martedì 22 aprile 2014

post lungo e noioso, per chi è in vena!

Ci credo, questa volta ci credo.
Ieri sera non ho cenato perché verso le sette uno zio ci ha portati tutti a prendere un gelato, cosi l'ho mangiato per essere normale, l'ho preso alla frutta, nella coppetta, e poi non ho cenato.
Non voglio togliermi niente, ma diminuire le porzioni. Voglio dimagrire senza pensarci, senza abbuffarmi. Questa mattina ho tagliato una minuscola strisciolina di pastiera che ha preparato mia nonna come da tradizione, ho fatto un te non zuccherato, e ho gustato, lentamente, vicino al camino spento, la mia colazione.
Ieri a pranzo è successa una cosa bellissima, che non succedeva da tempo: il mio stomaco ha parlato (rileggendo è piuttosto ambigua come affermazione XD). Stavo mangiando un piattino di fave e ad un certo punto ero piena. Alla fine del piatto, ero piena! Ho mangiato molto lentamente e il mio pranzo è finito li, con le fave e i carciofi, quei pochi che mi sono stati messi nel piatto.
Non ho tagliato dieci quintali di formaggio, non mi sono ingozzata di dolce, non ho mangiato la frutta. Perché ero piena.
È molto presto, visto che sono soltanto due giorni che mangio cosi poco, ma sono motivata: voglio ascoltarmi.
Mangiare piano quello che mangiano gli altri, e non cadere.
È tutto nelle mie mani. Abbuffarmi o non farlo dipende solo da me.
Voglio rinascere, voglio imparare ad ascoltarmi, perché prima del mio dca pesavo nove chili in meno. Perché sapevo mangiare, ma non sapevo guardarmi.
Voglio dimagrire piano, e poi verrà da se. Voglio sparire a poco a poco: niente di drastico. Certo che restringere cosi mi fa sentire meravigliosamente forte, so che posso farcela, voglio crederci, voglio credere in me stessa, ma non voglio distruggere il mio metabolismo e la mia vita. Dimagrire deve migliorarla, non consumare tutto ciò che ne resta!
Non servirà più nessun apprezzamento sul mio corpo quando sarò invisibile: nessuno di quelli che tanto temo. Voglio insegnare al mio corpo che non è necessario mangiare alla velocità della luce, divorare le cose, non sentirne il sapore. Voglio insegnargli il rispetto.
Nella foga, nella rabbia ho detto delle cose che ora so essere senza senso, ma voglio sparire ancora, non ho cambiato idea. In questi momenti di lucidità rivaluto il MODO in cui voglio sparire.
So che voglio sparire con calma, senza promettere al mio corpo un digiuno prolungato, in quanto la mia testa mi sente e lo dice allo stomaco, che si apre e crea una voragine che mi rende affamata e insaziabile.
Ho notato che quando sto lontana da casa non mi abbuffo quasi mai.
D'estate, per esempio, qui al mare, sono profondamente triste senza amici, senza il mio ragazzo, e non mi abbuffo. Non c'è nessun piano che non va rispettato, come a casa mia; non ho routine da spezzare per sentirmi una fallita; non ho orari che se non vengono rispettati mi rendono irritata, e mi spingono a mangiare spaventosamente.
Ho la tranquillità di un ambiente diverso, che non è casa mia, non è la mia Torino bellissima e frenetica; poi siamo tanti con i miei cugini, mio zio, i mille parenti (mia nonna ha dieci fratelli!), per cui non vengo controllata ossessivamente come a casa, non mi sento oppressa: d'estate mangio poco, sano, e non me ne curo molto. Certo, le ossessioni rimangono, ma non mi abbuffo mai.
Ogni volta che torno in questo posto, da sola, senza amici, senza compagne magrissime da odiare, posso pensare solo a me stessa, per quanto io ami il mio ragazzo e la mia città.
Qui mi annoio molto di più (in un paesino campano non è che si possa fare un granché), eppure non mi abbuffo.
È talmente paradossale! Molto spesso a casa, nei rari momenti in cui mi annoio, mi abbuffo; sono stressata, mi abbuffo; litigo con il mio ragazzo, mi abbuffo; non ho particolari motivi, mi abbuffo.
Qui, invece, non mi abbuffo mai. A casa mia il frigo è sempre vuoto, mia madre non ha mai comprato schifezze, non c'è nulla con cui abbuffarsi eppure mi abbuffo: o esco a comprare le cose, o mi imbottisco di pane e olio, pane e miele, che sono le uniche cose che abbiamo in casa; mia nonna, al contrario, è sempre piena di roba da mangiare: biscotti, crackers, dolci, pastiere, strudel fatti da lei che lascia in giro, eppure non sono mai tentata di strafogarmi! Incredibile... Qui non ho niente da fare: mi siedo vicino al camino e leggo,oppure ascolto semplicemente musica ore ed ore, oppure, come ieri, si cammina sulla spiaggia primaverile, nella sabbia umida e con il vento profumato.
Oppure si sta tutti sul divano a guardare un film, si spettegola dei compaesani, insomma niente di che, ma non mi abbuffo. Sono tranquilla qui.
Quello che temo è il ritorno a casa. Non so perché, ma a casa mi prende quella voglia di abbuffarmi che fa paura, perché a casa mia non so annoiarmi, come invece riesco qui. Se lì mi annoio, è finita.
Non so chi leggerà questo post, ma avevo bisogno di scriverlo. Il pranzo di oggi non mi preoccupa, ci penso poco perché so che saprò contenermi tra le chiacchiere di mia zia e la paura di quelle di mia nonna: penso a quello che mi ha detto l'altro ieri, e non mi permetto nemmeno di fare il bis di insalata!:)
Mi piace la campagna, mi piace il mare. Mi piace la mia città. Ma qui ho una voglia infinita di stare in pace, in vacanza dal cibo. Mi lascio scivolare addosso quel commento e vado avanti, a testa alta, perché ho un obiettivo che niente e nessuno possono impedirmi di raggiungere, e sono io. Io sono il mio obiettivo.
La mia serenità, la mia pace, senza imbottire il mio corpo di cibo per fargli provare emozioni: questi sono i miei obiettivi. E vengono prima della magrezza spaventosa a cui aspiro (che poi, viene dopo, se non perdo quell'aspirazione prima). Qui imparo a vivere la noia, non le sfuggo, non la sostituisco con l'estrema sensazione post-abbuffata di pienezza e odio, rabbia, delirio, tristezza.
La vivo. Dovrei imparare a vivere.
Dovrei imparare a vivere gli imprevisti, perché abbuffarmi non è un modo per affrontarli; dovrei imparare a vivere la rabbia, perché abbuffandomi non la vinco, la rendo solo addossabile a me, e non all'esterno: me ne incolpo. Mi dico "Sono arrabbiata? Che almeno lo sia per colpa mia!" e mi abbuffo, e mi arrabbio.
Dovrei imparare anche a vivere l'invidia, la noia, quelle emozioni che percepiscono gli altri.
Ho appena finito di leggere un libro di Kundera, si intitola "L'ignoranza". Ve lo consiglio anche se Kundera non è proprio uno scrittore da spiaggia: i suoi libri sono tragici e non hanno un inizio, né una fine, ma sono viaggi. Almeno, io li vivo cosi. Quando leggo libri mi dimentico di me stessa e non voglio costruire frasi fatte, perché molto spesso la gente parla della lettura talmente astrattamente che rende tutto fittizio, senza valore; concretamente, leggere è l'unico modo che ho per conoscere i sentimenti e la vita delle persone che non hanno un dca.
Perché quante volte vi è capitato di chiedervi "Ma gli altri cosa fanno, se non pensano al cibo 24 ore su 24??"? Io me lo chiedo sempre! E leggendo me ne accorgo: c'è una vita là fuori, in cui le emozioni si vivono, in cui si mangia per nutrirsi ma la vita è un'altra, non è il cibo!
È un motivo strano per leggere, forse futile, ma per me è il principale; ovviamente poi leggo per lo stesso motivo per cui lo fanno tutti: cultura, per imparare a scrivere, per imparare la pazienza di ascoltare un altro che ha delle cose da dire e vuole comunicarle con un libro, e poi leggo saggi filosofici o libri riflessivi di Wilde (come il De Profundis che nel mio blog è molto citato!) per me stessa., per viaggiare con la mente.
Ma quando leggo vite, storie, è principalmente per riuscire a costruire una vita senza il mio dca, come fanno tutti, tutto quel restante 99% della popolazione mondiale. Per sapere come è splendido vivere le proprie emozioni senza soffocarle nel cibo, o nel digiuno, o nel vomito, o nell'esercizio fisico estremo: in un disturbo alimentare.
Voglio dimagrire, ma voglio vivere la mia magrezza senza esserne ossessionata (ringrazio anche Viellina per il commento sul post precedente, che mi ha aperto un po' gli occhi, ma che purtroppo posso rivalutare solo in seguito alle mie crisi e alla sensazione di sconforto in cui o mi sfonderei di cibo, o mi lascerei morire di fame).
Non so se posso abbandonare il mio ideale anoressico, ma posso provare a vivere. A non dare necessariamente un nome a quello che vivo. A vivere e basta. A soffrire, a piangere, a non ripiegare tutto ciò che non voglio sentire sul cibo, sul corpo. Il corpo mi serve a vivere: non devo vivere per il mio corpo.
Sento che per vivere devo dimagrire, perchéuna settima di seno e una taglia 44 non mi rendono serena; ma non voglio vivere per dimagrire.
Ed è molto diverso.
Vi abbraccio, e abbraccio chi avrà avuto la pazienza di leggere tutta questa noiosa successione di parole. Parole, parole....
Sybil.

4 commenti:



  1. Ho le lacrime agli occhi :')

    "Io sono il mio obiettivo".

    Sono davvero fiera di te, questo è lo spirito giusto!
    Sei forte ed io credo in te.
    Rileggiti questo post nei momenti "no" :)

    Forza piccola, dai che ce la fai!

    RispondiElimina
  2. Grazie, lo spero e me lo sento! Ma ho davvero paura di quando venerdi sera dovrò tornare a casa.. Ho paura che non essendo dimagrita (una settimana è pochissimo) io mi scoraggi e ricominci a mangiare compulsivamente :(

    RispondiElimina
  3. Credo che già il fatto che tu VOGLIA vivere, sia una grande conquista e una pietra angolare su cui costruire tutto il tuo percorso futuro.
    Io punto molto sui piccoli passi fatti un poco alla volta, e se qualcosa ti si è innescato (anche il mangiare regolare, a porzioni piccole e senza abbuffarsi) allora non potrà fermarsi e non si potrà tornare indietro. Quando ti volterai, in qualsiasi condizione ti troverai in quel momento sarai consapevole che quelle cose, in passato, sono accadute e che tu sei in grado di ripeterle e di migliorarti, se ci metti grinta!
    Anche io adoro, anzi adoravo leggere. Purtroppo ultimamente mi da noia tutto, ascoltare musica, leggere, guardare la tv...
    Non ha più un senso niente, ma sarebbe ora di muovere il c*** e darsi da fare ricominciando poco per volta a vivere, proprio come stai facendo tu!
    Magari comincerò proprio leggendo "L'Ignoranza", così poi ci scambiamo le opinioni!
    Buonanotte :)

    RispondiElimina
  4. Buongiorno! Che bella idea: è un libro non lungo, non eccessivamente impegnativo, ma ha come tema centrale la nostalgia... Sono un po' strani i libri di Kundera :) grazie per i tuoi consigli, spero davvero di non commettere gli stessi errori perché non ho mai piu intenzione di farmi dire "cicciotta" o "pienotta" e non poter urlare che se sono così è per colpa del mio stupido binge! Spero che anche tu troverai questa forza IMMENSA, per sentirci meno sole nel lungo cammino che ci aspetta dentro noi stesse. Impariamo a lasciare il mondo fuori quando veramente serve, non solo quando ci abbuffiamo! Ti abbraccio!

    RispondiElimina