giovedì 17 aprile 2014

Me lo sono chiesta tante volte,

il perché. Non è che poi, alla fine, mi aspettassi una risposta.
Né da me stessa, né tanto meno dal mondo. In realtà mi aspettavo di rispettarmi.
Fin da piccola, ho sempre saputo che si cerca il bene per sé, non il male; e allora perché, adesso, mi sto distruggendo?
Mangio.
Perché mangio?
Perché nient'altro mi fa provare emozioni altrettanto forti.
Perché per tanti anni io non ho mai potuto, e gli altri sì: io non prendevo il gelato, gli altri sì; io contavo la pasta dentro al mio piatto, gli altri facevano il bis senza preoccuparsi; mia mamma, quando ero piccola, non mi ha mai fatto aprire un pacchetto di patatine, mangiare più di una caramella, sgarrare, fare qualcosa senza pensieri.
Mi segue, mi segue con la macchina. Chiama i miei amici per sapere se sono davvero ai compleanni. E quando la tratto male mi fa sentire male, ma davvero male. Perché lei è magra, lei è fragile, lei piange, ed io non le posso urlare in faccia che vorrei che fosse diversa.
Che non voglio diventare come lei.
Che odio come mi ha cresciuta, che odio le sue frasi fatte, che odio le parole insensate che si mette in bocca, i suoi inseguimenti, le sue battute ridicole.
ODIO ODIARLA.
Le farei troppo male. Così, faccio male a me stessa. Che sono tanto forte da sopportare il peso delle mie insoddisfazioni.
Mi sento una merda. So che lei ha sempre controllato tutto quello che mangiavo: anche quando non mangiavo. Mai più di una caramella, mai più di un cioccolatino; quando ho deciso di dimagrire, invece, era lei ad obbligarmi.
Non che avesse capito che soffrivo di qualcosa: lei banalizza tutto. Avrò detto sì e no tre volte in tutti i cinque anni di voler dimagrire, a tredici anni; poi, non ho parlato più. Sono dimagrita e basta.
Ed ora mangio, per ripicca.
Non voleva darmi le caramelle? Bene, io me ne ingurgito pacchi e pacchi, senza respirare. Vuole dirmi dove andare, cosa fare, con chi stare, vuole seguirmi, vuole assillarmi, vuole soffocarmi?
Bene: io le faccio trovare panelle finite, barattoli vuoti di miele, su questo non può controllarmi, non può fermarmi! Le spezzo tutti i riti sacri che si ostina ad imporre a tutti: vuole il bacio della buonanotte perché se nella notte qualcuno muore, è morto dando il bacino della buonanotte? Bene, allora io elimino il rito della tavola, creandone uno tutto mio: il rito dello strafogamento. Quello che lei impedisce apparecchiando la tavola, vietando fin da piccola i fuori-pasto, guardando nei piatti di tutti e togliendo il pane quando vede che se ne prende più di una fetta.
Io mi strafogo.
Senza ritegno: senza le sue regole di merda, senza i giudizi degli altri per i quali ogni cosa che faccio deve essere perfetta... bene, io rovino tutto.
Senza pietà. Quella pietà che mi impone la mia testa quando mi impedisce di dirle tutto quello che sono, che vivo, che subisco, che mi creo: vorrei andare da uno psicologo, mamma.

Cara mamma, ti ho già scritto una lettera. è in un cassetto, in camera mia, e forse resterà lì per sempre, se non deciderò di bruciarla. Mamma, sono malata. Hai una figlia malata. Non c'è nessuna famiglia perfetta, e non c'è nessun bisogno che mi segui perché l'unico modo in cui ti inganno è facendo questo: ingozzandomi, e facendo la fame, o la dieta. Ma tu non vuoi vederlo.
Perché non vuoi vederlo? Quando eravamo davanti alla dottoressa e lei ha detto che probabilmente il ciclo non tornava perché non avevo massa grassa, ero troppo attenta a quello che mangiavo, ero ossessionata, che mi avrebbe fatta pesare al contrario, se avessi voluto, perché mamma tu non hai capito?
Perché mamma non hai mai voluto capire? Perché per te non è importante? Perché credi che vada tutto bene, perché non mi fai andare da uno psicologo, perché prendi in giro le mie amiche che ci vanno dicendo che hanno soldi da buttare? Perché, mamma, non leggi il mio disagio? Perché non capisci quando mi guardo allo specchio, quando non voglio più mettere reggiseni, quando non voglio che mi compri magliette, perché tu non capisci?

Voglio essere sola, sola con me stessa. Vorrei stare bene. Vorrei sperare che domani smetto, e smettere davvero. Invece penso alla mia vita: tutto mi annoia. Dalla mattina alla sera sono costretta a fare tutto quello che non mi va di fare, devo lasciare che gli altri decidano per me, devo lasciarmi giudicare, devo sentirmi dire "come sei ingrassata!".

Ci ho provato. Ho provato a tirare fuori le palle e togliere dai cassetti tutti i pantaloni di quando pesavo quaranta chili, a dimenticare il mio culo minuscolo, il mio peso minimo, i commenti su quanto fossi magra, il mio non vedermi mai magra abbastanza. Ma ho perso il controllo. Ho perso me stessa, ed ora è tardi. Ho messo su così tanti chili, ho perso il conto, non ho una bilancia, e vorrei che fosse domani, perché oggi mi sono abbuffata di nuovo.

Vorrei che fosse domani, e vorrei non essermi abbuffata. Non vorrei mai averlo fatto, ed invece lo faccio sempre.

Credo che mi ucciderò, prima o poi. Credo che se non perdo questi quindici chili io mi ucciderò. Se solo non fossi una vigliacca, se solo non sopportassi il dolore fisico, mi ucciderei anche adesso: ma sono una codarda. Del resto chi, se non una codarda, per reagire alla sua vita di apatia si abbufferebbe fino a stare male, anziché affrontare, affrontarsi? Vorrei che fosse già domani. Vorrei già essere magra. Vorrei non essermi abbuffata: ma oramai è fatta, e non so cosa dire.

Guardo il tempo fuori, il cielo è chiaro, il sole sta scomparendo, e tra poco sarà notte. Potrò ricominciare, e sentirmi come quando non ho da odiare il fatto di essermi abbuffata.
Lo faccio perché niente mi arriva, niente mi entusiasma, non sento niente: non sento l'amore del mio ragazzo, nemmeno quello fisico (come biasimarlo, un corpo come il mio io nemmeno lo guarderei, figuriamoci toccarlo); mi fa male, certo, ma lo capisco. Allora mangio fino a stare così male da volermi uccidere sedutastante.

Invece vivrò: vivrò perché domani mattina mi sveglierò e saprò che dovrò lottare per dimenticare ieri e non continuare ad abbuffarmi.

Sono così triste. Così arrabbiata! Così delusa da una me stessa che non cambia mai! Ed io ci provo, io provo ad uscire, provo a lottare, provo a smettere, ma è questa la collaborazione che ricevo da me stessa!

Esiste un Dio anche per me? E se c'è, dov'è? Sto male, per me stessa e per gli altri. Sentire i miei litigare, il mio ragazzo indifferente a me, e stare ad ingozzarmi cercando di razionalizzare il male che mi sto facendo: perché mandare tutto all'aria, così?
Allora per me non esiste un giorno di pace, un giorno in cui potrò smetterla di pensare solo e sempre a me stessa, e cominciare a pensare un po' a ME. Perché lo merito: merito un bacio tutti i giorni della mia vita.


Voglio amarmi! Ho un disperato bisogno del mio amore, per poter smettere di aspettarmelo dagli altri!.Voglio guardarmi allo specchio e dirmi: eccoti, Sybil, vai bene così! Sei bella, bella, e non hai nessun bisogno di abbuffarti, di scrivere tutto quello che mangi, di contare calorie, di ammazzarti in bicicletta, e poi abbuffarti di nuovo.
Voglio abbracciarmi! Voglio stringermi forte e darmi quella forza, quell'aiuto, quel sostegno che nessuno potrebbe mai darmi.

Voglio parlarmi! Voglio ascoltarmi ogni ora del giorno, voglio assorbire i miei sfoghi prepotenti e impetuosi, irrequieti, violenti.
Voglio spaventarmi! Voglio sorprendermi, lasciarmi andare, meravigliarmi.
Voglio scoprirmi! Voglio vedere fino a che punto posso essere speciale, solare, viva!!
Cazzo, voglio guardarmi! Non criticarmi, odiarmi, disprezzarmi, sputarmi sullo specchio (sì, l'ho fatto), minacciarmi, sbattere la testa sul pavimento, nella ghiaia al parco, sul muro nei bagni: voglio guardarmi.
Fermarmi un attimo, respirare, e guardarmi. I miei occhi, le mie lentiggini. Il mio nasino piccolo, le mie labbra. I capelli del colore del miele quando è scuro, le mie orecchie piccole, la fronte troppo alta. Il collo sottile, i polsi fini.
Voglio leggermi il cuore: voglio cantare come amo fare, come so fare, senza pensare che non sono brava, senza pensare che non sono profonda e non riuscirò mai a non fallire.
Voglio chiedermi chi voglio essere, e non voglio urlarmi in faccia che sono un'idiota perché ho scelto filosofia, per la mia vita da fallita, filosofia.
Voglio fermarmi e dimenticare il cibo: voglio amarmi.

Merito il mio amore.
Perché non mi amo? Perché mi torturo così?

Non lo so, ma so che devo continuare a combattere. Per me. Perché io lo merito. Merito quello che tutti hanno, merito le mie attenzioni, le mie coccole.

MERITO ME STESSA.

Buonanotte, ragazze. Amatevi.

7 commenti:

  1. Giuro che mi fai quasi piangere.... ''Amatevi''...oh come dovremmo...è troppo difficile però, come è difficile affrontare la vita... Allora preferiamo rinchiuderci nella malattia -abbuffata-digiuno-abbuffata-2 ore di esercizio fisico..per non pensare alle cose importanti, forse, per non dover pensare a realizzarci...
    Spero tanto che tu riesca ad andare da uno psicologo, sono certa che tirerebbe fuori la splendida persona che sei... Anche se sì vede già da quello che scrivi..
    Ti abbraccio forte..

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    1. Dico tante cose sbagliate, penso di parlare bene invece sbaglio; amo rimproverarmi. Forse quello che ho scritto non ha nemmeno un gran senso! Nessuno mi ci farebbe mai andare da uno psicologo. Dovrò imparare ad ascoltarmi da sola. Grazie per il commento, un abbraccio!

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  2. Ti distruggi per fare un torto a tua madre ma a lei non interessa, ergo non ne vale la pena.
    Lei non cambierà mai, rassegnati.
    So che questa verità è dura da accettare ma, per quanto mi riguarda, farlo è stato fondamentale per abbandonare il sintomo alimentare.

    Pensa a te stessa, sii la tua priorità.
    Non si tratta tanto di amarsi (pura utopia per chiunque, anche per le persone sane) quanto di rispettarsi, accettarsi e cogliere i propri pregi.

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    1. Difficoltà non minori per me... Ci proverò.. Proverò ad accettare che distruggere me distrugge ME, non gli altri. O meglio, non come vorrei io, non spingendoli a dedicarmi piu attenzioni (che tra l'altro non vorrei, non so bene cosa cerco, forse è puro e semplicissimo egoismo, senza tanto filosofare); sto facendo male a me, sto buttando la mia vita, sto distruggendo il mio futuro, i miei sogni, allontanando i MIEI amici.. Grazie, un abbraccio!

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  3. Spero che tu trovi, invece, prima o poi, il coraggio di dare quella lettera a tua mamma... Non credo che potrà cambiare qualcosa in lei all'atto pratico, perchè difficilmente si "cambia" una persona, soprattutto se è adulta e dunque ha una sua personalità ormai struttrata da decenni... Ma io credo che il darle quella lettera farebbe comunque bene a te.
    La parte finale del tuo post è un inno alla vita.
    E, hai ragione: nessuno sceglie un male sapendolo tale... ma solo se, ad un certo punto della propria vita, per sbaglio, lo vede come un bene rispetto a un qualcos'altro che percepisce essere come un male maggiore.
    Non c'è niente di sbagliato in questo. C'è solo da acquisirne consapevolezza, e dunque da ripiegare su strategie di coping più funzionali che ti possano permettere di stare meglio.
    Scegli te stessa.
    Scegli la vita.

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  4. Ci proverò, appena capito per quale motivo dovrei farlo. Grazie, un abbraccio!

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  5. Quello che hai scritto mi ha fatto piangere.
    La tua situazione familiare non è come la mia chiaramente, ma anche io ho iniziato a stare male a causa di mio padre. So cosa vuol dire volersi distruggere per colpa di una persona così cara (perché -vuoi o no- è qualcuno che ci resterà accanto per sempre. C'è questa cosa in tutti noi che ci spinge a sentirci in debito con i nostri genitori, è un accordo tacito che facciamo nel momento in cui nasciamo. Io personalmente non parlo a mia madre perché ho paura di ferirla troppo, perché lei è debole e lei non merita di star male perché mi sono cacciata in questa situazione. Non le parlo anche perché non voglio spaventarla, e perché lei non capirebbe e non vorrei addossarle qualcosa che è troppo.
    E così carichiamo tutto su di noi. Senza renderci conto che anche noi siamo fragili (non deboli, fragili) e abbiamo bisogno di una mano, di un sorriso, di comprensione, di amarci e di essere amate. Ma il mondo da solo non lo cambiamo, e neanche il nostro di mondo.
    Io ti consiglio di darle quella lettera, a tua madre. Che magari starà male ma secondo te è giusto starci male tu, al posto suo? Leggi quel che hai scritto, vuoi una vita migliore, vuoi amore, comprensione, gioia, felicità, serenità. Vuoi una vita, ecco sì. Una vita.
    Quella che vivi non lo è.
    Qui sopra hai scritto "appena capito per quale motivo dovrei farlo", bene. Ecco il motivo, per la tua vita.
    Quoto poi in pieno Veggie.
    Un bacio!

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