non posso nemmeno impegnarmi per essere qualcosa che comunque non sarò mai.

Io voglio esserlo. Voglio essere diversa. Vorrei tanto vivere con me stessa. Vorrei non dovermi guardare. Non dover rispondere del mio corpo. Custodire i miei pensieri e tutto ciò che ho di prezioso in un corpo più piccolo, meno appariscente.

Tutte le parole suonano inutili quando infine mi sveglio nel mio corpo; ieri ho avuto la folle idea di guardare vecchi video che facevamo io e mia sorella.
Video di quando ero anoressica, video di quando ero perfetta.
Avevo perso tutto il seno, in quel periodo, ed ora io non sono più lei. Ora io non posso più essere quello che voglio perché questa si chiama realtà.

Vorrei tanto essere morta. Vorrei che qualcosa mi uccidesse perché non avrei nemmeno il coraggio di farlo, se volessi.
Sarebbe così facile... Perché non posso semplicemente morire? In silenzio, senza lamentarmi, senza promesse... addormentarmi, una sera, e non svegliarmi mai più.
Non è forse possibile, ciò?
La ragione per cui io vivo è la speranza che un giorno sarò più magra, questa mi tiene in vita.
Io desidero tanto uccidermi. Ma poi penso che ho ancora tanto tempo per dimagrire, perché dimagrire mi farà venire voglia di vivere. Perché potrò vestirmi, potrò andare in spiaggia, potrò essere finalmente in pace con me stessa.

Mi sento nata per un altro mondo, non questo, ma sono qui: perché devo avere necessariamente un corpo?
Portatemi via, lontano...
Ho voglia che mi torni quel lancinante dolore alla gamba di ieri sera, perché ieri sera mentre urlavo e mi contorcevo dal dolore non ho pensato nemmeno un secondo al mio corpo, o al cibo, o a quanto odio la mia realtà.
Se solo il sangue non mi facesse perdere i sensi, io mi taglierei solo per sentire un dolore di cui conosco l'origine: perché questo soffrire mi ha stancata.
Sto male, sto male dentro l'anima, ho male nel cuore, ho male nella testa, ma fuori sono una regina.
Grassa, con due tette degne di una madre di ventisei figli: meglio di così? Con un culo che non lascia intravedere né bisogno di aiuto né fame di amore.

E dentro sto morendo. Dentro ho una voragine che non mi lascia spazio.
Non voglio essere di questo mondo. Gli esseri umani sono ottusi, ciechi, miseri: si accontentano di giudicare gli altri da mattina a sera, dicono frasi banali, corrono sempre, non ascoltano...

Sogno un mondo in cui sono magra e poi mi rotolo nel cibo e nella mia ciccia, perché la mia vita è vuota. Se qualcosa fosse diverso... se io riuscissi a cambiare...

Ormai vivo di se. Ho costruito intorno a me una barriera in cui nessuno può entrare anche se sembra che tutti siano dentro; ho costruito un modo di pensare tutto mio, nessuno mi capisce.
E mi sento una tredicenne incazzata con il mondo mentre ho diciotto anni e la mia vita è appena cominciata.
Ho già voglia di arrendermi mentre ascolto canzoni tristi e questo sottofondo suona Kiss me e io penso che ho tanto bisogno di tanto amore ma poi lo rifiuto. Perché sento quell'amore un po' freddo, un po' frettoloso e nella fretta non riesco ad afferrarne nemmeno un briciolo.
Mi ripeto da anni che non voglio l'amore di mia mamma, che non riesco ad amarla perché lei mi ha portata fino a qui, perché lei mi ha trascinata nel dca che mi aspettava a braccia aperte, perché lei mi ha scaraventata davanti alla scrivania di una dottoressa e perché lei mi preparava i cibi della dieta ingrassante che mi ha fatto prendere i miei primi cinque chili di infelicità.
Mentre questo mi logora e mi consuma dentro perché io vorrei amarla, lo vorrei con tutta me stessa ma vorrei che fosse morta da quando apro gli occhi la mattina a quando li chiudo la sera e la notte ci diamo una tregua, perché nella notte io non penso.
Non sono costretta a pensare. E non posso farci niente, è inutile tentare di abbracciarla e provare a perdonarla, a capirla perché dentro al mio cuore una voce mi sussurra che la odio, vorrei tanto che morisse perché la mia vita sarebbe diversa, perché io potrei amarla, perché si ama sempre ciò che si perde.
Eppure lei è qui.
E le sue attenzioni si consumano in una fasciatura della gamba, cinque minuti. Al telefono quando le dico che potrei avere il menisco rotto, la sua preoccupazione istantanea che lascia il tempo che trova, un misero secondo di premura che mi riempie di una speranza immensa, lasciandomi delusa, vuota, quando lei poi ha troppi impegni per prenotarmi la risonanza magnetica.
Ieri sembrava importante quella risonanza, mamma, eppure oggi non ti importa più. Questa mattina può aspettare, tu hai tanto da fare... e il mio ginocchio non è poi così tumefatto, in fondo è solo qualche livido e un po' di liquido che lo gonfia, ma ieri sembrava importante, mamma.

Cosa devo fare per essere importante?

Vorrei che tu mi lasciassi. Non voglio più le tue briciole di attenzioni. Tu non mi vedi. Tu non vuoi vedermi. Tu sai che sono malata. Lo sai da sempre. Sai che vomito. Sai che quando sono triste e disperata vomito tutto. Sai che mi abbuffo. Mi vedi con il mal di pancia. Vedi quando il mondo mi crolla addosso che ingoio la prima cosa che mi capita davanti.
Tu sai che digiuno. Tu mi vedi piangere, in silenzio. Tu mi hai vista con le ossa che iniziavano a sporgere ed io che diventavo sempre più magra, ogni giorno ero più magra, mi vedevi fare ginnastica ventisei ore al giorno e non dicevi niente.
Tu hai visto il mio ciclo andare via per due anni e quando ti hanno detto che ero malata tu hai risposto che la dottoressa era una scema, che ero solo molto stressata dalla morte di nonna e dalla sua malattia.

Tu glielo hai detto. Era una scusa che avrei dovuto trovare io. Invece tu glielo hai detto. Tu hai mentito e non hai mai lasciato parlare me davanti ai dottori, perché non volevi ascoltarmi. Non volevi sapere. Non volevi vedere.
Quando in bagno siamo vicine ed io mi spoglio tu vedi il mio seno enorme, mi vedi spostare lo sguardo da un'altra parte per non incontrarmi nello specchio, e te ne vai. Esci dal bagno senza guardarmi come per dirmi veditela tu.
Me la vedo io mamma, ho sempre fatto così. Non ho mai elemosinato le tue attenzioni perché non le voglio, non voglio che tu mi chieda cosa c'è.
Perché lo sai, cosa c'è. E non voglio che tu mi dica "Non vomitare, se ti vedo ti prendi schiaffi. Anche io vomitavo una volta, ho avuto un collasso e non l'ho più fatto"
Non paragonarmi a te. Io non sono te. "Come sei tenera, anche io scrivevo tanto, chiedi a nonna quanti diari miei ci sono in soffitta, a casa sua, lei li ha letti tutti!"

Io non sono uguale a te. Non voglio. Non ti ho mai detto niente perché tu mi avresti paragonata a te, avresti pensato eccola, è come me, che emozione.
Sono un essere umano, mamma, e sono io. Non sono te.

Io vorrei che tu domani ti svegliassi, mi prendessi per un braccio e mi obbligassi ad andare da uno psicologo e un dietologo, a guarire, a parlare.
Vorrei che tu non mi facessi più vivere così. Sono sempre stata piccola e mi hai lasciata sola, obbligandomi a mangiare quando ero troppo magra e togliendomi il cibo dal piatto quando mi ingrossavo. Questo fai tu.

Oggi niente risonanza magnetica, si può rimandare. Sei seduta accanto a me e ti sfogli documenti, lavori, parli con te stessa, ti muovi per casa, mi ignori. Ed è meglio così. Perché mi tratteresti come una bambina piccola, perché cercheresti un motivo.
Non ci sono motivi per cui sono così, ma io vorrei mi accettassi e mi aiutassi.

Lasciami in pace. In fondo andare in spiaggia non è indispensabile, non fa niente.
Sono stanca di vivere. Ma posso ancora dimagrire. Ho ancora tempo, ho tempo.
Se tu fossi morta sarebbe tutto più facile.
Ma io ho ancora tempo...

5 commenti:

  1. Non devi affatto imparare a vivere così... perchè puoi avere molto di meglio. E dunque, perchè mai dovresti accontentarti di una mente piena di vuote ossessioni, quando hai la fattiva possibilità di stare meglio? Non devi imparare a vivere così, devi imparare a reagire al modo in cui ti senti.
    Puoi essere diversa, ne hai tutte le possibilità... semplicemente, stai sbagliando modalità. Puoi avere un corpo qualsiasi, ma se non lavori su te stessa, sulla tua psiche, sulla tua psicologia, nessun corpo poi ti andrà mai bene... perchè è con te stessa, con la te stessa interiore che stai male. Essere diversa non consta meramente nel manipolare il corpo... è un qualcosa che va dall'interno verso l'esterno, non il viceversa...
    Non devi essere importante per gli altri - agli altri non fregherà comunque - devi essere importante per te stessa... perchè alla fine della giornata, ci sei sempre e solo tu.
    Puoi morire mille volte, ma mai niente di tutto questo colmerà il vuoto, a meno che tu non ti decidi a cercare cose che nella vita di piacciono, e con cui poterlo riempire.
    Altrimenti potrà passare una vita, sarà sempre "niente"... perchè è questo che dà il DCA: il niente.

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  2. Perché dovrebbe essere tua madre a portarti da uno psicologo?da un dietologo? Sei adulta e vaccinata e
    queste cose le devi fare esclusivamente tu. Vuoi ancora essere trattata come una bambina e dici di non volere le attenzioni di tua madre? Certo che le vuoi. Eccome. Ma non e
    è accusando gli altri delle loro mancanze e quindi giustificando te stessa delle tue che otterrai
    qualcosa dalla vita. Passare il tempo ad odiare gli altri per quello che ti hanno presumibilmente fatto senza assumerti le tue responsabilità, senza AGIRE nel mondo reale..,è tutto tempo che finisce per via direttissima nel cesso. E te lo dico con certezza perché anche io, come te, ci sono passata.
    La rabbia può diventare una malattia ed è la maschera di un dolore più grande.

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    1. Guarda, sono d'accordo con te.. C'è solo un piccolo problema, ovvero che non sono affatto adulta e vaccinata perché, purtroppo, sono mantenuta dai miei genitori. Cosa dovrei fare, dire "mamma, papà, pagatemi uno psicologo perché sto male per gestire i miei problemi da sola" Sai cosa mi risponderebbero? Te lo lascio immaginare, visto che i soldi non li caghiamo, e mia madre ha sempre riso in faccia ai genitori che portavano i figli dallo psicologo. Tu non sai come è mia madre. Cosa dovrei fare?

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    2. Dio mio vivi a Torino, ci sarà un centro per disturbi alimentari, una OnLUS, un posto dove puoi pagare poco senza nemmeno far presente ai tuoi genitori che ci vai. Cerca qualcosa, di certo se te ne stai con le mani in mano non troverai nulla. Provaci almeno e POI potrai lamentarti. Sono certa che in una città come Torino troverai qualcosa. Anche mio padre non crede alla psicologia eppure a suo tempo mi ha pagato le sedute.

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  3. Io credo che tu possa andare da uno psicologo anche senza che sia tua madre ad importelo. Anzi, così è molto più efficace, se l'iniziativa parte da te. La prima volta che sono stata in analisi avevo quindici anni e un sacco di problemi d'ansia, ma mi ci aveva mandata mia madre su suggerimento di mia cugina e non funzionò. O meglio, mi piaceva parlare con quell'uomo così pacato, comprensivo, rilassante, ma non mi impegnavo a fondo, anzi, mi piaceva compiacerlo e non rispondevo mai con sincerità alle sue domande, non perché volessi mentire, ma perché sentivo di non volerlo deludere. Ero sciocca, allora, ma la seconda volta che sono stata in cura l'ho deciso di mia spontanea volontà e avevo la tua età, finivo il quarto anno di liceo e non riuscivo più a gestire i miei pensieri. Erano troppi, mi soffocavano ed ero troppo magra e non volevo più essere ossessionata dal cibo. Parlare con un'estranea che di professione ti ascolta è davvero utile quando si ha la sensazione che tutto il mondo ci volti le spalle, che tutti facciano finta di non vedere e non capire perché sono troppo impegnati o semplicemente troppo egoisti, superficiali o distratti per accorgersi della nostra sofferenza.
    Tu sei così giovane e puoi imparare a vivere con il tuo corpo, con quello che hai ora e con quello che avrai quando riuscirai a perdere i kg che ti sembrano in eccesso (io mi sono convinta ad andare da un dietologo a settembre, magari trova la formula del successo!). Quando ci sentiamo male con il nostro corpo, comunque, non c'è peso che tenga. L'estate dei miei diciannove anni avevo ripreso qualche kg dal periodo più buio ma comunque non arrivavo a cinquanta, ero magrissima ma mi vedevo orribile e in spiaggia indossavo sempre kaftani lunghi fino alle ginocchia,'spesso a maniche lunghe, anche perché avevo sempre freddo. Ma mi sono goduta pochissimo quelle giornate al mare. Non fare il mio stesso errore, sono sicura che guarderanno le tue tette di più se andrai in spiaggia con la maglietta (perché probabilmente sarai l'unica) che se ci andassi con il costume!
    Un bacio!

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