sabato 28 giugno 2014

Cara nonna,

sono due anni che tu non ci sei più.
Ho trovato il tempo, il bisogno e la voglia di scriverti, anche se le parole si attorcigliano attorno alle dita e quasi non riesco a muoverle.
Ti scrivo a fatica, ho il respiro incostante, spezzato dalla tristezza che lascia poco spazio a tutte le cose che vorrei riuscire a dirti ma che ho paura di ridurre a brandelli; i pensieri sembrano talmente grandi e importanti che non vorremmo mai esprimerli per non accorgerci di quanto, in verità, siano semplici e piccoli.

Nonna, oggi è uno di quei giorni in cui non vorrei ci fosse il sole perché non mi sento addosso e dentro nemmeno un raggio di luce. Sento un pesante macigno riempirmi il cuore e spingerlo in basso, sotto i piedi, dove è buio. Ho cercato di perdonarmi per ogni volta che ho desiderato che tu fossi morta, che io fossi morta, ma non ci sono riuscita, mai: la tua discesa è tutta dentro la mia testa, la custodisco gelosamente per me, non lascio a nessuno la possibilità di attraversare i miei ricordi e rubare il tuo.
Il dolore è chiuso in un piccolo angolo di quella parte di me che non desidero più esplorare.

A volte vorrei non aver vissuto niente; altre sento ancora l'odore dell'ospedale e vedo il tuo corpicino in quei tubi, tutti i lividi che ti facevi cadendo perché non capivi niente, non vedevi niente, non sentivi niente; eri in un mondo in cui io ho sempre desiderato entrare: sbagliavi in continuazione e gli altri si arrabbiavano, e mi arrabbiavo anche io; ma tu non percepivi che tante voci sottili che appena ti sfioravano, e non avevi bisogno di fare come fa il resto del mondo, che può solo ignorare o lasciarsi ferire in silenzio, finché i giudizi non lo logorano al punto di farlo impazzire.
Tu non sentivi davvero.
E forse mi arrabbiavo e ti volevo morta perché in fondo ti invidiavo; e forse mi odio perché non avrei dovuto farlo.

Sono due anni che tu non ci sei più, ed io chissà cosa avrei desiderato, per questi due anni... ho visto tanti sogni rompersi, ho visto il mio corpo massacrato da chi mi voleva normale e mi ha trasformata in qualcosa che io, adesso, non conosco più.
Ho smesso di nascondermi eccessivamente ed ho imparato perfettamente ad essere tutto ciò che gli altri si aspettano che io sia, a dire tutto ciò che gli altri desiderano che io dica e a fare tutto ciò che bisogna fare per piacere alle persone.
Sono falsa da fare schifo, ma è la cosa che meno mi fa schifo di me: in tutto quello che dico raramente c'è un fondo di verità; racconto tante cose intelligenti perché le persone amano le cose intelligenti, amano le parole, amano le frasi profonde; ma alla metà di ciò che dico non credo nemmeno io.

Mi sono chiesta chi sono, nonna, ed ho scoperto che non mi interessa: non mi interessa andare bene, non mi interessa essere sincera, non mi interessa essere profonda. A me interessa trovare il modo più efficace per essere magra, per distruggermi.
Sono così misera...

Sai qual è la cosa più bella? Osservare le persone mentre pensano, mentre si costruiscono di me l'immagine che io ho scelto di presentare loro; è magnifico quanto mi credano bella e sofferente, bella e malinconica, profonda e con chissà quali grandi drammi alle spalle.
E' solo pensiero, nonna, sono solo manovre stupide per apparire diversa in più modi possibili, possibilmente tanti.
E' solo un modo per trascorrere il tempo.
Perché quando infine sono sola con me, nella mia testa, immersa tra immagini che vorrei cancellare ed emozioni che vorrei frantumare per viverle con meno intensità io mi accorgo che sono solo un mucchio di parole confuse, opinioni contrastanti, insicurezze mascherate dalla consapevolezza del niente; è solo vuoto, nonna. Solo vuoto.
E' tutto un inganno.

La cosa più vera che vorrei fare sarebbe questa: urlare che è tutto un inganno. TUTTO.

Nonna, sono cinica e cattiva; cerco di non comportarmi da tale, apparendo gentile e disponibile.
Ma sai, è un trucchetto molto diffuso: fare bene per convincersi di essere migliori di ciò che si è.
Sono cattiva perché detesto le parole banali degli altri, odio chi riesce a sorprendersi, odio tutti i riti stupidi e le convenzioni che si rispettano per inerzia. Ho cercato di ribellarmi a tutto questo abbuffandomi e vomitando, ma sai, nonna, ho imparato in questi due anni che contro il tempo e contro se stessi è una lotta senza senso. Così ho smesso.
Non trovo soluzioni così ho deciso che dimagrire risolverà tutto: non so tutto cosa, ma so che finirà.
Provo un'immensità di dolore per tante cose che non vorrei dover affrontare, ma provare dolore è una perdita di tempo e di amici, perché nessuno sopporta il dolore.
Ho sentito tante opinioni e me le sono messe in tasca, ma le parole degli altri mi toccano poco perché sono una bravissima egoista.

Mi è capitato, in questi due anni, di salire sull'altalena da cui non riesco più a scendere: qui si vive di giorni in cui tutto sembra bello e altri in cui tutto crolla addosso, ferisce, logora, consuma. Un'altalena di sentimenti contrastanti di cui ormai mi nutro, e penso di essere diventata io. Ho una testa che è un delirio: non si respira tra le cazzate che credo e la merda che ingoio, il mio corpo è un puttanaio.

Ho sentito parlare di Dio e non ho avuto spazio di pensare: mi è capitato di sentirmi consigliare un abbandono totale all'amore dell'Onnipotente ed io non credo di volerlo rifiutare: ma tutto questo ha un prezzo. Mi hanno detto che Gesù è nato nella merda e che dove c'è merda, dove c'è marcio, nella parte più marcia di ognuno di noi, lì c'è Gesù.
Io non credo che Gesù desiderasse essere magro, io non penso che digiunasse, vomitasse, si abbuffasse.
Non sono disposta a divinizzarmi perché sono nella merda e non c'è nessun Gesù in tutto quello che faccio.
Non vedo speranza, oggi; tu lo sai se quel Dio c'è, e allora puoi spiegarmi anche perché non è semplice?
Discorsi infiniti su Dio, ma Dio cosa ha detto? Cosa pensa Dio? Sono uomini, nonna, sono tanti uomini... Perché questo Dio non parla a me? Ho provato a supplicarlo di lasciare che Riccardo vivesse con quel suo tumore nelle ossa ed io non so se lui abbia deciso di ascoltarmi: non sono una di quei bambini che non credono in Dio perché c'è il male, ma non intendo nemmeno cercare di capire per quale motivo Riccardo deve vivere questo.
Solo ho supplicato e mi è successo tante volte, tante di sentire voci in disaccordo con questo Dio urlarmi di lasciare perdere il sovrannaturale. Persone che non credono e insegnano a non credere. Così come accade il contrario.

Hanno tutti la verità in mano, nonna, ma nessuno sa come usarla se non per pulire la pozza di merda intorno a sé e iniziare a credere che tutto sia pulito. Piccoli passi, piccoli sforzi, ho sentito anche questo: tutti dimenticano la vita, anche io.
Non ho capito quali e quanti sono i modi di vivere, e non mi spiego perché il cervello sia così pieno di roba, di autoconvinzioni, di Santi, di morti, di schifo, di bellezza... Ma non sono certo intenzionata a scoprire chissà quale verità.
E' solo un passatempo, nonna.
Niente da biasimare, nulla da credere, nulla su cui riflettere.

Io non so se tu hai il tempo di leggere, ma nel mio cassetto, quando vuoi, c'è una cartellina piena zeppa di lettere per te in cui non c'è scritto niente se non sillabe accostate e brandelli di vita.
Non so niente ma parlo perché ho visto che fanno tutti così. Penso troppo perché non so cos'altro fare: non so come si vive, non so come non ci si annoia, non so come si ama. Dimagrire risolverà tutto.
E' solo grasso. Sono solo chilogrammi... E' solo aria.
Sono insoddisfatta come chi ha tutto e vorrei non avere niente: odio che si interessa, ed ho imparato a non sentirmi in colpa quando tratto male le persone che mi amano perché il senso di colpa è una grandissima tentazione a cui io non voglio più cedere.

Anche le lacrime sono una perdita di tempo. Ma quanto sono belle, tu non credi? Buon viaggio

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